Barbie c’è moi!
Per quanto appaia un po’ retorico e a tratti contraddittorio, “Barbie” di Greta Gerwig è un film coronato da meritato successo (comunque “gonfiato” da un battage pubblicitario straordinario che ha saputo mitizzarlo immediatamente e renderlo un must-see); meritato perché riesce a farci riflettere in modo leggero e ironico su temi sociologici ed esistenziali complessi, a cominciare dall’affermazione dell’identità personale come emancipazione non solo di genere, ma anche e soprattutto individuale dalle aspettative stereotipate e dalle pressioni amorali di una società consumistica spinta.
Le cose passano mentre, come si afferma nel film, “le idee restano per sempre”.
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Fashion doll per eccellenza, conosciuta, desiderata e amata (da alcuni criticata) in tutto il mondo, simbolo perfetto della cultura pop (non a caso immortalata da Andy Warhol come l’ultima icona americana), in grado di calamitare persone di ogni età (mica penserete che ne vadano pazze solo le bambine?), Barbie è da sempre lo specchio delle aspirazioni e dei cambiamenti avvenuti nella nostra società e nella nostra concezione estetica. In sostanza, attraverso di lei è possibile leggere la storia contemporanea secondo le varie sfaccettature della moda, dell’arte, degli stili di vita e non solo. Bene fa, dunque, il MUDEC, il nuovo Museo delle Culture di Milano, a dedicarle un’intrigante mostra dal titolo “Barbie. The Icon” (in programma sino al 13 Marzo).
L’evento, curato da Massimiliano Capella, è articolato in 5 sezioni introdotte da una sala definita “Who is Barbie”, in cui sono esposti 7 pezzi rappresentativi di altrettanti decenni dal 1959 (anno di nascita della bambola) ad oggi. La prima sezione, “Barbie è la moda“, è interamente dedicata agli stili declinati in innumerevoli outfit, la seconda è riservata alla “Barbie family”, la terza alle “Dolls of the world”, la quarta alle “Barbie Careers”, mentre la quinta “Regina, diva e celebrity, Barbie icona globale” racconta come l’intraprendente fanciulla divenuta living legend si sia raffrontata, talvolta identificandosi, con molte protagoniste dei suoi tempi.
“Barbie”.The Icon al MUDEC Milano – Audrey Hepburn
Insomma è intenzione della rassegna raccontare l’universo “antropologico” della bionda californiana Barbara Millicent Roberts (questo è il nome completo di Barbie) da quando è venuta alla luce il 9 Marzo 1959 (data della presentazione ufficiale alla Toy Fair di New York), già adulta e già pronta ad abbracciare infinite attività (modella, ballerina, ambasciatrice Unicef, astronauta, “superstar”, ecc.), ma soprattutto ad indossare sterminate collezioni di abiti e accessori (in proposito, è stato calcolato che in totale Barbie ha indossato 1 miliardo di abiti per 980 milioni di metri di stoffa).
Aprire il guardaroba di questa ragazza senza età, dalle forme aerodinamiche che sfidano le leggi di gravità, equivale a viaggiare tra le glorie dell’haute couture parigina ed i trionfi dell’Italian Look, il ready-to-wear di matrice anglosassone e le tendenze hippy e disco degli anni ’70, fino a giungere ai nostri giorni con costumi che più trendy non si può, alcuni disegnati ad hoc da celebri stilisti.
Ispirata alle dive hollywoodiane degli anni ’50 – così la concepirono Elliot Handler, fondatore di Mattel, e sua moglie Ruth, la cui figlioletta si chiamava Barbara, detta Barbie – la platinata creatura-giocattolo doveva essere l’incarnazione dei sogni delle bambine di ogni tempo. In effetti i suoi lineamenti sofisticati in origine erano un mix di quelli di donne dalla sensualità prorompente e allo stesso tempo rassicurante come Marilyn Monroe, Sandra Dee, Liz Taylor… per poi assumere, un paio di decenni dopo, i tratti seducenti della Charlie’s Angel Farrah Fawcett.
Trasformatasi da giocattolo di massa a feticcio della società dei consumi a opera d’arte, Barbie è ormai un’icona globale, una regina della cultura contemporanea, un mito in senso proprio, ma che forse ambiva semplicemente ad essere “un’amica di tutte le bambine” (così la pensavano Ruth Handler e sua figlia Barbara), la quale col suo eterno sorriso illuminato dal rossetto corallo ed il suo serafico sguardo celeste, ci racconta di noi stessi molto più di quanto riusciamo a realizzare; per questo, forse, ognuno può esclamare tranquillamente (o inquietamente: dipende dai punti di vista): “Barbie c’est moi!”.