Moschino propone un “gusto nuovo” sulle passerelle milanesi
Moschino o McDonald’s? La grande M gialla, ridisegnata come un cuore su una casacca o su una borsa rossa esibita su un vassoio da una modella in giallo e rosso, capellino tipico dei giovani camerieri MacDonald’s, ci pongono categoricamente la domanda. Dove siamo?
Jeremy Scott al suo debutto con la collezione A/I 2014-15 in casa Moschino ha fatto centro, perché si tratta di una collezione che farà parlare di se per molte ragioni. Innanzitutto è sembrato di essere ritornati indietro negli anni, agli anni trasgressivi ed ironici proprio di Franco Moschino. Lo stilista americano ha veramente centrato con questa collezione i due codici fondamentali del marchio: ironia, tanta ironia al limite della trasgressione dissacrante, ma tanta capacità sartoriale per creare abiti adatti alle passerelle di un Prêt-à-Porter di alto livello.
Si apre una nuova era per Moschino? Sembrerebbe che il ritorno al passato, rivisitato ancora maggiormente in chiave pop da Jeremy Scott, possa segnare una scossa salutare su alcuni mercati. Certamente quelli americani e forse quelli orientali dove è possibile immaginare che esistano giovani che si elettrizzano con il “nuovo gusto” pop del duo Scott/Moschino o si riconoscono nello stile street-rap ma di “alta gamma” degli abiti della parte centrale della collezione.
Quindi ispirazione al fast food. Qualche riferimento al fatto che Milano ospiterà l’ Expo 2015 dal titolo “Nutrire il pianeta”? Potrebbe darsi. Il dubbio nasce dal fatto che il food scelto non può annoverarsi con certezza tra quello che i nutrizionisti indicherebbero come il più adatto ad una sana alimentazione. Comunque i colori e la M di McDonald’s divenuta cuore si rincorrono, passando dagli accessori come la borsetta con catena, ad una borsetta secchiello o canestrino McDonald’s per trasportare l’hamburger, per ricomparire su giacchine, spolverini, sandali, sui profili e fiocco di un elegante tailleur bianco, tutti capi e accessori di felice -e più non si può- memoria Chanel, quindi di una eleganza couture molto seria. Poi c’è il packaging coloratissimo delle scatole degli alimenti, dei cereali, delle caramelle, del cibo preferito dai bambini, del cioccolato oppure sono le etichette degli alimenti con le tabelle dei componenti e delle calorie, i codici a barre dei pacchetti degli snack che si trasformano in stampe su tessuti importanti come l’ organza e la seta duchesse di abiti da sera sontuosi dai volants grandiosi e strascichi voluminosi, anche il bell’abito da sposa si presta ad ammonire sui componenti gli alimenti. E in questa enumerazione vengono a proposito i tailleur chiazzati bianco/nero della mucca Carolina (che tempo addietro ironicamente campeggiava nello showroom Moschino), che può fornire finalmente l’unico alimento naturale tra tutti quelli rappresentati da Jeremy Scott. Ma non è finita, anche i personaggi dei cartoon come SpongeBob la spugna marina animata di sentimenti, e tanti altri personaggi -Mr Funtastik, Cheesy Bits, Froggy Loops, Dandy Candy-, sbucano dagli abiti più couture per ricordarci quali sono gli alimenti preferiti dai bambini occidentali.
Ultima annotazione per questa singolare performance sulle serie passerelle milanesi, e con ciò indichiamo il terzo stilema che compone la collezione: una vera logomania; il logo Moschino, quello tradizionale, ripetuto ossessivamente su cinture, borse, sui completi street-rap, addirittura sulla biancheria intima rigorosamente a vista.
Come sintesi della collezione è sufficiente riportare il claim che Jeremy Scott si era fatto stampare sulla T-shirt con cui ha salutato il pubblico, “Non parlo italiano, ma parlo Moschino”, parla cioè un linguaggio ironico, trasgressivo, talvolta dissacrante accanto a grande capacità di fare glamour e couture, di creare un nuovo gusto a memoria del fondatore di un marchio famoso del Made in Italy.