La città con la stoffa giusta
Visitare questa mostra è come viaggiare nella storia e, in particolare, condividere la “poetica della moda” che fu prerogativa di Milano fin dagli albori del “˜500. Sto parlando di quell’evento davvero eccezionale che è “Seta Oro Cremisi. Segreti e tecnologia alla corte dei Visconti e degli Sforza”, allestita al Museo Poldi Pezzoli fino al 21 Febbraio 2010, irripetibile per varietà e qualità dei prestiti ottenuti (anche da istituzioni straniere).
A testimoniare la ricchezza tecnica e creativa dell’arte tessile ai tempi di Visconti e Sforza sono rari damaschi, lampassi, velluti, broccati, ricami con oro e perle. In esposizione sono pure squisiti articoli di oreficeria, ricchi codici miniati e carte da gioco, dipinti straordinari che, affiancati ai tessuti, ricreano l’aura rinascimentale, evocando il lusso delle corti lombarde (e non solo, visto che già allora l’industria ambrosiana della moda esportava ovunque: lo dimostra, ad esempio, il preziosissimo caftano del principe di Valacchia, fabbricato con velluti milanesi).
Oltremodo curioso è un “segreto” che la mostra del Poldi Pezzoli svela: gli stemmi araldici di Sforza e Visconti furono gli ispiratori delle decorazioni dei tessuti serici più pregiati e costosi, divenendo una sorta di “marchio di fabbrica” apprezzato in tutta Europa, tuttora ben riconoscibile sugli squisiti panni colorati del tempo: azzurri, cremisi, neri, oro, tutti ingegnosamente ricavati da sostanze naturali (si pensi ai celebri toni del rosso derivati dalle cocciniglie, quest’ultime importate a milioni dal Medio Oriente, oggetto di complesse negoziazioni mercantili).
La mostra propone una cinquantina di preziosi manufatti che documentano lo stretto rapporto fra le arti suntuarie delle corti e i primordi di una nuova attività che in meno di mezzo secolo toccò vette qualitative inarrivabili, dando vita ad autentici capolavori (soprattutto per tessitura, tintura, filatura dell’oro, ricamo). L’importanza di questo evento, quindi, sta pure nella sua capacità di gettare nuova luce sulla scena culturale e sociale dell’epoca, facendo emergere i tratti salienti, già allora, della città, in grado di incoraggiare ed attrarre professionalità ad alto valore aggiunto.
Nata dalle annose ricerche dell’Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda (ISAL) sulla produzione di seta nella regione, in collaborazione con vari enti europei, la mostra (corredata da catalogo di Silvana Editoriale) ben rende ragione del perdurante prestigio di Milano come “capitale della moda” fin dalla seconda metà del XV secolo (allorché arrivarono in città due setaioli – fiorentino l’uno, genovese l’altro – che intrapresero la lavorazione del filato in loco, avviando nel contempo anche la grande tradizione lombarda di innovazione tecnologica in campo tessile.
Una prova viva di questa “vocazione” ambrosiana, del resto, ci è simpaticamente offerta da Teofilo Folengo nei suoi versi “maccheronici” descriventi il “tic toc” che a Milano risuonava in ogni “cantone”, emanato dagli artigiani che mettevano i ferri alle stringhe e facevano buchi con gli aghi, cioè applicavano piccoli anelli di metallo per rinforzare le asole attraverso cui passavano i lacci delle vesti (in sostanza, paillettes ante litteram).
Plaudiamo dunque alla mostra del Poldi Pezzoli, curata da Chiara Buss e Annalisa Zanni, perché sia di incoraggiamento a Milano ad avere ancora e sempre la “stoffa giusta”.