Nuovi gioielli per nuovi corpi
Osservando in giro numerosi teen-ager (e non solo) con tatuaggi e piercing nei più disparati e riposti luoghi del corpo, vien da riflettere sul bisogno che ogni generazione ha di esibire simboli trasgressivi. Se bijoux pseudo-etnici e brillantini al naso denotano una necessità di identificazione in un gruppo, se corpi magri e griffe esibite rispondono ad un’esigenza di distinguersi e nello stesso tempo di confermare l’appartenenza al club dei fashion victim, se anellini all’ombelico ed abbigliamento trasandato esprimono una ricerca di “alternativo”, che molti business sanno sfruttare proponendo ampi assortimenti di articoli ad hoc, vuol dire che ormai il limite della sacralità del corpo è stato oltrepassato.
In questa corsa verso nuovi simboli, ormai, sembra del tutto dimenticato o per lo meno ignorato il precetto biblico del Levitico: “Non vi fate alcuna tagliatura nelle carni…, non vi fate bollatura alcuna addosso”.
Il fatto è che non solo ogni epoca, ma anche ogni religione, ogni ideologia, ogni arte, ogni comunità ha bisogno di proprie “icone” per darsi un senso, per autodefinirsi e marcare il confine rispetto a ciò che è concepito come “altro”. Un “altro” contro cui si sente lecito attuare gesti trasgressivi che ne colpiscano la vista, l’udito, la sensibilità.
Si pensi, tanto per citare qualche simbolo che nel corso delle epoche ha pervaso la vita della gente, ad immagini laiche come il volto di Che Guevara, alla falce e martello o alla croce celtica, a emblemi religiosi come la croce o la stella di David. Per non parlare delle varie controculture e subculture (si veda l’esempio dei punk) che si sono manifestate con elementi considerati tabù dalla morale corrente.
Non vi è dubbio che il settore orafo abbia saputo, talora bene e talora male, talora tempestivamente e talora in forte ritardo, cogliere i trend e reinterpretare le ansie epocali.
Ebbene, per quanto riguarda l’avvenire, se un consiglio posso formulare al mondo della moda, è quello di tener conto dell’attuale desacralizzazione del corpo, per spingere il ragionamento verso la tappa successiva alla tendenza trasgressiva, in ottica di scenario predittivo.
A mio modesto parere, proprio perché questo è il tempo del corpo mercificato, scarnificato e violato dalla brutalità del metallo o, comunque, nel caso delle donne-oggetto (e degli uomini-oggetto) date in pasto ai media, dell’umiliazione del corpo mascherata da esaltazione dello stesso, la prossima sarà l’era del rispetto parossistico del corpo, da mantenere integro il più possibile e ad ogni costo. Se ne coglie già qualche avvisaglia nel presunto ritorno alla verginità rilevato dai sondaggi giovanili, nell’ossessione per la pulizia ed il salutismo, nella voglia di semplicità e di natura delle nuove generazioni.
Dunque, compito dei nostri stilisti sarà, a questo punto, quello di creare modelli che sappiano amare “educatamente” il corpo, esprimendone la delicatezza, l’interezza, lo spontaneo decoro, l’armonia, l’inviolabilità.
Si badi, ciò non allude ad un revival del minimal; significa invece qualcosa di totalmente diverso e più complesso, che presuppone la conoscenza, oltre che dei nuovi corpi, anche delle nuove menti.