Vestirsi è di moda? Sembrerebbe di no.
In piena estate, dalle pagine dei giornali di opinione si levano voci autorevoli a richiamare l’attenzione sulle conseguenze dell’andare svestiti. Gli esperti della psiche, dicono che ad andar troppo svestiti ci si riempie di insicurezza. Mettersi a nudo pone tutte le proprie imperfezioni sotto gli occhi di chiunque, e questo ingenera decisamente indecisione e abbassa l’autostima.
Seni, ventre e fondoschiena al vento, in villeggiatura come in città, la tendenza è svestirsi: sembrerebbe quasi un gesto interrotto.
La biancheria, definita intima dai canoni dell’eleganza, era tale perché nascosta perfino al vestito; essenziale ma inavvertita, inafferrabile allo sguardo eppure vera e propria creatrice di linee, tracciava curve, pieghe e cadute, profilava i canoni estetici e il buon gusto, senza che l’abito ne risentisse.
Oggi accade che, per strada e in TV, il reggiseno si affacci prepotentemente dagli scolli delle cagnotte o dai bottoni pronti a saltare su seni prospicienti, più che prosperosi; quando altrimenti non brilli per assenza, lasciando le sue carni a traballare. L’elastico delle mutande è il capo più trendy, sui pantaloni che non salgono oltre il pube.
Certo l’ultima trovata, di far sfilare -pare nonostante i richiami “disciplinari” di Stefano Dominella nei confronti di Valeria Marini-, capi di biancheria intima ad AltaModaAltaRoma a fine giugno, non ha aiutato a risollevare le sorti dell’eleganza estiva.
Per i nostalgici del vestirsi c’è però ancora una speranza: quella legge interna ai fenomeni culturali che afferma di un fenomeno troppo diffuso, troppo di moda, la repentina inversione di tendenza.
È più di moda il cambiamento. E ne siamo grati perché, diciamocelo, la dittatura della biancheria a vista e delle trasparenze è un fenomeno inelegante, oltre che volgare e aggressivo; e inoltre con sole motivazioni profonde -non già etiche ma semplicemente estetiche-, non riusciremmo però a risalire la china.
Ormai in piena estate, dalle pagine dei giornali di opinione si levano voci autorevoli a richiamare l’attenzione sulle conseguenze dell’andare svestiti. È lo stesso mondo della moda a stigmatizzare “le oscenità che si vedono per strada”. Anche il telegiornale nazionale ha dedicato un servizio alle diffuse nudità e, con il parere di esperti della psiche, ci ha insegnato che ad andar troppo svestiti ci si riempie di insicurezza. Mettersi a nudo pone tutte le proprie imperfezioni sotto gli occhi di chiunque, e questo ingenera decisamente indecisione e abbassa l’autostima.
Sapranno gli stilisti dare all’inversione di tendenza una forma che ci permetta di riappropriarci del gusto del ben vestire? Speriamo che ci offrano nelle prossime sfilate di Milano, collezioni all’insegna dell’eleganza e della sobrietà, qualche centimetro di stoffa in più, scollature meno profonde, meno incalzanti trasparenze. Che ci mostrino la loro capacità di dare consistenza alle stoffe, in modelli che accompagnino nuovamente il corpo e lo rendano più interessante.
Speriamo di chiudere definitivamente con la lingerie al posto del vestito, del bustier che fa il corpino e della sottoveste che si spaccia per abito.
Nel frattempo che fare? Imporre il nuovo stile, far subito propria la nuova tendenza, non distrarsi e andare in giro vestiti. Di cosa c’è bisogno? Forse di farsi guidare dal buon senso, di sviluppare un sano spirito critico su se stessi e qualche salda convinzione personale, capace di resistere agli stili senza stile. Applicarsi a sviluppare il buon gusto ed educarsi, riabituarsi al bello. E poi guardare meglio nei negozi, scrutarli oltre le vetrine, e scoprire che nella moda le tendenze non sono uniche, la varietà stupisce e, con un pizzico di pazienza e di simpatica audacia, a creare controtendenza ci si guadagna.