Alla corte di re moda
Il sistema della moda è un palcoscenico sul quale si avvicendano molteplici attori e lo spettacolo finale è frutto del lavoro di un’articolata regia che necessita di un coordinamento non sempre di facile attuazione. Dietro una sfilata, dietro le creazioni degli stilisti, dietro una particolare tendenza di stagione, c’è un’industria in continuo fermento. E non ci si riferisce unicamente alle catene di produzione, ma anche e soprattutto al lavoro incessante di coloro che rimangono “dietro le quinte”.
La recente pellicola de “Il Diavolo veste Prada” ha puntato i riflettori sul mondo dell’editoria di moda, indagando su vizi e virtù di un settore che si rivela indubbiamente braccio destro ma anche arma a doppio taglio per il sistema moda. A conferma del grande successo ottenuto dal film, l’interesse per questo variegato e contraddittorio mondo è cresciuto a dismisura. Ed ecco che due delle più affermate giornaliste di moda del nostro Paese fanno outing, e ci rivelano i retro scena e le peculiarità di tale settore, visto dall’interno.
Daniela Fedi e Lucia Serlenga arrivano in libreria con “Alla corte di re Moda”, decise a fare chiarezza e rendere giustizia ad un ramo del giornalismo troppo spesso preso sotto gamba e snobbato rispetto a “quegli importanti riflettori della società che sono cinema e letteratura”.
La critica al sistema italiano è immediata e viene condotta attraverso un paragone con il mondo anglosassone: mentre in quest’ultimo l’editoria di moda è considerata a tutti gli effetti un prodotto culturale, nel nostro Paese la strada per il definitivo riconoscimento è ancora lunga e tortuosa. ” Noi siamo ai confini dell’impero e purtroppo non riusciamo a spostarci da lì. Troppo individualisti per fare massa critica, soffriamo anche di un complesso d’inferiorità giustificato fino a un certo punto. Indubbiamente la loro idea della professione giornalistica è più alta della nostra”.
Le parole delle due giornaliste sono sintomatiche di un malessere di fondo che caratterizza il ramo dell’editoria di moda, almeno in Italia. Fedi e Serlenga tengono a sottolineare che il potere è nelle mani di pochi e che non sempre tale detenzione corrisponde ad effettive competenze. Dalla lettura di queste pagine vengono fuori scomode verità; intrecci non sempre trasparenti si palesano come forze motrici dell’intero meccanismo. I rapporti con i media e la comunicazione, i ricatti pubblicitari, i “do ut des” delle griffe italiane e internazionali, i capricci e i privilegi dei direttori più in vista. Insomma, da una prima lettura, sembrerebbe che il ramo della stampa modaiola ne esca davvero sconfitto, da un punto di vista etico e professionale.
Proseguendo nella lettura, lo scenario si fa più terso. Le autrici ci offrono una serie di ritratti dei direttori più autorevoli e influenti del settore e molto spesso riconoscono loro doti e capacità invidiabili. Da Suzy Menkes a Cathy Horyn, da Hilary Alexander a Virginie Mouzat, da Anna Wintour a Franca Sozzani e Carine Roitfeld, il quadro è completo e critiche ed encomi equamente bilanciati.
L’ultima parte del libro è dedicata ai “New media”, l’ultima frontiera dell’informazione: siti web, blog, riviste online che trattano a 360 gradi il fenomeno moda. La critica, seppur velata, si manifesta sottilmente attraverso parole volutamente e acutamente pungenti. E forse, da due esponenti della carta stampata, era da aspettarsi un atteggiamento di questo tipo.
In definitiva, al di là degli innumerevoli pettegolezzi e dei non sempre significativi retro scena, “Alla corte di re Moda” apre uno spiraglio sulle mille sfaccettature della stampa modaiola che, a dispetto delle molteplici critiche, si impone ancora una volta come una delle principali forze trainanti del sistema moda.