Stile vintage, il rifugio del contemporaneo
Un atelier di moda è come una biblioteca. Così dice Franco Jacassi, collezionista ed esperto di moda, parlando dello showroom che nel 1986 ha aperto a Milano, nel cuore di Brera: “Qui gli addetti ai lavori vengono a trovare emozioni o a fare documentazione storica per le loro linee. Questo posto è un archivio prezioso di vestiti, accessori, tessuti, libri e riviste d’epoca”. Lo spazio di via Sacchi, infatti, è da sempre tappa obbligata non solo per gli appassionati del vintage, ma anche per gli stilisti in cerca di nuove ispirazioni.
Ed è vero che entrando nell’ atelier di Jacassi, quell’atmosfera di sacralità e di sogno l’avverti subito e ti conquista, perché tra gli abiti dei couturier del passato hai la sensazione di essere dietro le quinte di un teatro, in una dimensione sospesa, al di fuori della realtà. E già pensi che quando uscirai da lì ti convertirai definitivamente allo stile d’antan.
L’intervista comincia subito con una precisazione: mai confondere il vintage con un semplice capo usato. E infatti, con l’eleganza che lo contraddistingue, Jacassi mi bacchetta immediatamente quando cedo a questa facile tentazione: “Il gusto e la moda venivano espressi dai grandi creatori, non dalla sartina di periferia o dai magazzini a buon mercato. Come succede nell’arte tutte le cose fatte dagli artisti hanno mantenuto un valore e questo vale anche nella moda. Occorre saper scegliere.
Come si riconosce un pezzo vintage?
Te lo insegna l’esperienza e il gusto della ricerca, di scoprire qualcosa che gli altri non hanno visto, qualcosa di raro! Sicuramente la griffe fa la differenza.
La moda è anche gioco, travestimento: è in questo che risiede il fascino del vintage?
Ogni persona ha un suo stile, una sua personalità e il vintage consente appunto di esprimersi attraverso la valorizzazione di ciò che nelle varie decadi ha dato un’impronta a un certo tipo di gusto.
E poi c’è anche la poesia di voler rievocare un’emozione attraverso l’abito”¦
Certo, come nel caso dell’attrice che veste vintage perché vuol rivivere nella vita normale certe sensazioni che ha vissuto nella finzione.
Ma forse oggi più che la forza evocativa dell’abito è l’idea del recupero a fare da traino.
Se la vediamo così il vintage è sicuramente una scelta ecologica, ma in questo senso non lo abbiamo inventato noi: già negli anni ’30, in periodo di crisi, Elsa Schiaparelli consigliava alle nonne di far rivivere gli abiti regalandoli alle nipoti. E poi conviene: una borsa Chanel o Ysl degli anni ’70 puoi pagarla 350 euro, mentre nuova ti costa oltre 2000 euro”¦
E anche gli stilisti ne approfittano e fanno di necessità, virtù”¦
Sicuramente oggi la moda soffre un momento di stanchezza, perciò rilanciare il gusto retrò è un modo per affascinare ancora, per avvicinare nuovamente alla moda.
Qual è, secondo lei, l’epoca che si porta meglio oggi?
Dipende dal proprio stile: c’è la ragazzina che sta bene vestita anni 60, con le minigonne di Pierre Cardin.
La donna di 40 anni che vuole esprimere il suo lato più sensuale sceglie Versace degli anni 80 e invece una persona più poetica, più intima, sta benissimo vestita con degli abitini anni 20 -30 oppure anni 50. Non bisogna poi trascurare il fatto che nell’arco del 900 la struttura fisica della donna si è modificata: le spalle sono più sviluppate e poche ancora portano scarpe di taglia 35.
Cosa si vende di più?
In assoluto Pucci. Ma la mia fortuna sono le borse di Chanel, di Vuitton, di Hermes o le Gucci con il manico di bambù: la gente è disposta ad accaparrarsele a prezzi folli! Ma io preferisco una Roberta Di Camerino, che è davvero un pezzo unico e puoi acquistarla a 350 euro! O una Schiaparelli del “˜36: la paghi 1000 euro e ce l’hai solo tu!Lei ha iniziato a lavorare negli anni ’70 e a contatto con i grandi maestri del made in Italy e non solo.
Come è cambiato lo scenario della moda?
E’ cambiato innanzitutto il tipo di vita della gente e quindi anche il gusto per le cose belle. La moda contemporanea è molto diversa e gli stilisti oggi non investono tanto nella ricerca e nella cura del dettaglio”¦E i prezzi sono molto più bassi: negli anni “˜80 compravo una camicia di Versace e la pagavo 1 milione e 800 mila lire; oggi la stessa camicia, unica, costa 400 euro e suona già cara!
Anche la moda è un segno dei tempi”¦
Gli aspiranti stilisti non hanno più le possibilità di una volta e anche i grandi ormai non fanno più i creativi, ma gli uomini di mercato, di finanza e quindi ti mandano degli assistenti che per bravi che siano sono sempre dei ragazzi giovani che devono imparare e che non sanno sempre come si fa la ricerca. E questo perché c’è una diversa formazione e poi sono cambiate le esigenze del mercato: se il commerciale dice che certe cose non si vendono, lo stilista non le fa più! C’è un adeguamento al mercato, ci sono più paletti alla creatività.
Quale è secondo lei il modo migliore per indossare un pezzo vintage?
Sicuramente è più trendy mixare il vecchio con il contemporaneo, ma non necessariamente è il modo migliore:dipende da dove uno si trova e da cosa fa in quel momento. Non si può certo pensare di andare in ufficio abbigliati con un capo d’antan. Il vintage va visto per quei momenti un po’ particolari lo si sceglie quando si vuole esercitare un certo fascino.