Fumo e profumo di Cuba, addio!
Fumare il sigaro non è come fumare una sigaretta; è necessario un lungo apprendistato. Una volta divenuto fumatore appassionato superare la “disapprovazione” dei familiari e collaboratori, specialmente quando il sigaro viene acceso in un locale pubblico, sarà solo una questione di charme.
Il sigaro è adatto a pochi, a personalità decise, ad un uomo che cerca gusti ed emozioni forti, ad un uomo che vive intensamente, forse una esistenza dura e difficile, sicuramente colma di senso.
Di seguito un elegante scritto a ricordo di don Alejandro Robaina, “mito dei sigari”, a firma di Sonia Sbolzani.
Un regalo per i nostri lettori.
Un aneddoto che sa di leggenda racconta che il grande pittore Pablo Picasso, quando nacque, venne creduto morto dall’ostetrica. Allora lo zio, che era medico, pensò bene di rianimarlo soffiandogli in viso il fumo del suo sigaro cubano.
Senza prestare troppa fede ai poteri taumaturgici dei sigari, e senza neppure essere fumatori attivi, non siamo però indifferenti al fascino di questi piccoli oggetti di piacere, divenuti ormai un’icona del lusso.
In effetti, quello del sigaro rappresenta oggi un vero e proprio culto, celebrato in circoli esclusivi, aste per intenditori, rituali precisi. Oltre a diversi siti web, esiste addirittura una rivista americana che “quota”, cioè assegna un punteggio ai sigari di maggiore qualità, che possono raggiungere cifre da capogiro, sfiorando i 10.000 € per una confezione da 25 pezzi.
Proprio come il vino, suo “compagno di vizi” per eccellenza assieme a Venere, il sigaro ha le proprie annate e una certa gamma di strumenti per la conservazione, detti “humidor” (i migliori sono in legno di cedro), che permettono di mantenere inalterato il grado di umidità per una corretta combustione (il prezzo di tali accessori arriva tranquillamente ai 2000 €).
I più pregiati esemplari di sigari realizzati a mano, noti come premium, sono quelli domenicani (primi al mondo per quantità prodotta), ma ancor più quelli cubani, molto amati in Italia, dove sono importati da poche selezionate aziende.
Per molti la parola sigaro è di fatto sinonimo di Avana: nessuno al mondo è in grado di sfidare la straordinaria “fortaleza” dei manufatti cubani, realizzati con una perizia, una dedizione ed una passione inestimabili.
E’ stato proprio a Cuba, del resto, che è nata l’arte di fumare. La coltivazione del tabacco, importata un migliaio di anni fa dalle regioni andine, dove veniva praticata dagli Indios Tainos già 3000 anni a.C., ha trovato in questa splendida isola delle Antille il clima ideale (pioggia, sole, umidità) per offrire i più alti rendimenti qualitativi. L’ambiente cubano, in effetti, è stato definito, con un’immagine suggestiva, un misterioso scultore che plasma l’eccellenza del sigaro (a Cuba chiamato “puro” o “vitola”).
Nel segmento alto del mercato cubano si distinguono non più di cinque produttori: Cohiba, Trinidad, Montecristo, H. Upmann e Vegas Robaina.
E di Alejandro Robaina, scomparso il 18 aprile u.s. a 91 anni, vogliamo parlare in questo articolo. Nel corso di un viaggio nell’isola abbiamo chiesto di incontrarlo e lui ci ha accolto con estrema gentilezza nella sua fattoria di Cuchillas de Barbacoa. Era lui, ormai anziano ma ancora lucidissimo e professionalmente vitale, il miglior “naso” del mondo, a detta di tutti, nella selezione del tabacco per la fabbricazione dei premium.
Ci riappare ancora in una nuvola di fumo”¦ Alto e di eleganza semplice, canuto e col viso abbronzato solcato da rughe capaci di accrescerne il fascino, con l’eterno sigaro in bocca da mattina a sera, il carismatico don Alejandro, “ambasciatore” del prestigio cubano nel mondo, discendeva da una famiglia di “vegueros” (possidenti terrieri), che si stabilì nel 1845 nella regione del massiccio di San Luis dedicato alla coltivazione del tabacco, nella provincia di Pinar del Rio, dove si trovano le più pregiate tenute, le “vegas finas”.
Ma è specialmente la sua proprietà ad essere ritenuta in assoluto la migliore del pianeta per il tabacco destinato ai sigari d’alta gamma: per fare un paragone italiano, si può pensare a cosa rappresentino i vigneti di Montalcino per il vino Brunello. Don Alejandro ci aveva confidato che in linea teorica la “semilla”, cioè la semenza, del tabacco cubano potrebbe essere esportata altrove, ma senza mai raggiungere gli strepitosi risultati conseguibili a Cuba, perché solo lì i privilegi della natura possono coniugarsi con una tradizione fatta di competenza produttiva d’eccezione.
In particolare, l’azienda Robaina è il primo produttore al mondo di “capas”, le più belle foglie di tabacco utilizzate per “vestire” esternamente il sigaro. Ad esse vanno riservate, naturalmente, spasmodiche attenzioni che solo un grande conoscitore può garantire. Si pensi che fornisce ben un milione di “capas” per esemplari di Avana di diverse marche. Nelle sue terre lavorano stabilmente 70 operai, plotone che sale a 120 nei periodi di raccolta.
Padre di 5 figli (di cui uno scomparso), Robaina rappresentava la quinta generazione familiare di grandi “cosecheros” (coltivatori di tabacco) e una dozzina d’anni fa, per valorizzare e contrassegnare meglio i suoi prodotti, aveva lanciato un marchio esclusivo per cinque categorie di sigari, destinato a diventare ben noto a tutti gli estimatori del genere al top della raffinatezza: la dolcezza della “capa”, la delicatezza dell’aroma, la reputazione ed il prestigio di don Alejandro sono fattori che ne hanno decretato una positiva accoglienza nelle più importanti piazze di consumo mondiali.
L’iniziativa di adottare un nuovo marchio, in realtà, si è iscritta in una precisa strategia ideata dallo Stato cubano per reagire alle politiche di branding già messe in atto dagli esuli cubani in Usa (alcuni di essi avevano già depositato dei marchi pre-rivoluzione). Così, il brand dedicato a don Alejandro (“Vegas Robaina”), ha inteso essere non solo un omaggio a lui ed alla sua illustre famiglia, ma anche un riconoscimento ed un incentivo a tutti i 40.000 produttori privati dell’isola.
Lo stesso Robaina credeva in uno sviluppo di nicchia, reso possibile da graduali azioni di potenziamento. La qualità, del resto, è destinata ad aumentare ancora anno dopo anno in virtù dei continui progressi colturali ed umani. Ed aggiungeva che i suoi sigari sono fabbricati “para que la fumen los màs cultos del gusto”.
Ci resta una convinzione dopo aver incontrato questo magnifico “grande vecchio”: il fumo dei suoi sigari non deve essere così tossico, se è vero che lui si è mantenuto in salute e brillante”¦ fino alla fine. Volete vedere che aveva ragione lo zio di Pablo Picasso?