Distretti della moda ai raggi X
Una mappatura dei 12 distretti italiani del settore tessile-moda-persona (che rappresenta quasi la metà del nostro sistema distrettuale) è stata effettuata dal gruppo bancario Unicredit in collaborazione con la Federazione dei Distretti Italiani al fine di creare, attraverso un’analisi quali-quantitativa “sul campo”, i profili strategici delle singole realtà territoriali e di individuare per ciascuna le più consone ipotesi progettuali di sviluppo.
Oggetto dell’indagine sono state le 12 filiere di Prato (tessile-abbigliamento), Montappone e Massa Fermana (cappello), Fermo (calzatura), Belluno (occhiali), Santa Croce sull’Arno (pelle e cuoio), Biella (tessile-laniero), Valenza Po (gioielli), Montebelluna (sport system), Verona (moda), Vicenza (orafo-argentiero), Veneto (moda), Puglia (moda).
Sono emersi alcuni temi di particolare rilievo alla luce del difficile momento storico che l’economia italiana sta vivendo, a cominciare da quello della dimensione aziendale. E’ evidente che, in linea generale, la dimensione è un fattore strettamente legato alla capacità di generare performance reddituali e competitive: le imprese più grandi riescono a beneficiare della flessibilità produttiva ottenuta esternalizzando sulla rete di piccole aziende fornitrici buona parte della volatilità congiunturale e possono avvantaggiarsi dell’affermazione della marca, nonché del rapporto consolidato con il mercato finale. Le unità minori spesso si presentano sottocapitalizzate, con margini bassi, molto sensibili alle fasi critiche del ciclo economico, poco produttive e più vulnerabili nella struttura finanziaria. Talvolta, però, come si verifica nei distretti della concia di Santa Croce e dell’occhiale di Belluno, le imprese più piccole sono finanziariamente più solide di quelle grandi, ricorrendo di più ai mezzi propri e di meno al capitale di terzi. Comunque, in linea di massima, appare chiara la necessità per le aziende di puntare ad una maggiore massa critica dimensionale, obiettivo che può essere raggiunto anche per mezzo di rapporti stabili ed efficienti di cooperazione intra-distrettuale, tanto più che oggi il legislatore intende favorire la formalizzazione di tali modalità aggregative attraverso i cosiddetti “contratti di rete”.
Altro tema di particolare interesse è quello delle imprese leader di distretto, cioè di quelle realtà produttive che hanno saputo lanciare con successo i propri marchi sul mercato o semplicemente perché si sono distinte a livello territoriale in virtù della loro crescita dimensionale. Esse giocano un ruolo fondamentale nella creazione dell’economia del distretto dando vita a reti di collaborazione formali ed informali, sovente trainando un’intera filiera e tutto l’indotto locale. E’ il caso di protagonisti del tessile-abbigliamento come Zegna e Loro Piana a Biella, la cui cooperazione con i partner del distretto è alla base del raggiungimento di notevoli eccellenze qualitative di prodotto, rese possibili da un costante processo di ricerca stilistica e di innovazione dei materiali. In altri contesti invece, come a Belluno (occhiali) e Montebelluna (sport system), i leader hanno progressivamente allentato i rapporti con le reti del territorio preferendo ri-localizzare buona parte delle loro attività all’estero, fenomeno a cui è conseguita una fase di deindustrializzazione che ha impoverito il tessuto produttivo delle rispettive zone. Lo studio di Unicredit-Federdistretti ha voluto sottolineare con enfasi come sia importante la collaborazione a tutti i livelli, anche tra imprese concorrenti sui medesimi mercati, con l’obiettivo di razionalizzare su una scala più ampia determinati costi senza perdere i vantaggi competitivi di ciascuno. Valga il buon esempio di Santa Croce sull’Arno (concia di pellami), dove è stato costituito un efficiente polo logistico intermodale in una sana logica consortile. Inoltre, laddove esistano enti di distretto (associazioni imprenditoriali e pubblica amministrazione) in grado, oltre che di rappresentare l’aggregato territoriale nei confronti dell’esterno, anche di esprimere una vera capacità di orientamento strategico e progettuale nella realizzazione di azioni comuni (si veda ancora il virtuoso modello di Santa Croce), è possibile addivenire a risultanti eclatanti in termini di strategie condivise e seguite dalla maggioranza degli imprenditori locali. Va da sé quanto importante sia per un distretto la governance come catalizzatore di efficienza e fattore anti-individualismo, di cui ci offre un raro paradigma Verona-Moda con il suo Consorzio ad hoc che, voluto da privati imprenditori, opera in modo pragmatico delineando orientamenti strategici e progettualità operative a favore delle aziende aderenti.
La ricerca ha altre sì rimarcato l’importanza del tema dell’innovazione tecnica e stilistica, a proposito della quale è emerso che non necessariamente l’avanguardia è guidata dalle imprese leader, sebbene siano queste ad investire di più. Lo dimostra il caso di Biella, dove sono le più piccole e flessibili aziende ad attivare la ricerca da proporre alle maggiori; mentre a Santa Croce l’innovazione scaturisce dalla collaborazione tra le imprese del territorio e gli uffici stile delle imprese clienti, con cui vengono delineati i nuovi trend di moda.
Per altri aspetti è apparsa più critica la scarsa disponibilità delle piccole e medie imprese ad aderire a processi di riposizionamento strategico che interessano il distretto nel suo complesso. In altri termini, spesso il piccolo imprenditore sembra non rendersi conto che i propri modelli tradizionali non sono più adeguati ai nuovi scenari commerciali. Tra i più lungimiranti in tal senso vi sono gli operatori dei distretti di Fermo (calzature) e Santa Croce (concia), consapevoli di essere parte di un organismo più ampio, articolato e forte di quanto possano essere le singole unità.
La transizione da una cultura locale ad una internazionale passa per la comprensione dell’esigenza da parte delle imprese di aprirsi a nuovi mercati e nuove modalità di produzione, anche se è fondamentale che esse si mantengano radicate al proprio territorio. I distretti che risultano più internazionalizzati sono Belluno e Fermo, con quote di export pari all’80% del fatturato, ma anche Biella, Vicenza e Valenza Po registrano quote significative (tra il 40 e il 60%), con proprie aziende leader che già da tempo hanno varcato i confini per imporre i loro brand nel mondo. Comunque, in questi distretti resta una larga parte di imprese minori, a carattere artigiano, tuttora incapaci di fare il salto di qualità verso una dimensione ed una cultura di respiro internazionale. Per favorire l’accesso ai mercati esteri particolarmente utili e necessarie, ma non sufficienti, alle PMI sono le attività di supporto svolte dalle associazioni e dagli enti distrettuali, ma per creare le condizioni idonee all’apertura della strada dell’internazionalizzazione occorrono ben altre condizioni “mentali” e materiali, come s’è visto.
In conclusione, possiamo solo affermare che in un mondo governato da logiche sempre più globali, le nostre imprese dei distretti della moda hanno dinanzi a sé innumerevoli sfide, opportunità e minacce, per cui il loro successo o fallimento dipenderanno in modo crescente dall’intelligenza che esse useranno nel prendere la direzione di marcia. Comunque, una cosa è certa: per tutti sarà più facile procedere uniti che in ordine sparso. I distretti, in fondo, ci sono per questo.
Di seguito il link per scaricare la pubblicazione I distretti della Moda
https://www.unicredit.it/library/it/gruppo/docs/vol_distretti.pdf