Il bottone: dettaglio che conta.
“Le détail est aussi important que l’essentiel. Quand il est malheureux il dètruit tout l’ensemble” così diceva Christian Dior sottintendendo l’importanza del bottone, dettaglio essenziale per valorizzare l’insieme, l’abito, il capo che indossato, trasmetta stile.
E di stile, ricerca maniacale di estrema raffinatezza ed eleganza, Franco Jacassi coi suoi bottoni la sa lunga. Lunga la fila dei suoi oltre settantamila modelli: una collezione senza eguali, pezzi unici, di varie epoche, dal secolo XVIII fino al 1990.
I Musei Mazzucchelli mai paghi nello stupire, hanno inaugurato il 18 gennaio 2013 una mostra stupefacente. Agli occhi del visitatore attonito e rapito appaiono oltre 10.000 bottoni, corredati da pannelli didattici indicanti le epoche, i materiali, gli stilisti o gli artisti ideatori.
Il bottone. Arte e Moda è il titolo della mostra che potremo gustare fino al 7 aprile 2013, grazie al patrocinio di Bomisa, Gritti Group, Sandra B., Secondo Stefano Pavese.
“Vantiamo in Italia la più importante filiera produttiva in questo settore, dai tessuti agli accessori, alla confezione. Soprattutto per quanto riguarda il bottone l’Italia ha una lunga storia, ma anche una presenza produttiva che tuttora è la più importante al mondo, malgrado la crisi. Non si tratta quindi, solo di una mostra storica o per collezionisti, ma anche di una storia del bottonificio italiano legato alla moda” ci ricorda Franco Jacassi.
Gallerista d’arte e bibliofilo, Franco Jacassi, approda alla moda quasi per hobby appassionandosi da subito al “vintage”. La sua ricerca trova il giusto spazio nello showroom inaugurato il 1985 in un suggestivo cortile della vecchia Milano, dove si possono ammirare abiti, pizzi, accessori a partire dall’ Ottocento fino agli anni Ottanta. Calliot Soeurs, Vionnet, Chanel, Pucci, Dior, Cardin, Balenciaga, Mila Schon, Versace, Roberta di Camerino, Gucci, Hermès, tanto per citarne qualcuno.
Quella del bottone, invece, è la collezione più prestigiosa esistente al mondo.
Vi consiglio di vederla ai Musei Mazzucchelli a Ciliverghe di Mazzano, Brescia.
E’ una esposizione che va dalle raffinate e romantiche miniature in avorio o underglass del settecento, passando dalle preziose lavorazioni “cut steel” fino ai “picture buttons” vittoriani, per illuminarsi vedendo le madreperle finemente cesellate, gli smalti francesi dell’Ottocento e del periodo Liberty, i bottoni intrecciati con fili di seta colorata, oro e argento di Paul Poiret inizio Novecento, fino alle follie di Elsa Schiapparelli.
“Perché collezionare bottoni? Quale impulso o motivazione hanno spinto Franco Jacassi a dedicarsi con così tanta passione a questo tema?” chiedo al mio autorevole cicerone il 18 gennaio, giorno di presentazione della mostra.
La risposta è tanto semplice quanto emozionante: “Perché sono belli! Perché piacciono proprio a tutti, dai bambini alle nonne.”
Disarmante, soprattutto quando Jacassi racconta episodi intrisi di grande affetto. Dice di quella vecchia merceria, nel cuore di Milano, che ha fatto scoccare la scintilla e di quella “tata” milanese che era anche sarta e che, nei suoi ricordi di bambino, gli permetteva di giocare coi bottoni della “boite boutons”.
Guardo tutto e più guardo e mi stupisco, più i miei occhi mai sazi, rapiti da tanto splendore, vorrebbero vedere. Vedere, vedere, vedere ancora e immergersi in quella meraviglia di strass, colore, riflessi di luce.
La storia del bottone ha origini antichissime. Il suo utilizzo, per ovvi motivi legati alle necessità, ad esempio ripararsi dal freddo, si è presto diffuso. Il culto del bottone come ornamento incomincia nel medioevo per trovare il suo massimo splendore nel XVIII secolo. Nel 1700 infatti la moda imponeva, a chi poteva permetterselo, un abbigliamento sfarzoso e barocco sia per l’uomo che per la donna. “L’age d’or”, l’epoca d’oro del bottone.
Smalti, madreperle, avorio, oro, cristallo, ricami. Fiori, animali, paesaggi, ritratti anche a micromosaico. Bottoni incastonati di diamanti facevano a gara in splendore sulle giacche dei re e della nobiltà.
Mi soffermo per campanilismo, e non nego con una buona dose di patrio orgoglio, sul prodotto italiano. La creatività, le fogge, il colore, la scelta dei materiali, mi inducono a riflessioni importanti.
L’industria del bottone in Italia ha origini recenti. Il suo inizio risale a circa metà Ottocento, ma ben presto le capacità e la fantasia italiane faranno la differenza. Infatti, lo sviluppo della moda insieme alla crescita di talenti come Elsa Schiapparelli e Giuliano Fratti, daranno un impulso propulsivo alla crescita del settore. Si pensi che nell’atelier in Via Monte Napoleone di “Mister Bottone”, alias Giuliano Fratti, dal 1930 al 1972 vennero ideati e prodotti bottoni per Chanel, Pierre Balmain e Lanvin.
Infine uno sguardo rapito e curioso sul “bottone d’arte”, una chicca cultural-chic, un rinnovarsi del bello. Allora pensiamo alla ceramica, materiale privilegiato da Picasso e Ferdinand Leger per i loro magnifici bottoni.
Uno sguardo contemporaneo alla “innominata” ceramista del Verdon in Francia con i suoi bottoni lussureggianti di boschi, animali, fiabe leggendarie, come il bottone con l’immagine del Piccolo Principe. Oppure Linn Peagle, americana maestra di Raku. Senza fine la collezione di bottoni scultura di Topylabris, da appendere, appoggiare, manipolare come una conchiglia.
Fini, piatti, dal sapore mediterraneo e il ritorno al mare, alla corda, ai nodi da barca. Accarezzano lo sguardo di un velo di vento leggero:
Rondini
Rondini di mare sopra la mia testa
e apprezzare gli attimi più semplici.
I platani al vento,
uno stato d’animo indefinibile,
lo sguardo al cielo ancora un po’ chiaro.
E poi lambire i pezzi di spazio
che non vuoi descrivere,
riempirtene gli occhi
fino a farteli bruciare.
E per ultimo scoprire
quant’è facile, volendo,
prendere il volo.
(erre. 2012)