Un raduno all’insegna del bianco
Notte bianca, notte in bianco, mangiare in bianco, bianco-mangiare…….
Quante espressioni per descrivere situazioni diverse, ma che evocano analogie! Nulla di tutto ciò –o può darsi di sì!- l’altra sera a Milano, nell’incantata atmosfera dello spazio attiguo all’Arco della Pace.
“Cena bianca” o “Cena in bianco”, la definizione data dagli organizzatori a questo evento approdato per la prima volta nel capoluogo lombardo.
Un modo “per vivere la città e sentirsi in ogni luogo a casa propria”. Questo il motto di Ugo La Pietra cui si è ispirata Rossana Ciocca, gallerista milanese nonché attenta promotrice insieme ad altri di questo flash mob voluto e sentito in maniera davvero autentica.
Sporadiche notizie apparse su alcune testate e su vari social network, accrediti rigorosamente via e-mail, un avviso dato poche ore prima dell’appuntamento e, voilà, il “gioco” ha avuto inizio. Una “febbre” di entusiasmo e di voglia di esserci. Una carica di iniziative e di voglia di fare.
Ventiquattro anni fa a Parigi, il primo esperimento, seguendo il desiderio di un gruppo di amici stanchi forse di vedere cibi scialbi e poco appetibili agli occhi consumati frettolosamente per la strada da altrettanti frettolosi consumatori. Un rigetto del fast-food, insomma, e un inno al rito della convivialità. Banchetto, simposio, dimensione sacra, dimensione sociale…….di tutto un po’. Platone, citando Omero, ci ricorda che “Due che vanno insieme…l’uno provvede all’altro”.
Una cena garbata e vagamente snob, sofisticatissima e decisamente anomala, per godere all’aperto di luoghi storici e significativi. E per animarli con stile e con gusto.
Poche regole, ma ben precise.
Tutti i partecipanti vestiti di bianco, bianche le tovaglie e i tovaglioli, bianche le candele e i fiori, bianchi –preferibilmente- anche i cibi. Cesti di vimini immacolati per il trasporto da casa, naturalmente, o grandi borse nivee. Vetri o cristalli per i bicchieri, le brocche e le suppellettili. Ceramiche o porcellane per i piatti e le ciotole. “Vade retro!” a plastica, carta, lattine, birra e superalcolici. A profusione invece bollicine, acqua, vino leggero. Ognuno degli astanti, ovviamente, addetto alla propria “mise en place”, ma…..ognuno per tutti e tutti per ognuno. Un generoso gioco di squadra con un chiaro obiettivo: creare un colpo d’occhio magico e “tremendamente” gradevole, fruibile sia individualmente che all’unisono. “Mi sono fatto bello per andare bello da un bello”….ci sottolinea ancora Platone. Rispetto dunque, in primis. E non certo autoreferenziale.
Poco più di un centinaio, nel 1988, all’interno del Bois de Boulogne, gli aderenti. Poi, anno dopo anno, tra Versailles, la Place du Louvre, Notre Dame, e via via, sempre più numerosi gli amanti del “Diner en blanc”, fino ad arrivare a presenze elevatissime. Poi Berlino, Montreal, Chicago, NewYork, Barcellona, Sidney, Singapore. E l’Italia, con Piacenza, Torino, Milano……
Unico filo conduttore -che non tradisce mai e che attraversa tempi e luoghi- quello che tiene insieme Etica, Estetica, Educazione, Eleganza.
Ebbene, incuriositi da queste promesse “candidamente monocromatiche”, ci siamo affacciati “con animo e abbigliamento candido” alla serata; occorre dire che in realtà noi siamo “un filino” leucofili e “un tantino” fissati con questo colore/non colore da sempre sinonimo di luce, di armonia, di ordine. Come resistere dunque a un tale richiamo? Così a portata di mano? Così ricco di seduzione?….. “Il bianco ci colpisce come un grande silenzio che ci sembra assoluto”, ci trasmette spesso Kandinskij. E ci siamo subito imbattuti in qualcosa di simile, a dire il vero. Composte figure di uomini e di donne intente a sistemare al meglio le proprie “attrezzature”, rumori poco accentuati, movimenti tutt’altro che nevrotici. Una sorta di happening privilegiato, ovattato. Un impatto di bianco fatto di tanti bianchi diversi, ciascuno bello nella propria sfumatura. Facile associare la prima impressione alla parte di opere esclusivamente abbacinanti esposte in una mostra torinese –“Il bianco e altro e comunque arte”- di qualche anno fa. Omaggio ad artisti storici e viventi a significare la calamita intrinseca ad esso, sempre pronto a richiamare a sé, “….assenza visibile di colore” e, al contempo, “……fusione di tutti i colori”.
