La tranquilla classicità di Scervino
Una collezione godibile, bella da vedere, ben fatta, accurata, indossabile da un uomo giovane ma impegnato, che vuole essere chic in ogni occasione. Ermanno Scervino riafferma la tendenza ad un abbigliamento ricercato ma severo, ammirevole per la qualità e il dettaglio, senza fronzoli, che lascia l’impressione di eleganza.
La crisi economica sembra marcare le tendenze della stagione per la moda. Bandite le frivolezze, le eccentricità, i colori sgargianti e tutto ciò che potrebbe richiamare l’attenzione si sente il bisogno di offrire un prodotto adatto ai tempi che permetta anche di dare di sé una immagine ugualmente appropriata ai tempi.
Quale? Serietà, affidabilità, competenza sono i valori di sempre, che l’uomo è chiamato a sviluppare nelle circostanze attuali: e cosa c’è di meglio che ricorrere ad un abbigliamento adeguato, quello che definiremmo classico? E viene spontaneo domandarsi cosa è classico. Italo Calvino ci offre molte definizioni, ma ne utilizziamo due simili più universali e quindi riferibili a campi ed oggetti molto svariati: classico è “ ciò che persiste come rumore di fondo anche là dove l’attualità più incompatibile fa da padrona”; in altra sede dice “è classico ciò che tende a relegare l’attualità al rango di rumore di fondo, ma nello stesso tempo di questo rumore di fondo non può fare a meno”. E’ classica l’opera d’arte che è capace di parlare all’uomo di ogni tempo, perché è in grado di rispondere agli interrogativi del tempo presente; appartiene al passato, ma è attuale. Cosa potrebbe significare questa espressione applicata all’abbigliamento? Classico è ciò che persiste, quel capo che permane attuale nel fluire delle mode, che si può indossare in molte occasioni sentendosi adeguati al tempo e al luogo, diremmo sentendosi “a posto”. E’ quel capo che non può essere reinventato o migliorato perché è bello così come è.
Cosa c’è di tutto questo nella collezione Scervino, che a prima vista può non aver entusiasmato perché molto sobria a partire dai colori: grigi melange e antracite, verdi militari, nuances del marrone bruciato, blue e nero. Bisogna guardarla con altri occhi, con la razionalità di chi esamina il capo e scopre quei particolari che lo attualizzano.
Esaminiamo ad esempio la maglieria. Le maglie sono lavorate ai ferri ma sembrano giacche, mescolano i disegni argyle con le righe; hanno il collo alto e sono lavorati a punto pelliccia; accompagnano i capi sartoriali, scombinando in questo modo regole di stile consolidate.
I quadri del principe di galles, pied de poule di varia grandezza si mescolano tra loro, su sciarpe, giacche e cappotti, anche qui scopriamo che lo stilista ha saputo tralasciare, in nome di una modernità più ardita, una duratura regola –quella di non mescolare disegni diversi- senza venir meno alla classicità dei pezzi.
Le linee affusolate,il pantalone bianco in un guardaroba invernale, le giacche smoking con plastron e revers in velluto e raso; i parka in cotone usurato doppiati in pelliccia lavorata ad intarsi disegno argyle; la lana cotta stretch delle giacche e cappotti; la lavorazione a taglio vivo e le cuciture a contrasto magari con insinuazioni di rosso e di giallo; i trattamenti che danno effetto usurato, sono tutti elementi moderni che arricchiscono i capi più tradizionali.
Nessun colpo di scena, l’attenzione posta invece sulla qualità.