Quadri viventi da Luisa Beccaria
Una cornice meravigliosa in uno degli gli angoli più storici di Milano a fare da sfondo a una sfilata raffinatissima. Musiche avvolgenti in un crescendo coinvolgente.Figure femminili simili a eteree principesse integrate però perfettamente nel “logorio della vita moderna”, per dirla recitando un vecchio claim pubblicitario.
Così si è presentata agli sguardi desiderosi di addetti ai lavori -e non- la nuova collezione di Luisa Beccaria per la prossima stagione autunno-inverno 2014/2015. Il Museo Bagatti Valsecchi -nato in seguito alla trasformazione (voluta dai fratelli Bagatti Valsecchi) della loro casa milanese in via del Gesù in un luogo adatto a raccogliere pezzi d’arte, mobili, arazzi rinascimentali raccolti con l’amore tipico dei collezionisti appassionati- ha ben fatto la sua parte. E le sinfonie di musica classica contemporanea dell’eclettico compositore Alberto Traversi hanno dato un’impronta di significativa rilevanza alla già ricca dimora. Ma poi…gli abiti, quegli abiti.
Tra un camino e un ritratto, un’armatura e un candelabro, eccoli. Preziosi, squisiti, eleganti. Emozionanti, verrebbe da dire. Lontani da tanta mancanza di buon gusto che vediamo ancora in giro. Fatti per essere indossati, ma anche un po’ per suscitare sogni e desiderio di femminilità autentica. Ricercatezza nei particolari couture, nei tagli, nelle forme, nella scelta dei tessuti. Una donna moderna che non disdegna il suo essere pienamente donna -a volte sensuale, a volte rigorosa- e che vive consapevolmente una contemporaneità dicotomica divisa tra ruoli e impegni diversi.
Equilibrio tra struttura e fluidità, alternanza tra lunghezze midi e maxi -piccole e garbate “infiltrazioni” di mini!-, armonia tra i capi da giorno e quelli destinati al calar della sera. Tailleur dalle giacche sagomate e dalle gonne accostate al corpo o simili a corolle; stampe sofisticate e delicatissime per impreziosire il raso di seta in contrasto con il tweed lavorato a intarsio; fitte plissettature sulle maniche delle camicie oversize e sui bordi delle gonne fluttuanti e morbide; geometrie inedite dagli effetti tridimensionali e innovativi sugli abitini svelti e portabilissimi; alcantara usata come fosse una seconda pelle; pizzi romantici e impalpabili con effetto camaieu; nastri di velluto intonati ai colori-base al collo e fra i capelli; lavorazioni a filigrana negli splendidi abiti da cocktail forse a occhieggiare i gioielli rinascimentali e le atmosfere evocate dal palazzo ospitante. Quasi un ripasso della storia del costume.
I colori quasi tutti tenui e poudre, per inserirsi prudentemente nello spirito del tempo. Abbondanza di grigi e di rosa, di crema e di sabbia, di mauve e di prugna. Sprazzi di oro, di argento, di nero, di blu scurissimo.
Infine, per stupire ancor più la mente, per imprimere ancor più la bellezza di tutto il “visto” negli occhi, ecco i “tableaux vivants”, le modelle a fermo-immagine sparse per tutte le sale del Museo, vero “coup de théâtre” di uno spettacolo capace di mettere in mostra ancora una volta il connubio sempre più marcato tra tradizione e innovazione, tra fantasia e realtà, tra capacità e creatività, tra arte e moda. Difficile uscire da quel vero e proprio percorso storico trasversale calato in una giornata uggiosa e frenetica senza portarne benevola e ridente traccia.