Moda: nulla più come prima
Palazzo Mezzanotte, prestigiosa ed imponente sede della Borsa milanese, ospita anche quest’anno l’attesissimo convegno organizzato da Intesa Sanpaolo e Pambianco, per discutere dei cambiamenti intervenuti a plasmare il sistema moda nell’ultimo anno e delle prospettive future dello stesso.
Moda: nulla più come prima. Il solo titolo dell’evento mette già in evidenza la portata delle trasformazioni che hanno investito il settore negli ultimi mesi e, di conseguenza, i tratti di una piattaforma produttiva e commerciale completamente rinnovata.
Tanti gli ospiti intervenuti, da Miccichè, Direttore generale del colosso bancario organizzatore dell’incontro, ad importanti nomi della grande macchina economica del fashion. Renzo Rosso, Robert Polet, Diego Della Valle, seguiti da figure chiave di importanti case di moda del Made in Italy e di altrettanto importanti retailers, quali Coin, Calzedonia, Furla ed Original Marines.
A moderare il dibattito torna Enrico Mentana, attuale Direttore del Tg La7, con il costante supporto del patron dell’evento Carlo Pambianco.
Sono sostanzialmente due gli argomenti di discussione emersi dall’incontro della giornata di lunedì 15 Novembre: i mercati emergenti e la dimensione aziendale.
La velocissima e disarmante crescita dei cosiddetti Paesi economicamente emergenti è ormai nota ai più; negli ultimi tre anni, nel vortice della crisi finanziaria che ha messo in ginocchio le principali economie occidentali, realtà come la Cina, l’India, il Brasile e la Russia (BRIC) hanno registrato aumenti del Pil del 28%, unitamente ad un incremento delle vendite del 21%.
Assistiamo all’avanzata di un consumatore completamente diverso rispetto alle realtà occidentali, un consumatore con un alto potere d’acquisto, che esige la firma, il logo ed è disposto a spendere cifre inimmaginabili pur di accostarsi a quell’agognato stile di vita europeo, che ci ha resi famosi internazionalmente. Al contempo, ci troviamo di fronte ad un acquirente caratterizzato da una scarsa consapevolezza del marchio e della qualità di lavorazione, un acquirente a cui non interessa il percorso produttivo e artigianale della borsa o della scarpa, ma è attento unicamente alla griffe, preferibilmente evidenziata dalla presenza del logo. Appare quindi evidente quanto l’internazionalizzazione della nostra moda sia possibile solo alle grandi aziende, a realtà economiche e industriali che dispongono di ingenti capitali per poter finanziare la crescita in altre aree del mondo e per poter rischiare con la sicurezza di non compiere un salto nel vuoto. I Paesi emergenti registrano delle soglie d’ingresso imponenti, la distribuzione è concentrata quasi unicamente nei monomarca e il percorso di consapevolezza della qualità e della tradizione del marchio è ancora in salita, fattore che va ad assoluto vantaggio delle griffe note a livello globale.
Ed è a questo punto che arriviamo al secondo argomento della giornata: la dimensione aziendale. I grandi gruppi della moda e del lusso hanno avuto ripercussioni di entità inferiore durante la crisi rispetto alle piccole e medie imprese, che costituiscono la gran parte del tessuto industriale europeo, ed italiano in particolare. A fronte di un mercato occidentale stagnante, gravato dalle perdite finanziarie provocate dalla crisi e da un approccio all’acquisto molto più razionale e complesso, i grandi nomi sono riusciti a dirottare le risorse verso altri lidi, aprendo negozi in realtà emergenti che hanno indubbiamente risollevato i loro bilanci. Per tutte gli altri, medie, piccole o piccolissime aziende, la reazione alla crisi non è stata né immediata né positiva e l’indebitamento è cresciuto del 2 e 3% nel biennio 2007-2009.
Stiamo parlando di realtà industriali che non sono in grado di smuovere risorse così ingenti per trasferire il proprio business all’altro capo del mondo, né per arrivare nel brevissimo termine alla stesura di strategie vincenti, senza prima tener conto di una scottante situazione finanziaria. Dalle parole dei diversi partecipanti al convegno è emersa la necessità per tali aziende di far fronte alle difficoltà investendo da un lato sulla tecnologia e dall’altro sulla possibilità di effettuare alleanze a monte o a valle della filiera. Da qui la necessità di affidarsi a manager qualificati, mettendo da parte, se necessario, la continuità ereditaria, o perlomeno facendo in modo che figure esperte mettano in campo tattiche e strategie per guidare le scelte familiari. È questo un argomento molto controverso dell’attuale realtà economica, soprattutto in un Paese come l’Italia in cui l’industria, nei più disparati settori, è sempre stata accostata ad un preciso cognome, che ne ha forgiato la storia e la reputazione. Risulta quanto mai necessario trovare il giusto equilibrio fra managerialità e rispetto della tradizione, allo scopo di mettere in campo manovre finanziarie che salvaguardino la salute dell’azienda e assicurino di conseguenza la continuità familiare.
La pronta reazione agli attuali sconvolgimenti economici è imprescindibile, soprattutto a fronte di uno scenario commerciale e consumistico radicalmente modificato.
Il concetto di boutique, tipicamente italiano, è ormai superato, declassato dai giganteschi department stores e dall’incessante fiorire del fast fashion. Il retail si sta sviluppando a più livelli e l’e-commerce appare essere la nuova frontiera, a cui qualsiasi marchio debba adeguarsi.
Sullo sfondo si assiste all’avanzata di un consumatore completamente diverso, molto più razionale nelle scelte, supportate da valutazioni non solo meramente estetiche, ma comprensive di un giusto compromesso fra prodotto, marchio, qualità e prezzo, il cosiddetto value for money.
Insomma, il settore della moda sta attraversando una fase di transizione, è appena uscito da una massiccia crisi finanziaria, che ha toccato indiscriminatamente le più diverse aziende, e si appresta ad entrare in un periodo di assestamento e successiva ricrescita. In un momento così delicato è d’obbligo investire nei canali giusti, tenendo realisticamente conto delle proprie forze e debolezze e agendo su fronti più nuovi e vitali, per non rischiare di rimanere indietro ed essere inghiottiti dal progresso.