Sarah Burton erede di Alexander McQueen?
Per la seconda volta, dopo la morte di Alexander McQueen avvenuta a febbraio dello scorso anno, Sarah Burton firma la collezione della griffe che porta il nome dello stilista inglese, tre volte celebrato, nella sua breve carriera, come “stilista inglese dell’anno” e vincitore nel 2003 del Fashion Designer Awards .
La scelta di Sarah Burton, braccio destro dello scomparso stilista fin dal 1996, indica nella proprietà del marchio -fa parte del Gruppo Gucci-, la volontà di mantenere lo stile che McQueen ha impresso al brand.
Ci sembra però che il compito del nuovo direttore creativo non sarà facile. Ammettiamo pure che sarà in grado di mantenere le capacità sartoriali che il suo predecessore aveva appreso lavorando da Savile Row; cercherà sicuramente di non tradire gli elementi ispiratori: l’immaginario dark e l’estetica gotica/medievale, tipici dello stile McQueen, ed anche quei riferimenti un po’ inquietanti che dal surrealismo sfociavano nel futuristico cyborg. Ma dubitiamo che la spettacolarità talvolta bizzarra talvolta provocatoria che accompagnavano le sue sfilate show potrà essere ripetuta. Il genio era unico: impossibile clonare su Sarah Burton quella creatività visionaria che faceva di Alexander Mc Queen un personaggio non sempre gradevole, ma sicuramente irripetibile.
La collezione vista a Milano, pur se ha esplorato la memoria della griffe, è lontana dal presentare novità di richiamo che possano attirare l’attenzione: nel suo insieme è disciplinata, addirittura rigorosa. Certamente l’abbigliamento maschile non permette grandi espressioni di genialità, ma l’ispirazione militare di giacche e cappotti, attinta alle divise inglesi del settecento, ed a volte eccessivamente riconoscibile, impedisce evidentemente alla stilista di dare spazio alla creatività, quella, un po’ clamorosa che ci saremmo aspettati dalla firma McQueen. D’altra parte, non sappiamo ancora se qualche gene di Alexander McQueen è nel DNA della stilista.
Accanto ai capi di sapore prettamente militare, capi assolutamente classici, nei classici tessuti e colori dell’abbigliamento maschile: completo principe di galles, spezzato in grigio con giacca doppiopetto; spezzato con pantalone grigio e giacca blu; una uniformità rotta solo da alcune stampe su fondo bianco. Sarah Burton quindi non si distacca dalla tendenza, già rilevata in altre collezioni, di un ritorno al classico anche se rivisitato in chiave più moderna. Aggiunge anche lei qualche elemento di attualità, il pantalone è talvolta più corto spesso però è largo, la giacca è accostata in vita a contrasto con quelle voluminose indossate sopra altre; qualche cappotto leggero dalla silhouette smilza fa da contrappunto a quelli ampli, dagli ampli baveri impellicciati. I colori di rottura rosso lacca dei pantaloni, giacche e cappotti o usati anche come una pennellata trasversale su un sottogiacca/gilet, il giallo delle camicia di raso richiamano anche essi lo stile militare: il rosso è un colore abituale in questo abbigliamento.
Insomma non ci sembra ancora arrivato il momento di nominare Sarah Burton erede di Alexander McQueen.