Just Cavalli P/E 2015: una collezione poco lineare
“Ciò che è complicato non può essere bello” così si esprimeva il grande architetto spagnolo Antoni Gaudì. Una valutazione, che ci è ritornata alla memoria esaminando la collezione Just Cavalli P/E 2015, racchiusa in una sua considerazione più amplia che riportiamo anche se la terminologia può apparire sorpassata ed estranea ai nostri moderni parametri. Ma se sostituiamo la parola “povertà” da lui utilizzata con “sobrietà o semplicità”, l’osservazione di Gaudì acquista un valore universale applicabile ad ogni forma di arte e quindi anche, come nel nostro caso, ad una collezione di moda. Eccola” Non bisogna confondere povertà (sobrietà/semplicità) con miseria; la povertà (la sobrietà/semplicità) porta all’ eleganza e alla bellezza; la ricchezza all’ opulenza e ciò che è complicato non può essere bello”.
Certo la clientela Just Cavalli è giovane ed internazionale: senza schemi, pronta a mescolare a piacimento e in modo irrazionale stili, colori, forme, libera di far lavorare la fantasia con cui creare composizioni improbabili. Il marchio si definisce come con forte personalità capace di cogliere e di esprimere lo stile di domani del mondo giovanile, quindi ci si aspetterebbero suggerimenti nuovi, spunti interessanti, novità che possono imporre una svolta creativa dirompente.
Niente di tutto ciò. A guardare in una unica schermata le foto della sfilata, la sensazione è di molta confusione. L’unico filo conduttore sembra essere: mescolare fantasie, sovrapporre, aggiungere, rendere il discorso dell’ abito complicato; ma ciò che è complicato non è bello, ci ha suggerito Antoni Gaudì.
Pochi sono i capi che si fanno ammirare. Un abito lungo nei toni bianchi celesti e verdi ci ha fatto pensare, ma l’accostamento riconosciamolo è azzardato -i due abiti non hanno elementi in comune- una precedente splendida creazione di Roberto Cavalli che si era ispirato alle porcellane cinesi di epoca Ming. Usando un termine televisivo potremmo dire che il format di questo abito – stoffa leggera che movimenta l’abito e la figura, profondi spacchi, ecc- si ripete su altri, ma sovrapposizioni di stampe diverse e certe “soverchiature di orpelli” –come una rouche plissettata sovrapposta alla gonna all’altezza dei fianchi-, complicano la semplicità della linea, e l’abito che ne risulta non è né elegante né bello, per ritornare alla citazione di Gaudì. La rouche plissettata, -più o meno lunga, fino a diventare una gonnellina nera sempre plissettata sovrapposta alla gonna-, si ripete anche su abiti corti, ma non se ne comprende il significato, non serve a completare il discorso; è un vezzo inutile.
Giovanili e spiritosi ci sono sembrati l’abito bianco in sangallo lungo a metà polpaccio doppia gonna e rouche ai fianchi e lungo il corpino -che ritroviamo in altri abiti stampati- e quello corto con lo sparato, come gli occhiali a forma di margherita. Come abbiamo detto le fantasie sono tante e si mescolano su uno stesso abito, sono minuscole margherite, cuori, gigli e piccole farfalle, righe; rendono bene nei mini dress a balze annodati al collo che rievocano atmosfere estive di feste in riva al mare.
Alti cinturoni poggiati sui fianchi e borchiati accompagnano i pantaloni slim stampati e fasciatissimi ma a zampa e le gonne cortissime. Le borse ripetono le stampe degli abiti e i sandali sono in oro: unici elementi di lineare semplicità.