Gioielli dipinti
Dalla letteratura alla musica, dall’ arte alla scienza, non vi è branca dell’espressione umana che non si sia lasciata affascinare da pietre preziose e gioielli. Si pensi a quanti racconti delle “Mille e una notte” sono costellati da oro e gemme; si pensi pure alla nostra “Divina Commedia”, dove Dante cita con frequenza diamanti, rubini e zaffiri come termini di paragone per altre cose in fatto di bellezza; si pensi addirittura al celebre balletto “Jewels” del grande coreografo George Balanchine interamente dedicato alle pietre più splendide.
Ma è forse la pittura la forma artistica che più direttamente, colpendo il sensibile organo della vista, ci fa “toccare” il potere suggestivo dei gioielli e del processo creativo che li sottende.
Non potendo di fatto essere esaustivi, ci limitiamo allora a menzionare qualche dipinto (non necessariamente tra i più noti) raffigurante preziosi di squisita fattura e di alto simbolismo (nella fattispecie per lo più anelli): che ci dia anche conto di usi, costumi, atmosfere, cronache di un tempo lontano.
Si prenda, per cominciare, quel mirabile quadro di Lorenzo Lotto (datato 1523) che ci fa assistere al dono dell’anello di fidanzamento da parte di un giovane gentiluomo (di nome Marsilio) alla sua promessa. Va detto che la consuetudine di suggellare con un anello il legame nuziale prese piede solo nel 1400, ovviamente tra le classi più abbienti.
Ancora l’anello come pegno d’amore coniugale è protagonista dell’eccezionale “Sposalizio della Vergine” affrescato dal sommo Giotto (1305 circa) nella Cappella degli Scrovegni a Padova. Questo ci richiama un altro incantevole “Sposalizio della Vergine” opera di Raffaello (1504), in cui lo sposo prescelto Giuseppe tiene in una mano un anello e nell’altra una verga fiorita (segno del favore di Maria per lui, secondo una celebre leggenda).
In un delizioso dipinto di anonimo tedesco (Alto Reno) databile al 1470 si osservano due novelli sposi che portano entrambi sul capo dei cerchietti tempestati di gemme, antica usanza tornata in auge nel basso Medioevo.
Splendida è pure la “Santa Barbara” del Maestro del Santo Sangue di Bruges (1520) che rappresenta la nozze mistiche della santa con Gesù Cristo, di cui l’anello con diamante posto nella sinistra di lei fa da sigillo.
E’ di un realismo impressionante “Il mercante di diamanti”, che ritrae un uomo elegantemente vestito e con le dita della sinistra superbamente inanellate e risplendenti di rubini e diamanti (questi ultimi riprodotti in nero, poiché all’epoca non era ancora nota l’arte di sfaccettare le pietre).
Passiamo poi ad un curioso dipinto, “La bottega dell’orefice”, di Alessandro Fei, detto il Barbiere (seconda metà del 1500), che mette in primo piano un compito artefice con davanti a sé un vassoio pieno di anelli di varia foggia e composizione.
Restiamo senza parole davanti all’enorme diamante portato come pendente indosso a Maria Tudor, agghindata pure di diversi anelli, in un ritratto di Hans Eworth realizzato a metà del Cinquecento. Per inciso, ricordiamo che Maria, quando aveva solo 2 anni, fu costretta a mettere al dito un anello con diamante come segno dell’aberrante legame matrimoniale (poi comunque annullato) col Delfino di Francia.
Di una precisione meticolosa ci appare il dolcissimo ritratto che Hans Mielich fece nel1545 a Maria Kitscher von Oelkofen (moglie di Pankraz von Freyberg zu Aschau), finemente ingioiellata con monili, anelli, bracciali di rubini e diamanti.
Fa molta tenerezza, invece, il ritratto nuziale del principe Guglielmo d’Orange e della principessa Maria d’Inghilterra dipinto da Van Dyck nel 1641: i gioielli di lei decenne – collana di perle giganti, spilla a croce con diamanti sfaccettati, anello in oro – ben ne testimoniano il rango reale.
Tornando ad un pittore italiano, ricordiamo lo squisito “Busto di Caterina Zignoni”, realizzato da Carlo Ceresa (marito della dama ritratta) nella prima metà del Seicento. La donna vi appare riccamente adorna di perle: al collo, sul petto, tra i capelli, sulla veste, ai lobi delle orecchie. L’effetto è di grazia intensa, quasi sacrale. Da rilevare come nell’opera (custodita in una collezione privata lombarda) siano raffigurate, oltre a quelle bianche, anche perle nere, in genere poco presenti nella pittura antica.
Interessante è poi la tela di Agostino Masucci (1719) che riproduce le “Nozze del Pretendente” – inteso come Giacomo Start, aspirante al trono d’Inghilterra – con la nobile polacca Maria Clementina Sobieska, che indossa un antico e prezioso anello di diamanti (già portato da Maria I d’Este).
E veniamo al lieve spirito settecentesco di Jean-Honoré Frangonard che, nella maliziosa opera “L’altalena” (in cui un’ornata fanciulla sull’altalena, sospinta da un vescovo, lascia svolazzare le gonne e intravedere le gambe), esprime appieno la nuova morale dell’epoca ed il nuovo gusto nel disegno dei gioielli, più colorati e leggeri.
Da un ritratto anonimo della Regina Carlotta d’Inghilterra (seconda metà del Settecento) si comprende poi come questa gentildonna potesse passare alla storia col titolo di “regina di diamanti” (non si contavano i gioielli che le giunsero in dono di nozze, oltre che dal marito, dai principi indiani).
Anche la regina Vittoria d’Inghilterra, ritratta il giorno delle nozze da Franz Xavier Winterhalter (1840), ci appare sontuosamente agghindata di una stupefacente collana di diamanti turchi, in parure con due grandi orecchini, più una splendida spilla di zaffiri.
E chiudiamo con una delicata stampa che raffigura le otto damigelle d’onore facenti corona alla principessa Alessandra di Danimarca il giorno del suo matrimonio col Principe di Galles (1863): le eteree fanciulle sono colte in un momento in cui ammirano il proprio dono per la sposa, rappresentato da un prezioso braccialetto in cui le loro miniature sono identificate dalle rispettive iniziali in diamanti.
L’arte, quindi, ha sempre dato lustro ai gioielli, come i gioielli l’hanno dato all’arte, in uno scambio continuo di stimoli creativi, di aliti d’amore e di bellezza.