Dieci tendenze per me …
Dieci tendenze per me …
… posson bastare …
Per forza è così. Dopo aver visto sfilate a gogò, presentazioni “ad libitum”, manifestazioni a profusione, viene voglia di focalizzare l’attenzione e di affinare lo sguardo.
Nel “mare magnum” della moda – dove galleggia di tutto e in cui tutto deve trovare una collocazione trasversale senza inquinare la limpidezza di un contesto che ha comunque un ruolo importante da difendere e da portare avanti – occorre munirsi di bussola e di braccia decisamente robuste, a prova di onde improvvise e di incontri inopportuni.
È evidente a tutti gli “addetti ai lavori”, e anche ai non addetti, come ormai non esistano più dei trend precisi. Osservare le persone, ascoltarne i racconti, intuirne i desideri, captarne le trasformazioni, soddisfarne le esigenze, seguirne i sogni. Questo il compito degli stilisti, ora. Questo il loro lavoro.
Proviamo dunque a scoprire qualcosa di nuovo – o perlomeno di rinnovato – in mezzo al marasma di proposte da cui rischiamo di essere sommersi.
In cima a tutto metterei – perdonatemi l’audacia – una sensazione personale. Quella che mi ha portato a pensare che, quest’anno, l’autunno ha benevolmente prestato tutta la magnificenza dei suoi colori più caratteristici ad ogni pezzo d’abbigliamento, ad ogni accessorio. Un trionfo di nuances calde, fiammeggianti, vivaci. Un rimando ai paesaggi del New England, o ai vigneti delle nostre Langhe, o ai tramonti ottobrini di certi quadri del movimento Fauve………
“… sulle nostre colline, nei nostri parchi, le parate autunnali degli alberi sono straordinarie: in cambio delle torture che quotidianamente le infliggiamo, Lei, la Natura, continua con le sue gratuite sfilate di stagioni, con le sue ‘collezioni’ ininterrotte … e già siamo in attesa delle novità invernali color ghiaccio … torneranno finalmente di moda i ricami della neve sui vetri?”
Così scrive magnificamente Vivian Lamarque. Sì, è la risposta al suo interrogativo.
Risposta che introduce la seconda voce del “decalogo” scelto.
La parola “ricamo”, infatti, rimanda immediatamente a qualcosa di antico, di incisivo, di permanente. Ne vedremo moltissimi sulle maglie, sui colli dei cappotti, sui bordi delle mantelle. E ancora sulle piccole borsine, adatte a dare carattere ad un capo oltremodo austero o particolarmente militaresco. Persino sui tacchi delle scarpe e sulle sciarpe impalpabili ricche di bagliori e di luccichii. Con mano delicata e leggera, degna di un fine cesellatore rinascimentale munito di lente, ognuno ha cercato di impreziosire un abito, di valorizzare un tessuto. Importante – quasi obbligatoria – la sobrietà del disegno. In questo terreno cadere nel pacchiano è un attimo….
Il filone ispirato al Dandismo, quel “… vivere la vita come fosse un’opera d’arte”, quel richiamo allo spirito dannunziano sofisticato e un po’ anacronistico, sta al terzo posto dei nostri “preferiti”. Una donna vagamente androgina che gioca a passare da un genere all’altro, senza dimenticare però la sua vera identità. Una sorta di disobbedienza scherzosa a certe linee troppo sdolcinate o barocche. Quadretti e quadrotti su giacche dal piglio deciso munite sempre di fazzoletti da taschino così particolari che avrebbero sicuramente fatto “impazzire” persino Oscar Wilde, lui che tutto credeva di aver visto. Camicie dai colli inamidati, pseudo-cravatte “ingentilite” da disegni floreali, bretelle rubate dal cassetto maschile. Armadi confusi, scaffali del guardaroba scompaginati, del tipo “chi prima si alza, si veste”. La bellezza di una scarpa piatta stringata … la rivincita di un tacco alto che spunta dal risvolto di un calzone di flanella grigia gessata.
Per contrasto a ciò – e siamo al quarto punto -, ecco la rassicurante incitazione a seguire lo stile bon-ton. Sentieri della memoria, quelli da ripercorrere. Linee pulite, fogge collaudate. Tratti di eleganza oggettiva, quella che ha dato vita a icone come la Hepburn, come Grace. Gonne al ginocchio, bolerini eccentrici ma garbati, sottilissime cinture per sottolineare il punto vita, piccoli pull a mezze maniche, capelli raccolti e leggermente cotonati, trucco possibilmente naturale. Quasi nulla fuoriposto. Donne che danno vita agli abiti e, per seguire il gioco di parole, abiti in cui abitano donne che non temono il cambiare delle mode. E gli occhi di chi le ammira ringraziano.
