Tu chiamali se vuoi accessori
Rappresentano il “valore aggiunto” delle nostre esperienze ed emozioni quotidiane; traducono la nostra voglia di raccontarci e di sperimentare; integrano artisticamente la nostra identità. E’ provato che nei momenti di peggior congiuntura economica gli accessori registrano picchi di vendita, anche e soprattutto nelle fasce di prezzo alte.
La sociologia può accampare le più disparate motivazioni, ma il fatto è che scarpe, cinture, borse, gioielli, cravatte, ecc. gratificano non solo il corpo, investendo lo spirito, toccando corde interiori che trascendono i meri aspetti estetici. Diciamolo senza tema di smentita: certi dettagli danno la felicità!
Ma cosa fa di un bell’accessorio un must concupito dall’universo mondo?
Si prendano semplicemente due esempi per farsi un’idea, l’uno al femminile e l’altro al maschile.
Chiediamoci, per cominciare, perché distinti signori “impazziscano” per le cravatte Marinella, presentandosi alle 6.30 del mattino davanti al celebre negozio partenopeo (“un’istituzione” lo chiama qualcuno, “un salotto” lo definisce qualcun altro, “un pezzo d’Inghilterra a Napoli” sostiene un altro ancora), anche se il suo stile sartoriale è lungi dal compiacere le mode del momento.
Ambiente ovattato, fragrante di legno e cristalli, accarezzato dal sibilo della seta, il luogo rende l’atmosfera della vera eleganza, quella senza tempo, capace di evocare la storica figura di Eugenio Marinella che nel 1914 aprì il glorioso negozio al civico 287 di Riviera di Chiaia (dove tuttora ha sede), celebrato da Matilde Serao e tanti altri.
Dai vari prodotti “English style” importati da Marinella – profumi, scarpe, tessuti, impermeabili, ombrelli, bastoni da passeggio, cappelli – gli Italiani impararono che il “vestir bene” è anche questione di particolari: sono questi, dopo tutto, che fanno la differenza, distinguendo il vero signore da un “uomo qualunque” (per quanto danaroso possa essere).
Comunque, sono state soprattutto le cravatte (oltre alla camicie) di produzione propria a fare della griffe napoletana un oggetto di culto a livello internazionale, richiesto da sovrani, leader politici, grandi industriali, divi del cinema.
Il segreto di cotanta “venerazione” (al punto che a fronte di una capacità produttiva massima di 120-130 unità al giorno vi è una richiesta di 600 pezzi) sta nella suprema artigianalità del lavoro che rende “unica” ogni singola cravatta (caratterizzata dall’aver all’interno un’anima del medesimo tessuto della parte esterna).
Discrezione e raffinatezza dei proprietari hanno fatto il resto nella creazione di questo mito dell’accessorio maschile.
Sul fronte femminile, basta citare il noto telefilm “Sex and the City” per richiamare subito lo spagnolo Manolo Blahnik e le sue superbe scarpe idolatrate da Carrie & friends: indimenticabile la battuta della protagonista quando, di fronte ad un ladro, lo supplica invano di prendersi tutto eccetto le Manolo Blahnik (uno dei pochi stilisti il cui nome è diventato incarnazione del prodotto).
Se le sue calzature sono così desiderate (malgrado gli astronomici prezzi), una ragione (anzi, una sfilza di ragioni) c’è: sono bellissime! Ma non solo: in esse è racchiuso uno scrigno di design e sapienza da artigiano che cura i dettagli fino alla maniacalità (detto nella consapevolezza che i confini tra il sudato rigore e il genio sono sovente labili). Senza aiutanti, da solo, Manolo disegna, intaglia i modelli, scolpisce i tacchi, crea uno stampo di alluminio della forma e uno di plastica dal quale ricaverà la scarpa; il tutto in un tempo che spazia su più giorni.
Va sottolineato che lui stesso controlla pure bozzetti e foto per le campagne pubblicitarie. E pensare che i genitori lo volevano diplomatico! Lui, invece, già da ragazzo era attirato dalle tecniche che i ciabattini delle isole Canarie avevano insegnato a sua madre per le espadrillas.
Il suo mestiere di “fare le scarpe” è insomma il risultato di un continuo processo di apprendimento di tutte le caratteristiche scientifiche ed estetiche delle calzature, che quindi racchiudono in sé necessariamente lungo studio ed altrettanto lunga esecuzione. L’effetto è la perfezione, che forse a molte signore fa ignorare la fatica retrostante.
Alla fine conta solo la bellezza dell’accessorio ed è anche questa che dà valore ad un’emozione chiamata vita.