Artisti, Ribelli, Dandy: uomini di moda oggi come ieri
Troverete anche l’iconica camicia bianca di Oscar Wilde – forse l’unico cimelio rimasto del suo leggendario guardaroba dandy – all’interessantissima mostra in corso fino al 18 Agosto al Museo della Rhode Island School of Design di Providence. Titolo di questa rassegna che molto sta facendo discutere è in effetti: “Artist / Rebel / Dandy: Men of Fashion”.
L’evento, che raccoglie oltre 200 pezzi provenienti da collezioni pubbliche e private, tra cui abiti, video multimediali e alcuni splendidi ritratti prestati dalla fotografa Rose Callahan, vuole essere un omaggio alla figura senza tempo dell’anticonformista, a partire dall’inimitabile George Brummel fino agli emblemi di stile di oggi all’insegna dell’eccentricità e della provocazione colta. Ignacio Quiles, Guy Hills, Doran Wittelsbach, Andy Warhol, John Waters, Stephen Tennant, Thom Browne, Patrick McDonald, Richard Merkin, Sebastian Horsley, Tom Wolfe: sono solo alcuni dei personaggi proposti dalla mostra come “fenomeni” di costume che hanno alimentato quel movimento culturale ancora attuale genericamente noto come dandysmo, ovvero quel bisogno insopprimibile che certe personalità forti hanno di manifestare “allergia” alla banalità e ai luoghi comuni, di affermare la propria identità in un mondo a corto di idee e ideali, sempre più globale e “allineato”.
Il dandy no, lui non ama le convenzioni, detesta i gruppi che sopiscono le individualità, coltiva la memoria storica, non segue la moda, ma ha un suo stile originale, sa godersi la vita a modo suo, senza esagerare con le trasgressioni, ma senza privarsi del piacere dell’eccesso ad hoc.
I curatori della mostra di Providence sono egregiamente riusciti nell’intento di tracciare i modi in cui questa complessa figura estetica si è espressa ed evoluta nel corso di due secoli, indagandone le logiche nel tempo. Sono partiti, così, dagli abiti e dalle immagini della Gran Bretagna dell’Ottocento, passando per “effigi” come Rick Owens, Patti Smith, Ouigi Theodore, Waris Ahluwalia, fino ad arrivare alle versioni global. Uno sguardo particolare, come si accennava sopra, è doverosamente riservato ad Oscar Wilde, a Mark Twain, a Andy Warhol… ma non mancano, per restare nel solco della tradizione “purista” del fenomeno, i tanti modelli che evocano la raffinatezza discreta di Lord Brummell o di Giorgio IV, facendo da apripista ai romantici e rivoluzionari dandy di oggi. Dietro ai volti che hanno segnato la storia, un capitolo importante è dedicato alla manifattura sartoriale e allo stile peculiare del sarto, così come alla natura tattile dei capi di abbigliamento dell’epoca.
“Artist / Rebel / Dandy” è corredata da un catalogo illustrato contenente saggi dei curatori Kate Irvin e Laurie Brewer, dello storico di moda Christopher Breward e da Monica L. Miller del Barnard College. Il volume (edito dalla Yale University Press) comprende anche una prefazione dello stilista Thom Browne e riflessioni di quindici artisti dandy, tra cui Glenn O’Brien (su George Brummell), Patti Smith (su Charles Baudelaire), Merlin Holland (su Oscar Wilde), Horace Ballard (su William Edward Burghardt Du Bois), Scott Schuman (su Luciano Barbera).
In una recente intervista lo scrittore Giuseppe Scaraffia, autore di alcuni libri sulla figura del dandy, ha dichiarato che “per lui gli abiti sono una seconda pelle. La camicia deve essere di lino con un collo minuto e morbido; anche la giacca, costruita secondo i dettami della sartoria napoletana, e cioè senza imbottiture, deve essere fluida, destrutturata, perlopiù in colori neutri. La cintura poi è sottile, in cuoio o tela, e le scarpe sempre lucide. Il dandy ama passare inosservato, per cui si concede solo qualche nota estrosa: un gemello di visone, un lampo di colore nelle scarpe a pantofola o a mocassino, un fazzoletto nel taschino fatto a nuvola, un fiore all’occhiello, un orologio di marca mai appariscente”. Esempi di dandy viventi? Gli attori Adrien Brody e John Malkovich (che è pure diventato stilista).
Non è un caso che sulle passerelle delle ultime stagioni si sia assistito ad un revival del dandysmo in aura contemporanea: si vedano le proposte di Ann Demeulemeester, G-Star Raw, Burberry Prorsum, con echi del periodo vittoriano declinati in abiti prevalentemente neri, alla Lord Byron, lunghi cappotti e pesanti mantelli con bordature di pelliccia, da indossare su camicie candide arricchite da rouches e drappeggi, romantici panciotti e morbide robes de chambre rielaborati secondo un nuovo canone, mixati a suggestioni gotiche e militaresche, per non dire punk-rock. Si pensi anche ai modelli sfilati da Salvatore Ferragamo o Trussardi 1911 con fantasie di tartan abbinate alla classica dinner jacket.
L’obiettivo resta sempre quello, oggi come ieri: “essere ben malvestiti”, per usare le parole di Drieu La Rochelle.