Argento caldo in tavola
Nel mondo dell’antiquariato l’argenteria ha sempre occupato un posto speciale, conoscendo rari momenti di crisi. Tra gli oggetti antichi si celano molte notizie della storia, della società, dei costumi di un’epoca, che si lasciano leggere dai nostri occhi se siamo abbastanza curiosi e attenti.
Sfogliando certi patinati cataloghi vi troviamo, ad esempio, un articolo da tavola oggi totalmente desueto e dimenticato come il cow creamer, che era un piccolo contenitore per la panna a forma di mucca (!) per le mense più raffinate. Pare che i primi modelli di cow creamer siano stati ideati in Olanda nella seconda metà del XVII secolo e che poi si siano diffusi in altri Paesi europei, a cominciare dall’Inghilterra. In questa mucca d’argento, vuota internamente, la panna veniva introdotta da un’apertura sul dorso, richiudibile con un coperchio incernierato. Per versare occorreva afferrare l’animale per la coda (foggiata ad anello), mentre la panna fuoriusciva dalla bocca. Per la panna e per il latte esistevano, comunque, anche altri recipienti quali il cream boat (a forma di barchetta) e il cream pail (a forma di secchiello). Vi furono poi molte altre stoviglie d’argento foggiate a mo’ di animali, che incontrarono notevole successo, come le zuppiere a forma di gallina (con il pomolo del coperchio riproducente un pulcino) o le saliere, zuccheriere, porta dolci, centrotavola, ecc., tutti fatti a conchiglia.
Nel Settecento l’argenteria da tavola era in auge, soprattutto in Inghilterra, non solo nelle case dei nobili e dei ceti benestanti, ma anche in quelle della borghesia cittadina. Impiegata a scopo prevalentemente ornamentale, raggiungeva vette di eccellenza in particolare nei vassoi massicci e poi in tazze, coppe, bricchi e brocche. Allora, nel Paese d’Albione era già diffusa da qualche decennio la tecnica di lavorazione dell’argento cut-card, basata su motivi decorativi ritagliati a giorno da una sottile lamina che veniva poi applicata sul corpo dell’oggetto. Divennero poi di moda temi caratteristici come le teste di leone che tenevano in bocca gli anelli fungenti da manici.
In Francia, d’altro canto, l’argenteria ebbe un periodo di grande fulgore negli anni napoleonici, quando sommi artisti come Odiot, Biennais e Auguste dettavano legge nell’intera Europa, imponendo lo stile Impero. Col tramonto dell’epopea bonapartista, furono gli Inglesi a riconquistare il primato, elaborando un loro stile denominato Regency, in riferimento agli anni della reggenza del principe di Galles per il sovrano Giorgio III. Vennero ricalcate vecchie tendenze, dal gotico al rococò, senza dimenticare il grandioso neoclassico, stile quest’ultimo per cui era specialmente rinomato Paul Storr.
L’influenza degli argentieri d’Oltremanica si fece sentire anche in alcuni centri di produzione italiani, soprattutto a Genova e in Sicilia (dove avevano sede rappresentanze commerciali di Sua Maestà).
Nell’Ottocento, poi, il mercato dell’argento venne letteralmente rivoluzionato dall’invenzione del procedimento della galvanostegia ad opera di Richard Elkington, industriale metallurgico di Birmingham, il quale scoprì che era possibile ricoprire d’argento il vasellame metallico mediante l’elettroplaccatura. Gli oggetti argentati in questo modo, costando molto meno di quelli in argento massiccio, diedero un impulso straordinario alle vendite ed all’attività degli artigiani.
Al giorno d’oggi l’argenteria da tavola è sempre richiesta ed i creatori hanno facoltà di esprimersi secondo temi modernissimi o mediante richiami al passato, come conferma il ritorno di moda dei cosiddetti “oggetti focali”, ossia elementi decorativi destinati a “scaldare” la tavola, soprattutto in inverno. In proposito, le suggestioni sono innumerevoli: si va dal vassoio scalda-vivande alimentato a torcetti di cera alla campana copri-piatto, dai fornellini ad alcool per la “bagnacauda” al vassoio a doppio fornello per servire la raclette, dal wok (la pentola cinese per la cottura a vapore) al portalampada conviviale. Sempre nel campo dei piccoli “fuochi” da tovaglia si propone oggi come curiosità del passato perfino la copia del cuoci-uova alla coque oppure un alberello bonsai d’argento porta-frutta secca.
Un discorso a parte merita il revival della cioccolatiera argentata per il cosiddetto cioccolato fruttato (vale a dire cioccolato fuso in cui vengono intinti con apposite forchettine dei pezzetti di frutta da parte dei commensali), invenzione risalente niente meno che a Brillat Savarin nella Parigi del primo Ottocento, allora chiamata “il cioccolato della notte contenta” (perchè conciliava una buona digestione e sogni felici).
Tra le ultime novità in argento suggerite dall’arte della tavola ricordiamo i “simil-peltri” da antico desco – brocche, anfore, saliere, boccali, coppe, piatti, vassoi, candelabri – ricostruiti su copie del passato. E come non citare, infine, gli eleganti porta potpourri che nel Settecento fecero la fortuna delle “Orangeries” di tutta Europa?
Insomma, come era solito raccomandare alla sua governante il dottor Veron, celebre anfitrione parigino: “Ricordalo sempre, Sophie, da Ognissanti a Pasqua, quando apparecchi, quello che metti sulla tovaglia prima di tutto deve scaldare il cuore”.
E cosa c’è di meglio dell’argento per accendere un interno?