Il nuovo bussa alla porta
Nell’incipit di un libro di Annamaria Testa -esperta di comunicazione- dal titolo, molto accattivante, “ La trama lucente”, leggiamo parole molto belle e veritiere a proposito del tema riguardante la creatività, argomento ricco di indagini e di studi continui.
Così da lei impariamo che…
“Spiegare la creatività è, prima ancora che impossibile, insensato, come descrivere un odore. Profumo di rose rosse. Di limone fresco. Di borotalco. Di bosco dopo la pioggia. Facile da riconoscere, impossibile da definire in modo soddisfacente con una stringa di parole…”
E in un’intervista rilasciata dichiara che, oltre a essere passione e talento, fatica e gioia, sacrificio e soddisfazione, è, secondo la definizione di un grande matematico, Henry Poincaré… “La capacità di unire elementi esistenti in composizioni nuove, con dei fini utili”.
Se riflettiamo bene su questa espressione di mente, notiamo che essa può essere riferita a molti aspetti di ciò che ci circonda. E, nel caso nostro, mutatis mutandis, ci piace applicarla anche all’oggetto cui noi ci rivolgiamo: la moda e ciò che ne deriva. La moda, che deve evidenziare l’essenza, la verità della persona; che deve far riemergere l’idea di dare nuovamente valore ad un prodotto che acquisti ancor più valore nel tempo a venire. E che possa essere apprezzato a lungo.
Ce n’è un gran bisogno in momenti come questi, contraddistinti da un principio basato sul mordi e fuggi, sulla liquidità delle cose, sull’usa e getta.
Ci pare dunque di notare che, per questo periodo luminoso che si sta aprendo e che fino a settembre ci accompagnerà con la sua luce chiara e assolata, sottolineando il nostro desiderio di freschezza e di libertà, gli stilisti si siano davvero impegnati con seria responsabilità, bandendo capricci e inutilità.
Capi positivi, rassicuranti.
Colori definiti, eloquenti.
Sostanza, consistenza, qualità.
Uno sguardo avanti ma con i piedi ben piantati nel presente e senza disdegnare le radici.
E la donna, con un’energia rinnovata e con un cipiglio sicuro, sarà consapevole di pescare dall’armadio qualcosa di ancor sicuramente attuale, pronto ad essere rinvigorito e svecchiato dalla vitalità deflagrante del nuovo.
Il divertimento più originale sarà proprio quello di giocare a conservare, trasformando.
Troppo facile entrare in un negozio, magari monomarca, e “farsi vestire” dalla testa ai piedi! Comodo, sicuramente, ma banale e assolutamente privo di personalità.
Parola d’ordine, invece, è “creatività”. Ognuna di noi , secondo il principio ricordato all’inizio, ce la può fare, ricordandosi che l’aspetto esteriore curato e ben presentato è veicolo della nostra formazione e del rispetto verso gli altri.
Venendo dunque al dunque, con un bel bisticcio di parole, che “pasticci” hanno preparato e “sfornato” le passerelle? Buone ricette, ci vien da dire, nel sentore di un corretto adorno esterno per il corpo che appaga e corrobora. Se la moda è cultura e la cultura nutre, è presto fatto…
Una cosa certo occorrerà fare. Scremare, ricercare l’essenziale, eliminare le cataste di richiami ingannevoli che ci vengono offerti da ogni parte.
Ci proviamo, eleggendo quello che a noi è davvero piaciuto.
Non esistendo dunque un unico trend trainante, bensì innumerevoli proposte, diciamo che…
… sarà una stagione all’insegna dei contrasti, a dimostrazione che spesso gli stilisti giocherellano a trovare suggestioni diverse e talora vagamente contraddittorie. Luci e ombre contrapposte, proprio come la vita.
Il bianco totale ad esempio. Il bianco e poi nulla. Il bianco tout court.
E quasi sempre ci piace proprio così, assoluto, senza altra aggiunta, se non anch’essa bianca. Per portarlo bene, occorre un pizzico di ironia e una buona dose di disinvoltura. Sarà bellissimo nei piccoli trench dal collo rotondo e dalla cintura più alta del solito o sottilissima; negli abiti di voile – lunghi o corti che siano – foderati con stoffe corpose, a supporto della trasparenza; nei tailleur androgini dagli ampi pantaloni, arricchiti da gilet ton sur ton. Nei bracciali identici nel colore ma diversi nelle forme e nei materiali: bachelite, lucite trasparente, avorio, plex… Tutto all’insegna del desiderio di apparire/sparire……come fantasmi.
