“I Signori dello stile”
Carlo Pambianco ha messo per iscritto, con la collaborazione di Luca Testoni in un volume per caratteri Sperling & Kupfer, la storia e il possibile futuro della moda italiana. La crescita del Made in Italy si dipana come un racconto e assistiamo ai primi passi della moda italiana fino al momento attuale segnato dalla crisi economico- finanziario che stiamo vivendo.
A chi può essere utile questo testo? A chiunque voglia farsi un quadro “storico” complessivo del sistema della moda italiana. Ma anche e soprattutto a chi oggi, all’interno del sistema, sia alla ricerca delle strategie necessarie per far fronte alle difficoltà che i tempi attuali pongono. Le soluzioni proposte sono frutto dell’esperienza e delle analisi che Pambianco è in grado di elaborare dalla “cattedra” pratica della sua società.
“La moda in trent’anni è diventata un fenomeno sociale di massa. E l’obiettivo della rivoluzione è diventato il mondo”. La frase condensa bene la prospettiva di esame del fenomeno del Made in Italy, della sua rivoluzione e successo condotto da Carlo Pambianco, e messo per iscritto con la collaborazione di Luca Testoni, in un volume per caratteri Sperling & Kupfer dal titolo “I signore dello stile”. Ma la domanda che segue questa affermazione e dopo la descrizione delle potenzialità del sistema, è tanto più importante ora -dicembre 2008- che non al momento dell’uscita in libreria del testo -ottobre 2008. Ogni giorno che passa è una conferma o una smentita delle ipotesi di come proseguono i consumi nello scenario internazionale e quindi di come “tiene” il marchio Made in Italy sui mercati globali. “Si tratta di comprendere se, e come, la forza propulsiva del sistema descritto possa mantenersi nell’attuale scenario congiunturale e soprattutto nello scenario del prossimo futuro…” (pag 179).
Esso è estremamente discorsivo, semplice, chiaro, come se Carlo Pambianco stesse raccontando, da una poltrona accanto al camino e ai suoi nipoti, i suoi ricordi dagli esordi della moda italiana, fino ad un futuro prossimo. “Tra vent’anni” titola il paragrafo delle conclusioni.
Ma andiamo al testo.
Ma non bisogna lasciarsi ingannare dalla semplicità di espressione. Carlo Pambianco è un esperto, conosce a fondo i sussulti, gli assestamenti, i fasti e i declini e i più piccoli scivolamenti del Sistema Moda Italia nel suo complesso, ma anche di ogni suo singolo componente. Conosce il valore di ogni azienda. E’ capace di stilare la classifica, dopo averne esaminati i bilanci, dei 100 top gruppi mondiali della moda e del lusso. Ma è anche in grado di studiare l’andamento economico, finanziario, patrimoniale, e stabilire i top dei settori della moda e del lusso per fatturato, crescita, utile netto e EBIDA. Ma a parte questo conosce veramente tutte le pieghe del sistema e quindi di azzardare previsioni e di indicare percorsi futuri che non riguardano solamente gli andamenti economico-finanziari.
Come lui stesso afferma- ha iniziato la sua avventura nella moda nel 1965 quando è assunto alla Chatillon (azienda produttrice di fibre) di Milano, con passaggi alla Filatura Grgnasco, al GFT i Torino, per appordare felicemente al gruppo Zegna dove rimane 7 anni. E’ nel 1977 quando nasce la Pambianco Strategie di Impresa, società di consulenza che assiste gli imprenditori della moda e del lusso nelle loro strategie di sviluppo, ma studia e approfondisce anche le strategia del Sistema Moda nel suo complesso. Quanto sopra è detto solo per sottolineare la competenza dell’autore.
Ritorniamo al testo. E è poi arricchito di elementi didattici, paragrafi tra riquadri grigi che spiegano, specificano ed approfondiscono un punto del discorso, o presentano un personaggio. Il tutto a vantaggio di chi non ha conoscenze di carattere economico-finanziario o possedendo queste non conosce a fondo il sistema moda. Per i non addetti spiegazioni dei termini come wholesale, private equity, EBTDA, o anche semplicemente una giustificazione del perché i ricarichi dei negozi sono così elevati; ma anche la storia di Marchi e personaggi come Del Vecchio, patron di Luxottica.
