La prima di tutte
Simbolo della couture francese degli anni ’40 e ’50 del Novecento, musa prediletta di Givenchy e modella tra le più richieste da fotografi e stilisti, Bettina Graziani (al secolo Simone Micheline Bodin) è la protagonista “eroica” della mostra che porta semplicemente il suo nome, in corso dal 16 Settembre al 2 Novembre alla Galleria Carla Sozzani di Milano. La retrospettiva intende ripercorrere la sua lunga parabola professionale attraverso cento e più scatti dei più grandi fotografi dell’epoca: Erwin Blumenfeld, Henri Cartier-Bresson, Jean-Philippe Charbonnier, Jean Chevalier, Henry Clarke, Robert Doisneau, Martin Dutkovitch, Nat Farbman, Milton Green, Gordon Parks, Irving Penn, Willy Rizzo, Emile Savitry, Maurice Zalewski.
Designer lei stessa di maglieria, poi scrittrice e poetessa, Bettina nacque in Normandia nel 1925, e iniziò ben presto a lavorare nell’atelier parigino di Jacques Costet, sognando di affermarsi come disegnatrice di moda. Il destino invece la portò a posare: “Guanti, cappelli, veli – era quell’epoca: mi piaceva posare, era un istinto e un piacere” scrisse nella sua biografia.
Divenuta la prima top-model della storia, degna di rivaleggiare con la bellezza British della “divina” Barbara Goalen, collaborò poi con Lucien Lelong e in seguito con Jacques Fath, a cui si legò al punto di rifiutare le pur allettanti proposte di Christian Dior. Fath concepiva i suoi capi pensando a lei come all’archetipo femminile per eccellenza, per cui creò uno “stil novo” su misura, sostenendo che “solo lei può indossare con naturalezza ed eleganza” certi abiti di classe. Nel 1952 avvenne l’incontro “fatale” (per le carriere di entrambi) con Hubert de Givenchy, per il quale Bettina arrivò a lavorare anche come press-agent, oltre che indossatrice. Il sodalizio fra i due fu tale che Givenchy intitolò a lei la sua prima collezione e poi battezzò romanticamente “Bettina blouse” un suo articolo divenuto fashion-icon negli anni ’50, e ancora a lei dedicò la silhouette del flacone del celebre profumo “Amarige”.
A metà Novecento il “fenomeno Bettina” era assurto a sinonimo di modernità e stile, con la sua figura contesa dalle principali riviste di moda del mondo, che la ritraevano sui set più disparati: per strada, sulla spiaggia, in dimore sfarzose, in gallerie d’arte, tra gli arcani di un atelier, in montagna, nel deserto, nella semplice cornice di un fondale bianco… Intanto al parterre regale degli stilisti suoi patroni si erano aggiunti nomi del calibro di Christian Dior, Madame Grès, Balenciaga, Balmain, per citarne alcuni.
Grazie alla sua bellezza, vivacità e intelligenza, Bettina strinse intensi rapporti di amicizia con personaggi di rilievo in tutto il mondo, da intellettuali a scrittori, da attori a registi: Georges Simenon, Jean Genet, Jacques Prévert, Greta Garbo, Elizabeth Taylor, Gregory Peck, the Bogarts, Ava Gardner, John Huston, Irving Shaw, Charlie Chaplin, Truman Capote e Gary Cooper.
Dopo il breve matrimonio con Gilbert “Benno” Graziani, un fotoreporter francese, Bettina divenne compagna dello sceneggiatore americano Peter Viertel e infine fece coppia fissa per molti anni con il Principe Aly Khan, ambasciatore del Pakistan presso le Nazioni Unite, per il quale nel 1955 abbandonò la carriera di modella che aveva scalato da fuoriclasse prestando il suo volto e il suo corpo alle creazioni dei più grandi couturier del suo tempo. L’unione finì tragicamente con la morte dell’uomo in un incidente in cui lei stessa fu coinvolta e che le provocò un aborto. Bettina fu anche autrice del libro di memorie “Bettina par Bettina” (1964).
Nel 1967 accettò l’invito a tornare in passerella per la collezione di Coco Chanel a lei ispirata, poi restò nel mondo della moda in qualità di direttrice artistica per Emanuel Ungaro e responsabile delle relazioni pubbliche per Valentino. Nel 2010 fu consacrata “Chevalier des Arts et des Lettres” dall’allora Ministro della Cultura Frédéric Mitterrand.
Bettina ancora oggi fa sentire la sua presenza e influenza tra stilisti e fotografi con echi diretti e indiretti della sua personalità e del suo stile inimitabile, a cui sembrano sensibili in particolare i “giganti” del fashion system Azzedine Alaia, Yohji Yamomoto, Pierre et Gilles, Mario Testino.
Sorprende, ma in fondo fa piacere che sia l’Italia e non la Francia a dedicare a Bettina Graziani una retrospettiva come questa della Galleria Sozzani, che si propone sì di celebrare colei che “fu prima di tutte”, ma soprattutto vuole rendere un doveroso omaggio a chi ha contribuito a fondare il mito della moda e a farlo fiorire mirabilmente.