Verdi accoglienze
“Di vaso in fiore”, si intitola la mostra – al museo Poldi Pezzoli fino al 9 maggio 2012 che, ancor prima dell’inizio ufficiale della settimana milanese del design, ha aperto le danze di questa lunga kermesse trasversale in cui moda, design, cultura, opere d’arte, natura, architettura . si sono abbracciate con l’intento di dar vita, ancora una volta, a qualcosa di raro e di prezioso aperto però a tutti.
Nell’osservare ad uno ad uno i vasi , frutto della fantasia e del lavoro di personaggi storici come Mendini o Sottsass e di designer meno noti ma altrettanto creativi, facile e spontanea è venuta l’idea di vedere nel vaso un “abito” per i fiori.
Ad ogni mobile, il suo sopra-mobile.
Ad ogni abito, il suo sopra-abito.
Ad ogni fiore..
Giochi di parole. Ma neanche tanto.
Spesso, infatti, si sceglie con cura il vaso più adatto e più consono al fiore che esso deve contenere, poiché deve anche esaltare ed enfatizzare la bellezza della forma proprio come un abito deve fare nel ricoprire e rivestire il corpo. Una natura viva e mutevole pur nella staticità dell’oggetto, dato che vivo è il corpo e vivo è il fiore.
E da lì, la nostra curiosità nell’andare a ricercare altre situazioni in cui questa analogia corpo-natura/abito-contenitore potesse parlarci, è aumentata e si è acuita.
E abbiamo trovato che scoprire ciò, vale a dire il desiderio diffuso di provare piacere nel circondarsi di “prodotti” cosଠemozionanti e al contempo cosଠa portata di mano come i fiori, non è stato poi cosଠcomplicato.
Da sempre essi hanno affascinato l’animo degli artisti di ogni tempo e di ogni disciplina. Accessori della bellezza, del decoro e dell’eleganza, i fiori hanno sempre rivestito ruoli fondamentali.
Dunque, in ogni angolo della città , dentro e fuori le varie “locations”, abbiamo rintracciato tutto uno “sbocciare”, un tripudio di colori rubati ad un prato compiacente, un pollice verde dilagante, una “freschezza” contagiosa.
Da una sorta di “parrucca botanica” ideata e realizzata da una giovane portoghese che “acconcia”, con piante e fiori, vasi -dalla sommità formata da tanti piccoli fori- simili alle teste di Modigliani o a certi vecchi “Limoges” porta-violette..ai tappeti floreali presentati da Missoni che, in collaborazione con Richard-Ginori, li ha cosଠben ambientati, nel suo “Garden party”, tra amache rilassanti, piatti stile “djeuner sur l’herbe” e cuscini simili a quadri di Van Gogh.
Dall’inaugurazione della terza boutique “Au nom de la rose”, dedicata esclusivamente alla vendita delle “regine dei fiori” e dei prodotti da esse derivate, dove l’atmosfera parigina un po’ retrò ben sposa il dinamismo tipico del frettoloso e sempre in fermento capoluogo lombardo, crocevia di arte e business”¦”¦”¦”¦..all’esplosione di colori che Anna Molinari ha usato per dare luminosità e garbo ai tessuti per l’arredamento oltre che per gli abiti che, come ben conosciamo, spesso sembrano anch’essi usciti dal pennello di un pittore impressionista.
Dal surreale “pratone” – progettato nel ’68 che accoglie i visitatori all’ingresso del nuovo allestimento del Museo del Design alla Triennale, visto e ammirato peraltro anche al Milano Design Village, qui inserito tra piante e prati verdi al giardino “sartoriale” che Kristina T ha ricreato nella sua boutique nel cuore di Brera. Poetico e romantico come gli abiti che disegna da sempre. Fiori di stoffa e tenui sfumature hanno accompagnato gli interessati sguardi degli astanti, decisamente conquistati da tale e tanta armonia, derivata da un pensiero concreto attento più ad una femminilità “a modo” che ad uno stile sfacciatamente modaiolo tout court.
E poi gli “alberi di nebbia” della seducente installazione curata dall’architetto Attilio Stocchi nella suggestiva piazza San Fedele a due passi dal Duomo, dove appunto sorgeva un tempio sacro e dove è stato ricreato questo “Theatrum Naturae”, chiamato CuoreBosco, con tanto di canti di uccelli e di vapori colorati per ricostituire e riportare alla luce le origini ancestrali di Milano in un’atmosfera coinvolgente e connotata da sacralità . Si dice di questo eclettico personaggio che già da piccolo amava uccelli e delfini. Aveva particolare attenzione all’origine delle cose, a partire dal nome. Oggi, prima di essere un architetto, Stocchi è un libero pensatore capace di andare oltre all’architettura, lontano dalle mode e dalle tendenze del momento. Elabora l’architettura a partire dalla matematica, dalla musica, dall’etimologia, dalla letteratura, dal teatro, come un moderno umanista. Da questi mondi egli genera stratificazioni e continuità nel presente, a partire dall’antico e prefigurando il futuro.” La cultura umanistica!!! Quella che, come afferma Enzo Mari, designer di stampo classico, “ti fornisce un corrimano etico che ti accompagna in tutte le scelte. Nel design ( e nella moda, noi diremmo! ) vuol dire anche progettare per la gente, ignorando il mercato.” Così fanno i veri maestri come – ad esempio- Roberto Capucci, unico ma multiforme, complesso ma decifrabile, attento al dialogo nel descrivere le sue “creature”, anch’esse spesso simili a corolle e a metà tra abiti e sculture.
Tante ancora sarebbero da descrivere le suggestioni provate di fronte alle varie meraviglie a sfondo naturalistico viste durante questa folle e vivacissima settimana trascorsa, ma arriveremmo forse a tediare.
Vorremmo dunque terminare con una “chicca”. Quella ammirata alla Triennale nell’ambito della mostra “Sedie alla ribalta”. Lo stilista Saverio Palatella, noto per la sua ricca creatività nel settore della maglieria di lusso oltre che per la sua predisposizione raffinata in vari campi, ha “costruito” una “seduta” totalmente rivestita di fiori in tessuto. Delicati ma incisivi, colorati ma omogenei, spettacolari ma discreti. Un prato verde “tricottato” a fare da base. “In bloom”, l’ha chiamata l’artista.”Reinventiamo un futuro coltivando un anacronistico neo-romanticismo. La gioia della rinascita”. Davvero un incanto!!!
Cosa dire di più riguardo a questa vena che, tra germogli, petali, fronde, erbe, verdi accesi o cupi, ghirlande e via via, ha innescato, – come abbiamo detto all’inizio -il desiderio di usare la propria capacità , ciascuno a suo modo, ciascuno nella propria disciplina, servendosi di quell’abito, chiamato natura, che ricopre e avvolge da sempre tutti noi? Come se essa avesse suggerito:
“Non siate titubanti, entrate. Al di là del cancello vi aspetta un giardino meraviglioso e riposante. Un luogo dove ognuno potrà vedere, scoprire, far suo, ciò che esso offre. A chi, soprattutto, lo saprà cogliere e apprezzare.”