Forum di voci sulla Moda eco-sostenibile
Può la moda essere sostenibile?
La domanda è stata posta in 4 tavoli di relatori nel forum “La moda può davvero essere sostenibile? La moda sostenibile tra tecnologia e creatività ”. Un’iniziativa di informazione e cultura organizzata da AGIIS (Associazione Giuristi italo-ispanici) e dallo Studio Legale e Tributario Capecchi – Piacentini & Valero di Milano, che ha avuto il merito di riunire specialisti del settore fortemente impegnati sul tema della sostenibilità. I lavori sono stati condotti con intelligenza da Fiammetta Capecchi che ha saputo cogliere il messaggio che tutti relatori hanno voluto lasciare e che si può sintetizzare in due parole responsabilità e rispetto per quanto riguarda l’impresa e consum-attore una parola coniata al momento per indicare la nuova consapevolezza del consumatore di fronte all’acquisto.
I primi relatori hanno saputo mettere le basi teoriche del concetto di sostenibilità molto spesso sottoposto ad equivoci. La sostenibilità hanno affermato Laura Gherardi, docente di Sociologia della Tecnica e dell’Innovazione – Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, e Francesca Romana Rinaldi, docente del MAFED – SDA Bocconi, deve segnare un nuovo modello di impresa: non è più la responsabilità di impresa che sconfina nella filantropia, oggi la sostenibilità deve entrare nel business di impresa, può diventare essa stessa business e fonte di ricerca e di innovazione. “In base alle vecchie regole –ha aggiunto Laura Gherardi-, un’impresa non nociva per l’ambiente era già meritevole, oggi questo non basta: la responsabilità diventa business e fa della permeabilità, dell’apertura e dell’interazione con altre realtà altrettante leve strategiche”. In questa ottica anche l’informazione deve cambiare perché anche il consumatore è cambiato: è selettivo ed anche lui interessato agli elementi che riguardano l’impatto ambientale. “Se il XX secolo ha consacrato il modello dell’iper-consumo -ha detto Francesca Romana Rinaldi– il XXI si riconosce in un ‘consumo iper-collaborativo’, con la regola delle tre ‘p’ (people, product, planet). Tutto ciò si sta facendo strada anche tra le griffe: basti pensare al progetto ‘made in the world’ di Prada, che non sfrutta le expertise del cosiddetto terzo mondo, ma le valorizza”.
La moda insomma deve reinventare le sue logiche in chiave sostenibile. Una prospettiva non solo possibile, ma necessaria -sostiene il sociologo Francesco Morace di Future Concept Lab- “Non siamo più in un’epoca di cambiamenti ma nel cambiamento di un’epoca. Un po’ come nel 1800, quando l’igiene diventò paradigma imprescindibile della società, dell’industria e dei comportamenti; il nuovo paradigma di oggi, anche nella moda, è la sostenibilità che è anche sensibilità. E’ uno stile di pensiero. Essere e agire secondo i parametri della sostenibilità diventa condizione imprescindibile per continuare a rimanere, in un’ottica di medio-lungo termine, dentro ai mercati.” Bisogna inoltre andare a ciò che è fondamento; crucial and sustainable, unique e universal sono per Morace 2 dei “paradigmi del futuro”. Accanto quindi alla sostenibilità e alla riscoperta del valore del patrimonio economico, ambientale, sociale e culturale locale si tratta di superare l’antinomia tra globale e locale verso un concetto di locale capace di produrre un carattere talmente intenso da trasformarsi in un riferimento globale. Prospettive “facili” per il Made in Italy -ha fatto notare- perché è nella sensibilità italiana la responsabilità sociale, ed è nella struttura industriale dell’Italia -l’ Italia dei distretti- la sua più autentica forma di competitività sul mercato globale, perché il modello dei distretti è anche un modello produttivo da esportare.
La seconda tavola di relatori ha avuto come tema “Tecnologia e ricerca: alleate dell’ecologia”. Composta da Silvio Faragò, Divisione Stazione Sperimentale della Seta di Innovhub – Azienda Speciale per l’Innovazione della CCIAA Milano, Dario de Judicibus, Fashion Industry Leader in IBM Italia che hanno esposto le ampie possibilità di ricerche nel tessile e l’applicazione dell’informatica per raccogliere dati sulla soddisfazione dei clienti, attraverso ad esempio il “manichino intelligente”. Stefano Cochis, Business Unit Director di Filature Miroglio ha illustrato in particolare la gamma dei tessuti Newlife, ricavati al 100% da bottiglie riciclate. Per dar vita a questo prodotto “Abbiamo attivato una filiera locale in provincia di Cuneo – ha aggiunto – ed entro il 2015 vogliamo far sì che Newlife diventi il pilastro della nostra produzione di poliestere“. A sostegno del lavoro della storica azienda di Alba era possibile ammirare in sala un abito di Armani fatto proprio con questo materiale e indossato da Livia Giuggioli Firth (fondatrice dell’iniziativa Green Carpet Challenge) alla cerimonia dei Golden Globe. “Newlife è uno degli articoli in cui crediamo – ha commentato Giusy Bettoni, co-fondatrice del network internazionale C.L.A.S.S. (Creativity, Lifestyle And Sustainable Synergy) promotore di tessuti eco-sostenibili – e ce ne sono sempre di più, in grado di rendere il ‘bello e ben fatto’ anche sostenibile: ma tuttora sul tema c’è poca chiarezza“.