E abbiamo captato sguardi furtivi verso tavoli “abitati” da persone più mature nell’età –e magari per questo più avvezze a ciò- da parte di ragazze e ragazzi molto giovani bramosi di trovare spunti e idee da “copiare” in modo da sistemare perbene i propri angolini. Quasi una prova ludica per imparare ad allestire una vita schiusa ad accogliere “l’altro”, anche solo a partire dal cibo e dal modo di presentarlo. Grande, a volte sproporzionato, lo stupore espresso con sincerità -davanti a qualcosa che dovrebbe essere usuale ma che, purtroppo, non è cosi scontato- da chi forse non abituato a riconoscere una certa “normalità” nell’arte del ricevere, buona consuetudine a volte persa. Probabilmente perché troppo stretta fra i mille impegni che il tempo vorace –per stare in metafora- ingoia, e, di conseguenza, fa apparire quello “da dedicare” superfluo, a volte blasè. Ma tutto si impara, si coglie, si affina, piano piano. Un sacco di complimenti dunque per chi aveva creato bellezza nel posizionare un bouquet, o una lanterna. Una miriade di domande reciproche sul segreto degli ingredienti delle pietanze. E gli scambi delle stesse, i passaggi incrociati, a scoprire sapori nuovi…..abitudini nuove…..meraviglie nuove….
…..e poi, fantastiche gonne di seta fluida –o doppiata con del pizzo- color latte; abiti perfettamente intonati a cappelli dalle fogge più strane; originali collane e bizzarre cravatte che parevano essere state “intinte” nel gesso; palloncini a grappolo simili a opaline; casablanca profumatissimi e inebrianti contrapposti a timidi e discreti mughetti; meringhe soffici come piume e morbidi spiedini di Camembert……
Timore della pioggia, ad un certo punto della notte. Invece no. Anzi, una palla “bianchissima” nel cielo e un chiaro di luna piena degno dei più romantici cantori….. A pasto consumato, a luci quasi spente, sotto l’opera granitica così anelata da Napoleone, una pavimentazione lasciata sgombra da rifiuti e da rimasugli, come da copione. E da buon senso. Un’urgenza di purezza e di nitore, vien da dire. Un incontro tra desiderio e bisogno, vien da ribadire.
“Le notti bianche”, si intitola un breve romanzo di Dostoevskij (da cui il film omonimo di Luchino Visconti); parla proprio di un incontro “…fu creato forse allo scopo di rimanere vicino al tuo cuore, sia pure per un attimo?”. Un incontro che cambia la vita del protagonista e la rende più chiara, più accettabile. Non necessariamente migliore, ma sicuramente più consapevole. A volte può bastare, per capirla e amarla. Per apprezzarla e riscoprirla. Per viverla in modo diverso.
Ci è allora venuto spontaneo, dopo aver presenziato a questo rendez-vous corale e monotematico sotto le stelle, en plein air, a metà tra il retrò e lo scanzonato, inviare un messaggio a chi ha voluto tutto questo. E, per ringraziarla anche da qui, ora, lo ripetiamo parola per parola…….
“Carissima Rossana, ho visto tanti ragazzi/e e giovani adulti desiderosi di bellezza, in quel meraviglioso spazio milanese. Desiderosi di armonia. Lei ha dato loro la possibilità di creare etica attraverso un fatto estetico. Occorrerebbe perseguire sempre più questo obiettivo. Avere cura di, cura nel, cura per…..è l’esatto contrario dell’essere frivoli. È attenzione verso l’altro. Una lievità che nulla ha a che fare con la superficialità.
Grazie e alla prossima”.
Mi raccomando! Pronti a seguire la traccia bianca, per l’anno venturo, consci del fatto che sarà sicuramente un’altra piacevole ed edificante sorpresa.
Strehler che aveva vestito di bianco la sua “Prima” del Giardino dei ciliegi di Cechov aveva capito benissimo, genio qual era, la magia del colore che altro non è che insieme di colori.
Ricordo la giovane Guerritore che trascinava Anja, fresca donnina come boccioli di acerbe margherite, nel suo aderente vestito di mussola di cotone, bella come una sposa prima delle nozze.
Assaporo ancora il fruscio del candido muoversi su e giù per il proscenio e la devastante quanto mai romantica malinconia del dramma rappresentato.
Ebbene, dopo anni e anni, quali sono passati da quell’evento, ogni volta che mi vesto o vedo vestirsi di bianco, mi appare come per magia il leuco muoversi di quelle figurine. Dolci fantasmi della mia infanzia.
Simona sei bella, amica mia, in quell’abito neve-lieve; mi par di capire l’atmosfera di una serata gustata nel pacifico, tacito sentire di una luna consenziente.
Grazie Enrica, vedo che ci segui con molta attenzione e affetto.Le sintonie pregresse rimangono davvero per sempre. Simona