Vita nuova per la moda
E’ possibile ripensare il ciclo di vita del prodotto moda riprogettandone la filiera? Se lo è chiesto lo studioso Nicola Guerini dell’Università Bocconi (SDA / Research Fellow of Strategic and Entrepreneurial Management) in un articolo davvero interessante pubblicato sulla Community di Strategy & Entrepreneurship www.ideas.sdabocconi.it, dal titolo “What’s hot & What’s not in Fashion: Cocreate!”.
Così come il modello del fast-fashion in passato ha richiesto un ripensamento delle logiche di funzionamento del settore moda – ragiona Guerini – di recente si assiste ad un ripensamento aziendale della progettazione del ciclo di vita del prodotto, il cosiddetto Product Lifecycle Management (PLM). Se il primo cambiamento è stato veicolato prevalentemente da un nuovo attore, il fast fashion retailer, oggi assistiamo ad una mutazione innescata da due attori che interagiscono tra loro: i fast fashion retailer ed i consumatori finali.
Tradizionalmente, il processo di PLM nella moda si compone di diverse fasi, ciascuna fondata su specifiche figure professionali: dall’analisi dei trend alla definizione del concept di collezione alle fasi di progettazione, sviluppo e prototipazione sino alla produzione e al retailing. Negli anni scorsi i driver principali per implementare un efficiente processo di PLM erano l’esigenza di una più veloce risposta al mercato e la capacità di un rapido processo di sviluppo/prodotto. Ora la sfida si è spostata ancora più a monte e consiste nel capire in anticipo chi saranno gli attori chiave per la progettazione del prodotto, cosa vorrà il consumatore e in che direzione si muoveranno i mercati. Diverse aziende, in particolar modo nel fast fashion e nello sportswear, sono state in grado di definire nuove practice di relazione, interazione e piattaforme di creazione del valore ridefinendole a partire dal punto di vista del consumatore, in particolare sfruttandone la propensione ad essere sempre più attivo nei contesti digitali (social media, social network, ecc.).
Quali sono dunque i principali trend di un PLM sempre più condiviso con il cliente?
Nicola Guerini definisce “hot”:
1. Cool-hunting geolocalization
Riguarda le fasi preliminari in cui il prodotto moda non è ancora stato progettato. Consiste nella possibilità di prendere l’ispirazione da più fonti, un pool globale di ‘editor’ capaci di spaziare in aree geografiche e settori diversi: innovazione, design, tecnologia, cultura, ecc. I più recenti strumenti tecnologici permettono alle aziende di ottenere informazioni prima inaccessibili e di presidiare nicchie di mercato sconosciute. Tra questi, sono interessanti quegli strumenti che permettono anche il trend forecasting: dalla ricerca cromatica attraverso digital kit dedicati agli insight sui prossimi trend captati nelle città più influenti del mondo.
2. Co-creation
Sebbene la co-creazione del prodotto moda con l’intervento del consumatore finale ed il crowd-sourcing siano la punta più visibile di un “iceberg aziendale”, la vera sfida risiede nella capacità di riprogettare le modalità di interazione tra i molteplici attori che a monte sono i creatori del prodotto moda. Ciò è possibile attraverso piattaforme tecnologiche scalabili, in grado di ridefinire le interazioni dalla fase di definizione del concept di prodotto sino all’immissione sul mercato, valorizzando la collaborazione e le competenze disponibili lungo tutta la supply-chain. Questa sfida adesso è alla portata anche di piccole e medie imprese, per cui la possibilità di efficientamento dei processi tipici appare sempre più critica, in uno scenario in cui la supply-chain è di crescente complessità e diversificata geograficamente.
3. Mobile Engagement
Come in passato modelli di business vincenti si sono affermati grazie al ferreo presidio delle modalità distributive, così oggi gli strumenti mobili che permettono l’accesso al prodotto da parte del consumatore impongono la messa a punto di un sistema coerente di interazione: un approccio che consideri non solo il potenziale di vendita e comunicazione, ma anche di accesso e partecipazione al concept di prodotto, alla costruzione dell’esperienza di acquisto, alla progettazione dell’ambiente. Strumenti come il mobile scanning, il virtual wardrobe, l’experience tracking e il customer targeting sono alcuni dei nuovi touch-point.
In sintesi: il fattore critico di successo non è più l’accesso all’informazione, ma la comprensione di come e dove si sia generata; sommare le competenze possedute da singoli operatori non è più sufficiente: ciò che fa la differenza nell’arena competitiva è la capacità di integrazione; il mobile non è più solo uno strumento operativo di comunicazione, ma un canale di interazione che va ripensato come leva strategica.
Invece non sono “hot”, secondo Guerini:
1. La cultura progettuale monocratica
Il prodotto moda è da sempre il risultato di una creazione condivisa, grazie all’apporto di più attori distanti nella filiera. Ora però è necessario tener conto di un nuovo consumatore e di una nuova generazione di concept-designer, entrambi diversi rispetto al passato, per cui la condivisione informativa e progettuale sono più importanti della sua protezione e imposizione.
2. Social-media ignoring
Se il consumatore finale si fa partecipe del ciclo di vita del prodotto, anche le modalità di interazione aziendale con l’esterno devono tenerne conto. I social media non possono più essere considerati semplici canali comunicativi alternativi o complementari rispetto a quelli tradizionali.
3. L’eccesso opposto: diventare “customer-aholic”
Se è vero che il consumatore è uno dei protagonisti di questa evoluzione, è altresì vero che il ripensamento del Product Lifecycle si basa sulla condivisione con tutti gli attori che partecipano alla creazione del prodotto e sul ripensamento del processo stesso: da sequenza di fasi linearmente correlate ad insiemi di fasi parallele e tra loro interattive, in un sistema non orientato alla sequenzialità, ma alla circolarità.
In sintesi: dobbiamo comprendere che non è più sufficiente adattare, ma è necessario rifondare; ripensare i social media: da strumenti di esecuzione di una strategia comunicativa a gatekeeper informativi in grado di contribuire al PLM; far entrare il consumatore in azienda non deve distogliere l’attenzione dal riprogettare il sistema, ricordando sempre che, se la sfida è anticipare il più possibile i bisogni latenti del consumatore, questo non è altro che il saper prendere le decisioni il più tardi possibile, senza inficiare l’efficienza dei processi.