Conciliare bello e bene, etica e creatività è possibile: innovazione da un lato e dall’altro capacità di valorizzare le tradizioni e le esperienze già esistenti, spesso parte integrante del made in Italy. “La moda sostenibile è già una realtà. La stiamo facendo”. Lo ribadisce Livia Giuggioli Firth che con il progetto Green Carpet Challenge accoppia glamour e etica facendo indossare alle celebrities del cinema, in occasione dei più alti eventi “red carpet” al mondo, abiti sostenibili creati da firme come Giorgio Armani, Chanel, Alberta Ferretti, Tom Ford, Gucci, Yves Saint Laurent, Stella McCartney, Lanvin, Paul Smith, Valentino, Roger Vivier e Ermenegildo Zegna. “Personalmente ho indossato sul red carpet dei Golden Globes un bellissimo abito creato da Giorgio Armani con un tessuto ricavato da bottiglie riciclate (presente in sala e realizzato con tessuto Newlife n.d.r). A febbraio ai BAFTA a Londra portavo uno smoking creato da Paul Smith per il Green Carpet Challenge e agli Oscars un abito splendido realizzato da Valentino, sempre seguendo i nostri rigidi criteri” Alla domanda su come reagiscono gli stilisti di fronte alle sue proposte, ha detto: ” Per i designer avere a che fare con nuovi materiali come i tessuti ecologici, è come per un bambino trovarsi in un negozio di giocattoli e avere nuove, inaspettate possibilità creative. E a volte, insieme ai designer e ai produttori di moda, è stata una piacevole scoperta verificare che le filiere erano già sostenibili, mancava solo la consapevolezza”.
Ma un altro anello fondamentale, in una moda davvero sostenibile, è la distribuzione. Ne ha parlato Domenico Brisigotti, direttore del prodotto a marchio Coop Italia, illustrando il lancio negli ipermercati e supermercati Coop della linea di capi eco disegnata da Katharine Hamnet. “Con questo progetto siamo andati incontro ad una domanda reale. Questo è l’anno dove la profonda crisi c’è e si fa sentire, ma è anche l’anno dell’esplosione dei consumi biologici e dei comportamenti virtuosi. Il consumatore è più “povero”, ma più attento, consapevole ed evoluto.”. E’ questo il parere anche di Marina Massimino di Change up! che sottolinea la necessità di convincere -educare e informare- il settore di retail dell’opportunità di dare spazio a prodotti eco-sostenibili, uscendo da schemi pregressi per due ragioni, perché la moda sostenibile è fashion, e perché va crescendo la domanda di questi prodotti. Bisogna però riconoscere che gli addetti alla vendita di questi prodotti necessitano di una preparazione specifica perché sono prodotti che devono essere raccontati al cliente, al consum-attore che può così sentirsi protagonista di una storia, di tutto ciò che c’è dietro la produzione di un capo eco-sostemibile, come possono essere ad esempio i capi Cangiari. Ne ha parlato Vincenzo Linarello, Presidente di Cangiari, che ha raccontato l’esperienza della sua impresa, nata nel difficile territorio della Locride, con l’utilizzo di tessuti vegetali ricavati dalle coltivazioni locali di ginestre e attraverso il recupero di millenarie tecniche di tessitura grecaniche e bizantine.
Sulla questione riciclo e smaltimento dei rifiuti, di cruciale importanza nell’industria tessile, hanno discusso Edoardo Amerini, Presidente di Conau, e il responsabile marketing di Jetro: Japan External Trade Organization, Massimo Sella, con un focus sulle eco tecnologie giapponesi e sui tessuti naturali ricavati dalla carta.
A chiudere l’incontro, la testimonianza della presidentessa della Fondazione Rava, Mariavittoria Rava su i laboratori tessili ad Haiti, e la presentazione della prossima mostra fotografica a Palazzo Isimbardi di Stefano Guindani su Haiti.