“Sovrana Eleganza” al Castello Odescalchi di Bracciano
Una grande emozione vedere tutti quegli abiti pensati per principesse, prime donne, stelle del cinema, tutti frutto dell’immaginazione di Capucci, distribuiti nel castello 400esco di Bracciano.
La mostra “Sovrana Eleganza” – Roberto Capucci al Castello Odescalchi di Bracciano, porta nelle antiche stanze del maniero un fastoso corteo di abiti scultura del grande maestro. La mostra che rimarrà aperta dal 17 settembre al 13 dicembre 2009 è organizzata dal Museo del Castello Odescalchi di Bracciano e dall’Associazione Opere, in collaborazione con la Fondazione Roberto Capucci. Curata personalmente dal Maestro Roberto Capucci, ripercorre attraverso 66 “abiti scultura” la sua vastissima produzione creativa.
Sono gli abiti scultura che trascendono il sistema moda, e che comunicano bellezza alle donne di ogni epoca. Si sintonizzano in modo perfetto al Castello, con vista da capogiro sul lago, spazi immensi, soffitti decorati, affreschi rinascimentali, cavalieri in armatura che comunicano con gli abiti da sposa, dipinti con soggetti religiosi e mitologici in secondo piano rispetto ai vestiti protagonisti. Ebbene in un contesto da favola, per la prima volta una mostra di moda, “sovrana eleganza”. Non solo abiti, anche in una grande sala, esposti per la prima volta, bozzetti originalissimi di costumi per il teatro firmati dallo stilista artista romano, che vince nel 56 il cosiddetto “Nobel della moda” a New York. Trionfo di forme tutte diverse e colori: dagli abiti a scatola di fine anni 50, all’evoluzione verso forme sempre originali, citando la natura, dai fiori agli uccelli, ai paesaggi straordinari dell’India. “Tutto per me è fonte di ispirazione – dice Roberto Capucci – presentando i suoi lavori. Anche una bouganville, un uccello, un paesaggio indiano, un tramonto. In natura c’è tutto”.
Il percorso espositivo è strutturato in due sezioni: la prima parte nelle sale dell’ala nobile ricche di affreschi arredi e dell’importante collezione di armi e armature, la seconda parte nella sala del “Guardaroba”, ampio spazio destinato un tempo a custodire vesti e tessuti preziosi e deputato in questa occasione a raccogliere le forme e i colori delle opere dello stilista, designer e creativo. La Sala delle Armi, che evoca tornei e aspre battaglie, ospita le stoffe scolpite degli abiti da sposa, che guardano ad antichi amor cortesi e prodi cavalieri, con il felice contrasto tra eterei tessuti e il pesante delle armi e armature della collezione Odescalchi.
Enrico Minio, della Fondazione Capucci dice “Abbiamo scelto gli abiti più rappresentativi, alcuni indossati da celebrità”. Gli abiti scultura, vere e proprie architetture, sono conservati nella sede della Fondazione Capucci a Firenze.
Il primo della serie è quello indossato dalla Levi Montalcini in occasione del Nobel. E poi tanti altri, tra cui le nove gonne rosse (creato per Ester Williams), gli abiti oro, quelli a fiore, quelli a ruota di pavone, gli abiti da sposa. Come mai un abito rosso per il matrimonio? “Nel 700 ci si sposava con abiti coloratissimi. Il bianco è arrivato dopo”
“La sua è proprio una moda sovrana, che si addice a questo posto e poi i suoi capolavori trasmettono gioia, sono un’esplosione di forme e colori” – dice la padrona di casa, la principessa Maria Pace Odescalchi, la giovane aristocratica, bionda ed elegantissima che per il suo matrimonio a Portofino aveva indossato un abito crema in quattro nuances del maestro. E che quando due anni fa Capucci gli propose la mostra non si tirò indietro: “Fu un grande onore per me”.
Non poteva mancare Alessandra Borghese, la bella principessa che aveva indossato abiti di Capucci per delle fotografie di Gina Lollobrigida ” Mi sentivo una dea in quei vestiti. Apprezzo l’idea di Maria Pace che ha decisamente capito che Roma non è solo il centro storico”.
Franca Valeri in lillà, gran classe, semplice: “Da sempre vesto Capucci, amo quell’eleganza. Ogni abito parla da sé, non c’è nulla da aggiungere. E quest’ambientazione tra storia e natura è azzeccata”.
Definito il “monaco della moda”, da Erminia Manfredi, la moglie di Nino, elegantissima in pantaloni crema e giacca scura, prima mannequin di Capucci: “Da Roberto ho imparato moltissimo, soprattutto la passione che mette nel suo lavoro, un continuo studio. Per lui è tutto. Quest’evento ne è una dimostrazione.”
Capucci fonte di ispirazione non solo per gli stilisti. La pittrice romana Paola Grossi Gondi: “Nel mio lavoro ho osato, soprattutto quando si trattava di affrontare il colore per le vetrate di una chiesa, grazie all’insegnamento del maestro Capucci”.