L’uomo che s’invent² il Made in Italy
Tra i precursori del Made in Italy Thayaht occupa un posto speciale, simboleggiato dal “manifesto” con cui intese promuovere la moda italiana attribuendole la leadership per creatività e capacità manifatturiera.
Artista eclettico e di acuta sensibilità (fu scultore, pittore, disegnatore, stilista, orafo, studioso di scienze), il fiorentino Ernesto Michahelles (1893-1959) – in arte Thayaht – è noto nell’ambito della moda soprattutto per l’invenzione della tuta e per la sua lunga collaborazione parigina negli anni ’20 con Madeleine Vionnet, per la quale ideò abiti assolutamente innovativi che resteranno iconici nel suo repertorio di couturier “divina”: capi in cui confluiscono armonicamente le spinte culturali dell’epoca, passando per i balletti russi, il cubismo, il liberty, il classicismo.
Di moda Thayaht si interessò anche nei suoi scritti, da cui emerge tutta l’importanza che egli attribuiva all’affermazione di uno stile italiano riproducibile, caratterizzato da combinazioni geometriche e da accostamenti cromatici all’insegna dell’Art Déco e del Futurismo, corrente quest’ultima a cui egli aderì con entusiasmo nel 1929. Inoltre, tale era la sua passione per la moda che fra i suoi innumerevoli documenti si trovano persino dei progetti scientifico-architettonici per tessuti, nonché la descrizione delle tecniche con cui realizzarli (batik, stampa, patchwork, ricamo, pittura su stoffa).
Pur auspicando una produzione della moda in serie, Thayaht da artista integrale e “profetico” qual era fu tra i primi a credere e ad investire emotivamente nel valore della “griffe”, cifrando con le proprie iniziali tutti i suoi capi d’abbigliamento.
Per quanto riguarda la tuta, l’indumento per cui egli è universalmente famoso (in realtà alla sua “invenzione” collaborò intensamente anche il fratello Ruggero, soprannominato Ram), va detto che apparve un qualcosa di rivoluzionario immediatamente al suo nascere nel 1920, non solo per le valenza che implicava in termini pratici, estetici, economici, ma anche per le modalità di comunicazione con cui era presentata. In effetti, per darne notizia ufficiale fu scelto il quotidiano di Firenze “La Nazione”, che la pubblicò con una clamorosa operazione promo-pubblicitario-redazionale ante litteram.
A Thayaht, artista incline alla sintesi ed all’eleganza, ha dedicato una squisita mostra tre anni fa il Museo del Tessuto di Prato, ma sente il bisogno anche oggi di proporre eventi che ne citino la poetica stilistica e le ragioni ideali da cui è germinato il seme vitale del Made in Italy. A cominciare dalla narrazione della storia personale di un personaggio così creativo, che riassume il dinamismo e la qualità della nostra moda.
Cresciuto nella villa di Poggio Imperale che era stata di suo bisnonno, lo scultore neoclassico americano Hiram Powers, arrivò a Parigi nel 1918 e fino al ’25 collaborò come stilista presso il prestigioso atelier di Madame Vionnet, che lo volle come disegnatore in esclusiva. Viaggiò per studio e lavoro negli Stati Uniti, dove ottenne un notevole successo artistico, e una volta tornato in Italia a metà degli anni ’20 si diede con profitto alla scenografia ed alla creazione di oggetti ornamentali e complementi d’arredo. Nel 1928 si cimentò anche nella creazione di cappelli da uomo su richiesta del Gruppo Nazionale Fascista della Paglia e, l’anno successivo, pubblicò i suoi bozzetti sulla rivista “Moda” (edita dalla Federazione Nazionale Fascista Industria dell’Abbigliamento) e cominciò ad accostarsi a Marinetti ed agli altri futuristi. In seguito, oltre a continuare assiduamente la sua attività di scultore e pittore, affrontò il mondo della produzione orafa, presentando una propria vetrina di gioielli in argento ed acciaio in occasione della mostra internazionale dell’Orafo. E’ del 1932 la sua elaborazione – sotto gli influssi futuristi – del Manifesto per la trasformazione dell’abito maschile, alla cui stesura partecipò anche il fratello. Sul finire della guerra Thayaht avvertì l’esigenza di riscoprire il colore, per cui trovò ispirazione nel paradigma naturalistico di Gaugin a Tahiti. Nel 1945 iniziò una nuova fase del suo cammino di ricerca e sperimentazione, dettata dall’approfondimento degli studi di astronomia e, in particolare, di ufologia, tanto che nel 1954 egli fondò il Cirnos (Centro Indipendente Raccolta Notizie Osservazioni Spaziali) con sede a Marina di Pietrasanta (LU), dove la morte lo colse nel 1959.
A ben vedere, nella sua inventiva inesauribile, nella sua versatilità potente, nel suo gusto per le cose belle e concrete ci sono le radici più autentiche di quel mito chiamato Made in Italy, in cui dovremmo tornare a credere.