Il tema degli anni ’20, se non esasperato, offrirà spunti intelligenti e romantici per rimodernare abiti minimali dimenticati in un’anta recondita dell’armadio. Piccole frange aggiunte con una passamaneria, bottoni gioiello, perline discrete, perle prepotenti, tagli a caschetto, una pudica Mary Jane o un birichino sandalo a listarelle ai piedi, e il gioco è fatto. A evocare lo svago e la scioltezza che nei primi del ‘900 aprivano nuovi orizzonti e annunciavano nuovi tempi… “ Les anneés folles de la France”, come viene ripetuto nel curioso e affascinante ultimo film di Woody Allen, dove i vari Hemingway, Dalì, e le varie Zelda e Stein ci hanno mostrato tutto il fascino e l’eleganza di quel periodo.
La frivolezza delle linee romantiche, fluide e ondeggianti, si specchierà con il rigore di quelle a trapezio, austere e rinunciatarie. Nelle gonne, nei vestiti, persino nei cappelli.
I colori pastello – con il rosa in primis, colore della ricettività, che toglie i pensieri e tiene lontane le tensioni, e l’azzurro , il verde acqua, il carne a seguire – caratterizzeranno bluse morbide e camicie in chiffon o dal tessuto scattante, maxi- abiti che sfiorano la caviglia, piccoli cardigan di cotone o di soffice cachemire a un filo, con bottoni a caramella o a pasticca.
Contrapposti ad essi, i colori molto forti, dai toni accesissimi, simili a gommose gelatine o ai quadratini del cubo di Rubick. Le grandi borse si vitaminizzeranno, grazie ad essi, e così i tubini smanicati, le ballerine rasoterra, i pantaloni al malleolo anni ’60, gli occhiali dalla montatura “plasticosa” anni ’80, le sciarpe effervescenti in garza di lino, gli orecchini tirati fuori dai vecchi cassetti di un antiquario. Un’esplosione vera di ottimismo, che accontenterebbe sicuramente il fantasioso Matisse che, in una delle sue uscite, pare abbia detto che “Il colore soprattutto, forse ancor più del disegno, è una liberazione”, o farebbe sorridere il trasgressivo Diderot che pare abbia affermato che “Quando si scrive delle donne, bisogna intingere la penna nell’arcobaleno e asciugare la pagina con la polvere delle ali delle farfalle”.
Discorrendo di sfumature, serve dire che saremo “svegliate” da tutte quelle degradanti dall’arancio al giallo, uno –quest’ultimo- dei protagonisti assoluti della primavera in corso e della prossima estate. Ancor più del primo. Voglia di rinascita , di lucentezza, di giocondità. Negli accessori, naturalmente, ma anche in qualche “pezzo forte” come uno spolverino di shantung grezzo giallo limone sopra una tuta intonata o una cerata giallo uovo lucida e antipioggia da mettere in valigia anche prima di partire in vacanza.
E poi le stampe, ora floreali, ora grafiche, ora etniche e tribali, ora gentilmente educate. Persino nei micro-piumini che ricordano il tessuto Chanel o nelle borse che richiamano le fantasie delle camicie hawaiane di quando si accendevano i falò sulla spiaggia e si cantava fino all’alba.
E le righe , con l’accesso consentito non solo ai soliti bianco/rosso/blu. E i bicolori.
E ancora il gusto “explorer” reso più femminile da dettagli come bracciali in pitone, piccole borse a mano in cocco, sahariane addolcite da profili in seta, in raso o in pizzo. La pelle morbidissima, sua fedele compagna. Nei giubbini, nei bermuda.
Il pizzo appunto, dai trafori più classici a quelli tagliati a laser, meravigliosi nei vaniglia, nei latte, nei crema, nei corda. Lo vedremo ovunque.
Cos’altro? Si potrebbe proseguire ad libitum.
Bellezza, armonia, ci vien da suggerire. Bando agli eccessi, largo alla sobrietà, che non vuol per forza dire pauperismo. Spesso sta ad indicare semplicemente la giusta misura. Ora bisognerebbe (lo si diceva tra amiche poco tempo fa) ripristinare la simbologia delle vecchie bilance, quelle che si vedevano in certe case di corti o in certi musei, quelle che necessitavano anche dei piccolissimi pesi -quelli di un grammo- per equilibrare i piatti. E l’occhio era subito consapevole e certo di quel che vedeva.
Aprire una rivista di moda oggi è questione di un attimo. Fare clic con il mouse è ancor più veloce. I suggerimenti sono infiniti. Quasi nauseanti. Frammenti per la memoria, dopo aver chiuso. E quel che dice uno, viene contraddetto dall’altro.
Chiudiamo tutto del tutto, allora. Affidiamoci al nostro gusto e alla nostra perspicacia. Al nostro “sentire”. Al nostro buon senso.
Proviamo a godere del suono della nostra voce che grida “basta” e che intona un’invocazione al vero stile. Il proprio, magari. Quello che ci siamo costruite con il tempo e nel quale continuiamo a identificarci. Che ci fa sentire “bene”, e belle.
Un’invocazione, un’ode che sicuramente non passerà mai di moda. Perché uscita da un sentimento che pretende coerenza e bontà di pensiero.