Sotto il vestito, Milano
Che la moda e il design siano un volano straordinario per l’immagine di Milano non è una novità . Ma una seria indagine sul “da farsi” perché eventi come le Settimane della Moda e il Salone del Mobile generino il mito forse non era ancora stata condotta.
Ci hanno pensato due docenti della SDA Bocconi esperte di strategia – Erica Corbellini e Francesca Romana Rinaldi e insieme ad Alessandra Rota, manager di un’azienda del lusso made in Italy, che insieme hanno intervistato un campione di 232 studenti universitari di tutto il mondo momentaneamente residenti nel capoluogo lombardo per morivi di studio, chiedendo loro se l’immagine comunicata dalla città combacia con l’esperienza da essi vissuta.
Dalla ricerca i cui risultati sono confluiti nella pubblicazione Il brand Milano attraverso la moda e il design, Economia & Management, N1 2011 – è venuta la conferma che moda e design sono effettivamente strumenti di promozione del brand Milano, sui quali si fonda il suo vantaggio competitivo; ma questo vantaggio deve essere ulteriormente consolidato se si vuole che l’immagine positiva si traduca in autentica reputazione.
Pertanto, occorre investire di più nella creazione di un’esperienza complessiva di fruizione della metropoli, con l’obiettivo di conseguire benefici concreti. Da un lato, infatti, abbiamo l’attrattività esercitata su giornalisti, buyer e opinion leader dei cinque continenti, dall’altro una bassa capacità innovativa dimostrata dalla città nella sua interezza, che offre poche iniziative glam di massa, orari dello shopping scarsamente flessibili, modesta diversificazione nei posizionamenti delle aree dello shopping, limitata professionalità del personale di vendita.
Secondo gli studenti interpellati, le istituzioni pubbliche milanesi dovrebbero collaborare maggiormente con le aziende per migliorare la percezione della città , proprio nel senso di rafforzarne e valorizzarne i servizi, quindi aprendo i negozi oltre gli orari canonici, formando meglio i commessi (quanti sanno bene almeno l’inglese?), differenziando nelle collocazioni le zone degli acquisti, rendendo gli eventi della moda e del design più accessibili soprattutto ai giovani, assicurando uno spazio più ampio agli stilisti emergenti ed ai marchi locali (con un prezzo adeguato, decisamente meno esclusivo rispetto ai grandi fashion brand).
Santo Versace, in veste di Presidente di Altagamma, ha puntualmente osservato poco tempo fa: “Il rischio, che il sistema milanese ha finora affrontato a mio avviso senza il necessario rigore, è quello di adagiarsi sugli allori, di riproporsi senza analizzarsi, di convincersi dell’ineluttabilità del successo”.
Alla luce di tutto ciò, appare chiaro che la direzione in cui muoversi per affermare l’immagine di una Milano non più solo Coda di manzo, ma “da vivere” integralmente, cioè fondata in modo solido su un tangibile prestigio di “Capitale della moda e del design, E’ quella di costruire però e con la città medesima (ed i suoi fruitori) una esperienza di vita totale volta alla progettualità ed alla condivisione.
Come ha scritto Francesca Romana Rinaldi, co-autrice dello studio in esame, aumentando il coinvolgimento della comunità locale, nazionale e internazionale degli appassionati di moda e design si può favorire un circolo virtuoso che, attraverso la partecipazione e l’innesto di nuove idee, generi sviluppo economico producendo flussi turistici più stabili e consapevoli rispetto a quelli tradizionali del mordi e fuggi per lo shopping o della corsa di stampa e compratori”.
Ancora a lei la parola per un’efficace conclusione: “Ai giovani l’associazione tra moda e design e Milano piace: ora la sfida è renderli protagonisti e non più solo spettatori”.