50 anni di futuro con la moda di Courréges
Esattamente cinquant’anni fa André Courrèges, in coppia con la moglie Coqueline Barrière, lanciava la collezione “Space-age look”, che apriva la strada ad uno stile modernista e innovativo, precursore della moda “spaziale” degli anni ’60, declinata in linee pure e filanti, tagli semplici e netti, colori metallici e acidi o asettici bianchi/neri, tessuti rigidi con stampe optical (in cui si inserisce l’utilizzo della plastica e del pvc).
Quel decennio mitico, caratterizzato dai primi voli nello spazio e poi dallo sbarco sulla Luna, fu in effetti un’epoca in cui tutto sembrava possibile, un futuro ipertecnologico e intergalattico era dietro l’angolo nell’immaginario collettivo, e pareva inarrestabile la fiducia positivista nella realtà e nel metodo scientifico. Tutto questo contagiò anche il mondo della moda, sempre sensibilissimo alle istanze estetiche ed etiche di una società in evoluzione galoppante… a suon di rock e pop ed echi di cultura hippie in rapida diffusione.
Come Courrèges, si lasciarono suggestionare dallo stile spaziale stilisti quali Pierre Cardin, Paco Rabanne, Emanuel Ungaro, Biba, Emilio Pucci, che impressero alle loro creazioni un inedito dinamismo, per certi aspetti evocativo della semantica futurista all’insegna della velocità e delle macchine. Non a caso, tra i massimi estimatori dei geometrici outfit proposti dalla nuova moda vi furono il “re dell’auto” Gianni Agnelli e sua moglie Mariella Caracciolo, emblema di perfetta eleganza sartoriale, essenziale e “cerebrale” più che minimal.
Il percorso di Courrèges fu decisamente atipico nel mondo della couture. Nato nel 1923, si laureò in ingegneria civile per poi arruolarsi come pilota di aerei nella seconda guerra mondiale e nel 1949 entrò come tagliatore nell’atelier parigino del grande Cristobal Balenciaga. Fatta esperienza, nel 1963 si mise in proprio inaugurando il suo primo salone di alta moda, facendosi apprezzare dal bel mondo per il suo “design automobilistico” trasfuso nella cosiddetta Couture Future, per un guardaroba in cui dominavano abiti corti di ispirazione geometrica (con il radicalismo del trapezio a far da archetipo sovrano), scevri di qualsiasi velleità decorativa, ma non privi di richiami erotici (si pensi alle aperture circolari negli abiti), e accessori must-have come gli stivaletti bianchi dai tassi bassi, destinati a far breccia nei gusti delle donne del Capitano Kirk in “Star Trek”, tenente Uhura in testa.
Non solo abiti, quindi, ma anche borse, calzature, occhiali, cappelli, ombrelli, gioielli, profumi, vestiti da sposa e per bambini andarono ad arricchire il corredo creativo di Courrèges (tali complementi, in realtà, vennero lanciati soprattutto negli anni ’70). Così, per un decennio lo stilista-ingegnere fu un deus ex machina dell’alta moda francese, espandendo il suo business in tutto il mondo. L’algido tecnico che dal disegnare solidi ponti era passato al creare vibranti abiti onirici, segnò la svolta per l’emancipazione delle donne e dei movimenti giovanili, in barba all’indispettita Coco Chanel che lo accusava di togliere sensualità alle donne, per infagottarle in capi in lana bianchi che sarebbero stati meglio alle bimbe di 3 anni. Al che, Courrèges si limitava a replicare che la sua moda ringiovaniva le signore, senza farle ricorrere alla chirurgia estetica. In effetti le sue esili modelle sembravano tutte a prova di legge di gravità, pronte a guardare il modo da nuovi punti di vista attraverso gli oblò dei loro maxi-occhiali con fessure in plastica.
Dopo un periodo di relativa “eclissi”, il marchio Courrèges è stato rilanciato tre anni fa, riprendendo gli elementi caratteristici delle origini, grazie all’opera di Jacques Bungert e Frédéric Torloting, che per l’Autunno/Inverno 2013-2014, ad esempio, hanno rivisitato alcuni modelli iconici, come le giacche in vinile, le minigonne con zip e stivaletti “fantascientifici” (a cui è andato il favore di pubblico e stampa).
Comunque, circa la perdurante attualità dello stilista francese che tanto contribuì a rivoluzionare costumi, abitudini e canoni estetici negli anni ‘60, basti pensare che forse senza di lui non sarebbero arrivate nemmeno le recenti collezioni con soggetto optical di Marc Jacobs, Elisabetta Franchi, Imperial, H&M etc. etc., ideali per gente del futuro finalmente alla conquista dell’Universo.