Dammi quel fazzolettino”¦
E’ l’oggetto che scatena l’ira funesta di Otello contro la soave Desdemona, ed è il pegno d’amore scambiatosi da tante coppie di innamorati del bel tempo che fu; ma oggi del fazzoletto non si sente quasi più parlare, tanto meno come accessorio di moda per entrambi i sessi (se non in occasioni particolarissime: si vedano i fazzoletti nei taschini delle giacche maschili o i grandi, eleganti e scenografici fazzolettoni bianchi tenuti in mano dal tenorissimo Luciano Pavarotti in occasione dei suoi ultimi concerti di gala) o come articolo salutistico.
A farne le veci sono i fazzoletti di carta usa-e-getta, pratici ed igienici (sia per soffiarsi il naso che per asciugarsi il sudore o detergere qualcosa), ma in termini di classe e raffinatezza non c’è paragone con i classici modelli di tela.
Per fazzoletto (diminutivo di fazzolo, derivante dal latino parlato faciolum, a sua volta avente origine da facies, faccia) si intende un quadrato di cotone, lino o altro tessuto, orlato o ricamato (artigianalmente o industrialmente).
La sua importanza storica è documentata da varie fonti: in effetti, era ritenuto un oggetto di valore, la cui perdita veniva addirittura data come notizia sui giornali! Sull’Intelligencer di Londra del 6 Giugno 1665, ad esempio, si leggeva: “Smarriti sei fazzoletti avvolti in carta bruna, due con merletto ad ago e uno ricamato; di quelli con merletto uno è logoro, tutti gli altri sono nuovi”. E nella London Gazette del 5 Novembre 1672 compariva il seguente avviso: “Smarrito un fazzoletto di batista, con un bel merletto ad ago tutto intorno, lungo circa quattro dita, e con la sigla R ricamata in seta rossa”. A Milano, invece, nel 1584 era molto diffuso l’ornamento dei fazzoletti col “punto in aria d’oro”, tanto che il Governo aveva emanato leggi suntuarie (volte a porre dei limiti al lusso) per stabilire che tale “punto” era consentito solo se i bordi della tela non oltrepassavano in altezza “la vigesima parte d’un brazzo di seta” (questi ed altri annunci/aneddoti/cronache sono tratti dal bel volume “I segreti del fazzoletto” di Antonio Cantagallo, pubblicato da Arnaldo Caprai, imprenditore tessile con la passione della ricerca storica e dell’animazione culturale).
Il prestigio del fazzoletto, dunque, è (o meglio, era) legato, oltre che alla qualità del tessuto impiegato, anche e soprattutto ai ricami che vi sono (erano) applicati.
La preziosità di trine e merletti, infatti, è in grado di conferirgli il peso di un sogno ed un fascino tale per cui nemmeno il celebre artista Marcel Duchamp riuscì ad evitare una comparazione con la leggerezza delle nuvole, della luce, dei pensieri antichi, e in un’intervista a stento trattenne le lacrime per aver ricevuto in dono un fazzoletto di pizzo ricamato.
Eh, erano proprio altri tempi quelli, altre sensibilità, altri modi e mode!