La grande bellezza
Scriveva Oscar Wilde che “la bellezza è l’unica cosa contro cui la forza del tempo è vana… ciò che é bello é una gioia per tutte le stagioni, ed un possesso per tutta l’eternità”. Il poeta John Keats invece affermava che “la bellezza è la verità, la verità è la bellezza“, mentre il nostro Mario Soldati ne coglieva l’aspetto fugace precisando che “quando riusciamo a vedere la bellezza, essa è sempre perduta”. Sì, oggi ci occupiamo di bellezza, quella cosa che dà piacere a chi la possiede e a chi la osserva (almeno su questo tutti concordano).
Mi è capitato quasi per caso, infatti, di leggere la presentazione di una tesi di laurea intitolata “La bellezza femminile ieri e oggi”, di cui è autrice la viterbese Alice Caroli. L’ho trovata molto interessante e vorrei darne conto in questo articolo.
Si tratta di un viaggio in quel microcosmo di luci ed ombre che è il mondo della bellezza femminile, apparentemente dorato, ma spesso insidioso, nel quale in realtà non esistono canoni di bellezza assoluti nel tempo e nello spazio. Nel corso dei secoli, infatti, il prototipo della bellezza femminile è profondamente cambiato con i cicli e ricicli della storia, oltre che della moda.
Il lavoro della Caroli non è solo una ricostruzione storica dei concetti estetici dalla preistoria ai giorni nostri, ma è anche un forte j’accuse contro l’attuale società dell’immagine e dell’effimero, quel culto della bellezza a cui vengono colpevolmente associati valori come successo, potere, ricchezza, prestigio sociale. Si innesca così un’autentica ossessione della bellezza che spinge molte donne ad intervenire sul proprio corpo in modo anche aggressivo, con ferree diete dimagranti, ritocchi estetici, fino a veri e propri interventi chirurgici, pur di avvicinarsi ai modelli di presunta perfezione continuamente proposti dai media e dal mercato.
Il risultato è che oggi le donne, anziché coltivare e valorizzare la loro unicità, sono sempre più schiave dell’immagine, sempre più omologate e sempre meno libere di essere se stesse, mentre il business della bellezza lucra sulla loro smania di piacere e di piacersi.
Non esiste una definizione univoca della bellezza: bello è qualcosa che attrae, che colpisce, che spinge a soffermare lo sguardo senza reprimere un senso di meraviglia, addirittura di estasi. Da sempre le donne desiderano essere belle, ma mai come oggi, quando si è imposta una “religione” del corpo, diventato oggetto di fanatismo, un obiettivo da raggiungere a tutti i costi. Va comunque rilevato che dai tempi più remoti le donne si sottopongono a “torture” per rientrare nei modelli estetici del momento: dai busti di stecche di balena usati nel Sette e Ottocento per avere un vitino di vespa, ai vertiginosi tacchi a spillo odierni indossati per rendere le gambe più lunghe e slanciate. Pensiamo poi all’antica tradizione cinese che induceva i genitori a spezzare l’arco del piede delle proprie figlie per costringerlo in una bendatura strettissima e impedirne la crescita; oppure alle Giapponesi che si coloravano il volto con polvere di riso per renderlo bianchissimo; o alle dame barocche che usavano apporre finti nei sugli zigomi colorati di rosso vivo per esaltare la loro bellezza. Del resto Paul Valéry affermava con ironia: “Definire il bello è facile: è ciò che fa disperare”.
A proposito del business della bellezza, Alice Caroli cita il poeta romanesco Gioacchino Belli che in un suo celebre sonetto aveva intuito tutte le potenzialità economiche di questa qualità (“Che ggran dono de Ddio ch’è la bbellezza! / Sopra de li quadrini hai da tenella: / pe vvia che la ricchezza nun dà cquella, / e cco cquella s’acquista la ricchezza”). Ricerche effettuate da vari studiosi hanno confermato che essere belli e magri aiuta a trovare lavoro, ovvero la bellezza paga. Ma ripaga ancor di più quanti ne sfruttano il mito approfittando dell’ansia di piacere e di piacersi. Intorno al settore bellezza, infatti, ruota un giro d’affari di proporzioni esorbitanti: l’industria delle diete, dei cosmetici, della chirurgia estetica, l’attività delle palestre, delle beauty farm, dei solarium, degli istituti di bellezza, dei centri fitness e delle cliniche private, il cui messaggio di fondo può così sintetizzarsi: “Se spendi, avrai il look e la forma giusta, quindi successo e felicità!”. E dinanzi al bisogno di farsi belle non c’è crisi che freni! Anzi, forse proprio quando le certezze diminuiscono, le persone più deboli e insicure sono indotte a cercare gratificazioni nel farsi belle.
Tutti questi affari fanno leva sulla nostra frustrazione di non essere perfette e ci portano ad odiare il nostro corpo se non risponde ai canoni imposti, inducendoci a far di tutto pur di rientrare nel cosiddetto c.u.b.o., il canone unico di bellezza omologata. Da una recente indagine del Quality Life Institute, un’agenzia di ricerca collegata con atenei di tutto il mondo, è risultato che il mercato della bellezza ha un fatturato di oltre 20 miliardi di euro, coinvolge trasversalmente decine di settori ed interessa più della metà degli Italiani. Inoltre i suoi fatturati sono in continua espansione.
La bellezza può quindi diventare un’arma a doppio taglio, come messo in evidenza dal celebre saggio “Il mito della bellezza”, pubblicato nel 1991 dalla scrittrice americana Naomi Wolf , la cui tesi appare quanto mai attuale: l’ideale della bellezza non è qualcosa di naturale ed innato nelle donne, bensì è un canone appositamente costruito dal mercato per farle sentire sempre inadeguate, quindi per trarre profitto dalle loro insicurezze per scopi commerciali. Secondo la femminista Wolf, il mito della bellezza non sarebbe altro se non una grande menzogna approntata per necessità economiche.
In definitiva, la nostra società ha creato un ideale estetico che è quasi impossibile da raggiungere: le donne, nel tentativo di avvicinarsi a tale standard, continuano a dissipare preziose energie che potrebbero convogliarsi verso altri fini. E’ questa la ragione per cui il mito della bellezza diventa spesso uno strumento per opprimerle, una “controffensiva della società maschile per contrastare il loro crescente potere”. Poiché le donne, con il loro talento, potevano e possono essere migliori degli uomini in molti campi.
“La vera bellezza, dopo tutto, consiste nella purezza del cuore” (Mahatma Gandhi).