Quando la moda esce dagli archivi
Mentre a Roma i promotori del Progetto “Archivi della Moda del “˜900” (Direzione Generale Archivi, Soprintendenza Archivistica per il Lazio e Associazione Nazionale Archivistica Italiana) mirano a valorizzare l’immenso patrimonio della moda italiana conservato nei documenti del secolo scorso, per restituire alla capitale un ruolo fondamentale nel recupero della memoria di “città aperta” allo sviluppo della moda, a Parma è in corso fino al 25 Aprile la mostra “Nove100 – Arte, Fotografia, Architettura, Moda, Design”, che per la prima volta espone la formidabile collezione dello CSAC (Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma).
Si tratta del maggior fondo sul XX secolo in Italia, con oltre 12 milioni di opere archiviate, in continuo aumento grazie alle donazioni degli artisti che hanno fatto la storia della cultura italiana dei decenni scorsi.
Unico per qualità oltre che per quantità, questo centro di documentazione approntato da Arturo Carlo Quintavalle e Gloria Bianchino, rappresenta le più diverse discipline di espressione umana, e quindi agli occhi del pubblico dovrebbe risultare imperdibile l’attuale opportunità di accedere al suo scrigno di saperi e creatività.
Per quanto riguarda la sezione dedicata alla moda (in Galleria San Ludovico), va premesso che la raccolta dello CSAC annovera talmente tanti disegni, documenti, riviste, foto, abiti e accessori, che non basterebbero decine di mostre per esporre tutto. In questa occasione è possibile vedere circa 200 pezzi emblematici del passaggio dalla couture al prêt-à-porter, di cui fu protagonista indiscusso uno stilista non ricordato tanto quanto meriterebbe: Walter Albini, “il grande Gatsby” del suo tempo (1941-1983). Un nome che evoca abiti morbidamente scivolanti su corpi magri, pantaloni larghi, scollature sulla schiena, giacche con la martingala, sottane plissettate, gardenie all’occhiello, stampe effetto cashmere, motivi a stelle, righe, pois, principe di Galles, segni zodiacali, Madonne, volti, e poi tanti echi di Chanel”¦ Classici da lui resi nuovi.
Genio non abbastanza compreso, esteta serio e rivoluzionario, precursore dei tempi senza accorgersene, fu il pioniere del lusso accessibile, concependo per primo il total look e il prêt-à-porter italiano. Fanatico degli accessori e dei dettagli, aperto al mondo quando Milano era ben lungi dal mito del fashion, Albini condusse ricerche maniacali su tagli, filati, tessuti, perfino bottoni, così come effettuò sperimentazioni sui processi industriali, studiando la storia della moda in aste e mercatini, così anticipando il gusto del vintage. Del resto, era solito affermare: “Per me, ogni vestito ha una storia d’amore, di rabbia, di violenza. Ogni vestito è un momento, una persona, un posto e ogni vestito ha il suo ruolo, come un teatro. Per cambiare vestito bisogna cambiare attitudine e spirito, ed entrare in una nuova parte. Ogni volta, ogni stagione, ogni collezione”.
Insofferente dei compromessi e delle chiacchiere, fu il primo ad alzare il volume della musica durante le sfilate e a credere nella forza del brand. Bello di una bellezza che avrebbe rapito Luchino Visconti, puntò sul carisma personale del designer e sulle soggezioni del lifestyle, quasi facendo da apripista ad Armani ed estendendo il suo talento stilistico a campi diversi dalla moda, come l’arredo.
A lui si deve l’invenzione dell’autentico made in Italy, ossia di quello tsunami culturale, sociale, economico, che portò alla produzione di abiti meravigliosi in quantità non più limitata e a costi inferiori. Perché fossero veramente di tutti.
A questo stilista è stato recentemente dedicato il bel volume “L’immaginazione al potere, Walter Albini e il suo tempo”, nonché un progetto della Fondazione Pitty Discovery (a cura di Maria Luisa Frisa e Stefano Tonchi), che ricostruisce il processo temporale di affermazione della moda nella rappresentazione della realtà socio-culturale tramite il superamento dell’atelier e la democratizzazione del concetto di lusso, in grado di sposare qualità e quantità.
A Parma, oltre alle creazioni di Albini, si possono ammirare disegni, modelli e accessori delle Sorelle Fontana, di Versace, Krizia, Ferrè, Valentino, Armani, Archizoom, ecc.
Nell’ambito della medesima mostra, ma in location differenti, è poi possibile visitare la sezione “Arte e Fotografia” (nel magnifico Palazzo del Governatore fresco di restauro) e il capitolo “Architettura e Design” (Scuderie della Pilotta, a cui si aggiunge un’appendice negli ambienti della Camera di Commercio per le opere di grande formato).
Tra i nomi di maggior richiamo citiamo, per la fotografia, Man Ray, Iodice, Ghirri, Giacomelli; nell’arte, Burri, Schifano, Boetti, Fabro, Ceroli, Guttuso, Fontana, Sironi; nel design, Sottsass, Munari, Castiglioni, Mari; per l’architettura, Gardella, Nervi, Ponti, Scarpa. Insomma, the best della cultura italiana del Novecento.
La rassegna parmigiana, voluta da Luca Sommi e curata da Arturo Carlo Quintavalle (curatore anche dei due cataloghi Skira), rende un altissimo omaggio al valore ed ai valori del CSAC in quanto depositario delle testimonianze di tanti ingegni, ma soprattutto tributa un doveroso onore alla sublime creatività italiana, invitando anche la moda a ripensare la sua storia, perché possa rinnovarsi con successo oggi e domani.