Uomo barbuto sempre piaciuto
Emblema di virilità per eccellenza, la barba sembra essere tornata ad imperare nei look più glamour del momento. E che barba! Diverse maison utilizzano come modelli di punta per le loro campagne pubblicitarie ragazzi decisamente irsuti che – se non fosse per certi dettagli (si fa per dire) – parrebbero usciti da una scuola coranica.
Ebbene sì, la barba è di gran moda, eletta a complemento must-have del fascino più macho e talvolta più elegante, declinandosi in un’ampia gamma di lunghezze e stili, tali da non celare i tratti del volto, bensì valorizzarli sapientemente, anche quando sembra trascurata (come sembra imporre la poliedrica Vivienne Westwood ai suoi baldi indossatori, tanto per citare un esempio di sembiante mascolino “selvatico”). Anche stilisti come Tom Ford, John Varvatos, Hermès, Yohji Yamamoto, Dolce&Gabbana (che hanno superbamente azzeccato i testimonial Noah Mills e Tony Ward nella loro patinata campagna di stampa), hanno fatto proprio l’aspetto bohémien soft in passerella, mentre altri come Missoni, Etro, Ermanno Scervino hanno decisamente puntato sulla “criniera”, proponendo uomini foltamente barbuti, con tanto di baffoni e basettoni. Cotanto bendiddio di peluria naturalmente è reso morbido, lucente e fragrante dalle abili mani e dagli eccellenti cosmetici di raffinati barbieri (tornati a fare affari d’oro, a quanto ci consta).
Il trend era partito qualche mese fa dai défilé di Firenze, Milano e Londra, per poi propagarsi worldwide. A dire il vero, negli Stati Uniti già da un po’ si notava, specie tra i divi hollywoodiani, la tendenza a preferire il “pelo lungo” (vedansi i bravi&belli Brad Pitt, Johnny Depp, George Clooney, Michael Fassbender, Jared Leto, Leonardo DiCaprio, Christian Bale), mentre nel mondo del pallone hanno presto rinnegato lo status di imberbi personaggi come Andrea Pirlo e David Beckham, mentre il “ruvido” Rino Gattuso ha sempre mostrato una certa idiosincrasia verso il rasoio.
Ma cosa ne pensa l’altra metà del cielo, ovvero le donne, del nuovo look imperante? I pareri discordano. C’è chi afferma che lo preferiscano a quello glabro, rivalutando lo charme virile (forse in nome di un mai rimosso mito del rude “uomo-che non-deve-chiedere-mai”… perché non sa dove si mette il punto di domanda, aggiungo io maligna), come vorrebbe dimostrare un recente sondaggio della rivista “People”; e c’è chi, invece, sostiene che non lo gradirebbero granché. I ricercatori australiani dell’University of South Wales hanno addirittura effettuato una ricerca (pubblicata sul “Royal Society Journal Biology Letters”) secondo cui, per dirla chiaramente, più barbe ci sono in giro, meno questa caratteristica diventa attraente e quindi le donne getterebbero lo sguardo con più interesse sui “lisci”.
Un fenomeno, quello dei barbudos nostrani, destinato ad esaurirsi presto dunque? Per ora non è il caso di cercare il pelo nell’uovo, si potrebbe ironizzare! Per restare seri, va precisato che il trend sembra legato anche alla crisi economica, come testimonia la storia: anche in passato nei momenti di congiuntura negativa gli “orsi” hanno preso il sopravvento. Ma oggi forse nella scelta di questa estetica prevale il desiderio di distinzione, di individualità, di identità personale, in un clima di incertezza e precarietà.
Le sembianze “villose” ostentate in pubblico, comunque, hanno cominciato a profilarsi circa un lustro fa nel gruppo degli “apocalittici” radical chic newyorkesi, esistenzialisti inquieti, amanti del bepop (ndd: stile jazz che si sviluppò a New York negli anni quaranta caratterizzato da tempi molto veloci e elaborazioni armoniche innovative), spesso gay dichiarati, eredi della sottocultura hipster nata nel cuore della Big Apple negli anni ’40 (ben definita nelle sue caratteristiche salienti da Norman Mailer), poi attecchita a Berlino e, in Italia, a Bologna e nella Capitale.
Infine una curiosità: esiste niente meno che un blog dedicato esclusivamente alle barbe; si chiama “100 beards, 100 days ” ed è nato da un’idea del fotografo scozzese Jonathan Pryce, che ne ha persino ricavato un libro in cui ha raccolto i suoi scatti di 100 uomini barbuti realizzati in vari posti di Londra in soli cento giorni. Obiettivo: la sana rivendicazione di una vita – e di una faccia – più “naturale” dopo decenni di depilazioni smodate in nome di un’iconografia fashion spesso volgare (chi non ricorda i famigerati “tronisti” lisci e oliati?) ai limiti del porno.