Grunge è chic
L’immagine degli artisti, siano essi poeti, scrittori, musicisti o pittori, è sempre stata accostata, nell’immaginario collettivo, ad un’estetica trasandata, incurante dei volumi, delle forme o dei colori che potessero dar vita ad un particolare look.
Lasciando per un attimo in secondo piano artisti del passato che hanno fatto dell’estrema eleganza e del bon ton i propri cavalli di battaglia, un nome su tutti Oscar Wilde, pare che il XX secolo abbia imposto un nuovo ideale, anche estetico, di genio creativo.
Dall’ermetico Basquiat, che ha portato la street art dalle strade alle gallerie d’arte, al ribelle Kurt Cobain, che ha coniato un nuovo genere musicale, la scena artistica del secolo forse più articolato dell’intera storia dell’umanità è stata segnata da personaggi che hanno fatto dell’apparente trascuratezza il loro tratto qualificante.
Camicie di flanella, jeans consumati e strappati, Converse, felpe e t-shirt malconce: ecco il guardaroba del perfetto chitarrista grunge, che grazie al leader dei Nirvana ha imposto un vero e proprio stile, non solo estetico ma, a quanto pare, anche esistenziale.
Il grunge prende forma in maniera compiuta negli anni ’90 e si caratterizza, da un punto di vista estetico, per un abbigliamento trascurato, sciatto e improvvisato, per un look da bohémien urbano votato per natura alla disillusione e al disfattismo.
Anche se molti lo considerano un residuato del punk anni ’80 e Colin McDowell lo definisce addirittura il figlio pallido e malato del punk, lo stile grunge ha ottenuto proseliti non indifferenti dall’ultimo decennio del secolo scorso in poi, diventando una vera e propria religione estetica per giovani che volevano sentirsi parte di un preciso gruppo sociale, in evidente rottura con i canoni sponsorizzati dalla società consumistica.
Peccato però che quella stessa società dei consumi, così convintamene rigettata, abbia fatto di uno stile di strada una delle tendenze più gettonate in passerella, trovando proseliti anche nelle ultime collezioni maschili invernali.
Da Scervino a Richmond, per finire a Dsquared e Bottega Veneta, l’uomo dell’attuale stagione fredda è grunge, almeno da un punto di vista stilistico. Eskimo indossato su pantaloni classici, maglie effetto vintage slabbrate e consunte, pull oversize dai bordi scuciti, pantaloni stretti in grossi anfibi in pelle.
Insomma, la regola del trasandato studiato nei minimi termini è tornata a fare scuola, portando con sé un linguaggio più destrutturato ed una generale tendenza all’essenzialità .
Da quando Marc Jacobs presentò nel ’92 la collezione pensata per Perry Ellis che segnò l’entrata ufficiale del grunge all’interno del fashion system, lo stile apparentemente impreciso ed improvvisato si è imposto trasversalmente al mondo maschile e femminile come nuovo canone di vera eleganza e, paradossalmente, ricercatezza.
A prescindere da ciò che uno stile come il grunge potesse comunicare, la disillusione e il disfattismo esemplarmente dimostrati dal suo principale fautore hanno lasciato il posto alla pura estetica, alle tendenze, alla convinzione che “trascurato sia chic”.
Ancora una volta la moda si è impadronita di un prodotto urbano e ne ha fatto uno stile imperante, sia in passerella sia in strada, riuscendo subdolamente ad influenzare anche tutti quei giovanissimi che, pensando di utilizzare un codice di abbigliamento in rottura con i canoni che la società continuamente propone, sono in effetti le principali ed inconsapevoli vittime del tanto discusso “sistema”.