I paragrafi sono brevi con titoli che sintetizzano il contenuto e permettono – come nei libri di studio – un rilettura rapida per memorizzare l’argomento.
La crescita del Made in Italy si dipana come un racconto storico e assistiamo ai primi passi della moda italiana; al sorpasso di Milano su Firenze e su Roma. Ci moviamo dalla comparsa dei consulenti di stile, agli stilisti di fama; fino ai primi sintomi di scontro tra stilisti ed industrie. Dalle prime conquiste dei mercati esteri al trionfo delle licenze e poi al ritiro delle licenze con i grandi marchi che si dotano di sistemi produttivi diretti. E poi il boom delle licenze negli occhiali e profumi; i casi particolari degli orologi, e dei gioielli. Vediamo nascere le seconde e terze linee per permettere a tutti di essere rigorosamente griffati, e assistiamo al lievitare della febbre delle brand extension che si assesta oggi oltre al moda: la casa, gli alberghi, glia aerei, gli yacht e poi il food, in particolare i vini.
Se le licenze diminuiscono crescono invece tra il 1998-2001 le acquisizioni di marchi e aziende e assistiamo agli scontri in terreno italiano dei due colossi francesi LVMH e PPR.
Nella parte “storica” dell’analisi di Carlo Pambianco sembra aleggiare continuamente una domanda: il Made in Italy è una bolla destinata a scoppiare? Di fatto la bolla sembra scoppiare con l’11 settembre 2006. L’attacco alle Torri Gemelle è definito “l’ago con cui fu fatta scoppiare la bolla” (pag. 106). L’autore segnala ed individua ed esamina sei fattori della crisi (pag. 108) che si abbatte sul Made in Italy ed esemplifica le sue ipotesi con lo studio alcuni casi di aziende e holding scomparse nella bufera; di aziende sfiorate dalla crisi; e aziende che sono state in grado di cavalcare la crisi con un coraggioso riassetto economico finanziario.
Terminata la parte storica ecco lo sguardo posto verso il futuro.
Nella situazione che il comparto moda è chiamata ad affrontare si pongono domande a cui è necessario rispondere. Domande del tipo: sarà possibile affrontare l’attacco dei prodotti a basso prezzo, provenienti non solo dalla Cina, ma anche da altre zone di produzione, Europa e Usa favorite dal deprezzamento del dollaro? Ma anche. Il sistema moda Italia che sperimenta una svolta nella posizione degli stilisti di fronte al sistema industriale, e che si è sviluppato per la forza dei “Signori dello stile”, può permettersi la scomparsa degli stilisti?
A monte di ciò, “Il marchio Made in Italy ha un valore reale? E’ una forza reale o un falso mito? (pag. 199). Innanzi tutto bisognerebbe arrivare ad una definizione del marchio “Made in Italy”. Ma ciò, e guardando alle esperienze di altri Paesi, la Francia in particolare, è necessario? Evidentemente no.
Nelle indicazioni che il testo dà nella sua fase conclusiva, il percorso è altro che la soluzione del dilemma sul marchio “Made in Italy”.
Si tratta invece di puntare su due fattori chiave: competitività e innovazione. Il prodotto deve tornare ad essere al centro dell’attenzione e l’innovazione del prodotto potrà essere la carta vincente se accompagnata da una produzione di qualità alta, magari differenziata per quanto riguarda la localizzazione. Ma anche la creatività deve avere una interpretazione nuova, non legata ad un singolo stilista, ma ad un team di cerativi, che dovranno, ideare continuamente. Ma andranno anche tenuti in conto altri fattori di competitività: distribuzione; gestione dei punti vendita continuamente riqualificati; comunicazione più mirata sul target di riferimento, ecc.
Chiudiamo questa breve illustrazione del testo ponendo la domanda che sta all’inizio della prefazione del Presidente della Camera della Moda Cav. Mario Borselli. “c’era bisogno di un nuovo libra sulla moda?” A chi può essere utile? A chiunque al di fuori e all’esterno dell’ambito moda, voglia farsi un quadro “storico” complessivo del sistema della moda italiana. Ma anche e soprattutto a chi oggi, all’interno del sistema, sia alla ricerca delle strategie necessarie per far fronte alle difficoltà che i tempi attuali pongono. Le soluzioni proposte sono frutto dell’esperienza e delle analisi che Pambianco è in grado di elaborare dalla “cattedra” pratica della sua società