Guillermo Mariotto, spiega per Imore la collezione di Gattinoni
La sfilata di Gattinoni ha lasciato il segno. Un fil rouge lega gli abiti alla storia contemporanea: dai problemi globali a quelli della politica italiana.
“Non sono interessato a ricreare quello che succedeva nell’antica Russia degli zar, vivo qui,ora e voglio interpretare attraverso gli abiti quello che sta succedendo, quello che leggo sui giornali. Fare moda significa comunicare. E voglio comunicare quest’attesa. Attesa che finisca la crisi. Voglio comunicare il mio spirito di ottimista. La moda serve a questo: regalare bellezza”.
E’ in sintesi questo il messaggio che lo stilista di Gattinoni ha lanciato dalla passerella di Santo Spirito in Saxia. Se da una parte rappresenta con senso del realismo il disastro dei nostri giorni lo smog, le nebbie, i territori violati, contaminati, profanati e lo fa con i colori nei toni del grigio, del fumé; prevale la sua visione ottimistica. Man mano i colori si fanno primaverili, diventando rosa, albicocca sfumato nel melone, verde malva e poi vitali, giallo, ocra, rosso, corallo, lilla. I tessuti si alleggeriscono sono organza e chiffon jersey di seta e o lucidi rasi duchesse . Le forme guardano al futuro, aerodinamiche nel bell’abito rosso dalla giacca dalle mille piegoline sfumata, elicoidali, curve per rappresentar la femminilità, ma anche una ricerca della perfezione.
Per Mariotto l’Altamoda è una sfida: “prendere il brutto e trasformarlo in bello“. Per questo si è ispirato, dettato dalla sua anima ecologica, al disastro petrolifero nel mare e lo ha portato sulle passerelle. “Prendo le conchiglie e le faccio diventare un abito. Ecco allora i tailleur con le cappe a forma di conchiglia con il nero che è il petrolio, il bianco sporcato con la china”.
Il disastro ecologico sulle passerelle diventa esaltazione della femminilità. “Il petrolio rappresenta anche il massimo dell’opulenza, non solo il disastro ambientale. E parlando di lusso lo chiffon di nylon costa moltissimo. La camicia nera ha un velo di chiffon che al metro costa 600 euro (in un metro ce ne sono 5 grammi)”.
Perché la sfilata è stata intitolata la “fine dell’attesa”. Attesa di che cosa?
“Aspettiamo che qualcosa cambi. Il lusso, l’opulenza distruggono la natura”.
L’opulenza è rappresentata delle tre città Shangai, Rio de Janeiro e Dubai, altamente inquinate e con straordinari grattacieli. Come hai trasferito questi concetti nei vestiti?
“Nei mini abiti papier di organza ricamati (ricordano la ricchezza), e il nylon fumé per ricordare lo smog; come skyline i grattacieli di queste tre città, che simboleggiano la new economy“.
E i vestiti luccicanti servono a far pensare a queste città?
“Il vestito deve far pensare, è comunicazione. La moda serve a questo”.
E la crisi come l’hai espressa?
“Nei periodi di austerity il taglio e i tessuti fanno la parte del leone, sostituendo i ricami. Per questo ho puntato su tagli precisi e sto sperimentando i vari tessuti “.
I tagli della collezione sono perfetti, le maniche, le gonne, i tubini. C’è una sorta di sintesi, di purezza. E’ un nuovo approccio alla moda?
“Ho fatto anche abiti meno essenziali, più sofisticati e ricchi, più lavorati. Le mie clienti sono diverse, non amo puntare solo su uno schema. Offro un’ampia gamma di possibilità. C’è chi preferisce un abito essenziale, pulito. Chi invece no, vuole la ricercatezza, le preziosità“.
Ti senti un ottimista?
“Sì e cerco di trasmetterlo nella collezione con i colori con la bellezza dei tagli, la sperimentazione dei tessuti, valorizzando la femminilità”.
La bellezza salverà il mondo?
“Sono sicuro di sì. Altro concetto che amo è: non abbiate paura”.
E in questo modo ha affrontato la sfilata, mettendo come ultimo modello, un abito lacerato ai piedi, colori della bandiera italiana, indossato da una Miss Italia che invita il mondo a tacere. Perché?
“Se vogliamo che l’Italia si desti c’è bisogno di silenzio, di meditazione. Per pensare non servono pettegolezzi o rumori di fondo, che distraggono”.
Ti senti cresciuto professionalmente in questa nuova collezione?
“Ogni collezione per me è un modo di sperimentare, di crescere. Mi metto alla prova con le novità delle proposte, dai tagli ai tessuti”.
Guillermo quando fa moda filosofeggia e rivela il suo animo ecologista (c’è sempre un tema legato all’ecologia nelle sue sfilate). Perfetto se il risultato è la sfilata che abbiamo visto: un inno alla donna.