E poi la sempre attuale leggiadria del pizzo, delicato o intrigante a seconda del colore in cui viene scelto. Dal crema al mauve, dal carne al fango, dal perla all’ematite. Pare che mademoiselle Coco paragonasse la sua grazia e lavorazione al “ricamo perpetuo di rami e foglie nel cielo”. Facile vederlo occhieggiare da un cardigan avvitato o spuntare da un tubino fasciante. Gradevole scovarlo nella trama di un collant o nel bordo di un guantino di cashmere. Anche i gioielli ne fanno uso.
Siamo a metà. Quanto ancora da dire!!! Si cercherà di viaggiare veloci, da qui in avanti.
E proprio il viaggio è uno dei temi prescelti. Come non rimanere affascinati dalla sfilata che ha concluso la settimana parigina della moda A/I 2012-13? Quel treno sbuffante – il “Louis Vuitton Express” – giunto in una stazione ricostruita nei minimi dettagli nella “Cour carrée”del Louvre. Quelle carrozze da cui è sceso uno stuolo di modelle abbigliate in modo consono a chi ama percorrere distanze guardando romanticamente fuori dal finestrino, avvolte in grandi paletot dai bottoni gioiello e dai colori ambrati. Bombati cappelli calati sugli occhi e braccia languidamente appoggiate ai braccioli di poltrone in velluto, tra cappelliere e bauli vintage – rigorosamente “maison” -, tra desiderio di evasione e nostalgia di sapori di casa. “Nonostante l’opulenza e la ricchezza degli abiti, c’è una leggerezza e una magia generale, in questa stagione …” Queste le parole di Marc Jacobs. Speriamo!!!!
Cambiando completamente ambito, è doveroso rimarcare il nuovo modo di presentarsi del colore più controverso, ora amato, ora odiato. Il nero totale. Misterioso nei velluti cangianti dei soprabiti, drammatico nelle sete doppiate delle gonne al malleolo, conturbante nelle trasparenze “osé” delle bluse oversize, aggressivo nelle nappe morbidissime dei tabarri e dei pantaloni con pinces.
Suo antagonista assoluto, sua faccia contrapposta, il bianco (non sempre, però! “Il bianco è anche una specie di nero”, affermava Wittgenstein). Potremo gustarlo nella sofficità del tricot, nella purezza delle camicie, nella classe degli abiti da sera.
E poi? Poi siamo “incappati” nella variegata panoramica di cappe, cappotti, cappucci, cappelli. Rispettivamente salva-linea, salva-freddo, salva-pioggia, salva-gelo. Di tweed, di panno, di nylon, di pelliccia. Con bottoni, con alamari, con ganci metallici, con chiusure a nastro.
E infine? Che dire? Infine, ultima e “vera tendenza tra le tendenze”, rimane la nostra scelta, quella solita, quella che è frutto del nostro modo di essere, quella che ci fa capire cosa davvero possiamo esprimere con il nostro modo di porci, la nostra voglia di migliorarci, quella che, davanti a due o più possibilità, davanti al dubbio, ci fa dire – alla maniera di Confucio – …
“… se viaggiassi con altre due persone, certamente avrei acquistato due maestri. Sceglierei quel che c’è di buono nell’ uno per seguirlo e quel che c’è di cattivo nell’ altro per correggermi”.
Un articolo col quale non potrei e non vorrei mai competere.
Una capacità, quella di Simona, di descrivere e dipingere gli abiti, la moda, come usciti da un vaso o meglio una lampada magica.
Sembra di vederli, di palpare la stoffa, di assaporare il profumo di bosco, l’umido delle foglie caduche o percepire il caldo di un cartoccio di caldarroste.
Cara, dolce Simona, le tue stoffe prendono vita nel vortice di un uragano e riappaiono, dopo la tempesta, in varie fogge tutte accattivanti.
A me l’autunno piace e i colori sono sempre fonte di riflessione. Non resisto nepure al nero che indosso spesso, retaggio teatrale, colore non colore, asssenza di colori, insieme di colori , che annnulla il corpo ma lascia la figura.
Questo mi ha insegnato la mia maestra di mimo, Elena Serra, allieva di Marcel Marceau. Complimenti! Ti immagino avvolta in queste nuove nuance.