L’Himalaya indiano nelle stampe di Stella Jean
Il punto di vista da cui Stella Jean costruisce la collezione rimane il suo interesse agli incroci multiculturali. Esplora nuove terre ad ogni stagione, sapendo mantenere, grazie al suo rigore etico, la prospettiva di una pari dignità per ogni cultura.
Per l’autunno inverno 2015-16 viaggia verso l’Himalaya indiano per attingere da quella comunità ispirazione, ne utilizza i simboli e gli elementi più vitali che mescola a suggestioni derivate dall’Inghilterra, Italia, Burkina Faso e Haiti. Così lo yak, il bue tibetano, si trasforma in ornamento fashion se stampato su esilissimi tubini o tricottato su grossi golf stile norvegese, sui calzettoni di lana. Immagini di danzatrici, anziani con lunga barba e turbante, templi induisti ecc, sono stampati a colori sgargianti su tessuti morbidi e setosi di abiti e gonne lunghe, sovrapposti ad un maculato, su corposi tessuti quadrettati o su un leggero madras; su cappotti over, dai grandi revers, lunghissimi, fino a toccare a terra come una sopraveste Mogul.
Non manca il classico cappotto occidentale, una fantasia principe di galles dai grandi riquadri, rosa fragola e righe blu; un cappotto dai dettagli riconducibili al trench, collo e revers importanti, doppiopetto, spalline, sulle maniche cinturini con fibbie, ecc. indossato su una camicia a righe e gonna a stampa. Ancora una fantasia principe di galles in bianco e nero per un cappottino corto e minuto sgargiantemente decorato. A questi si alternano i motivi paisley che si ripetono in file regolari sulle gonne palloncino; decorazioni di pon-pon colorati o tipiche delle zone dell’Himalaja si ripetono su giacchine bon-ton, su gilet in montone o in lana. Anche il classico trench, che Stella Jean ha gonfiato nella gonna, porta una stampa a colori smorzati di due anziani. Infine non tralascia di presentare la sontuosa sopraveste Moghul contaminata dall’accostamento a un completo -pantalone e blusa- a stampa africana.
Le sorprese delle stampe non finiscono. Cappotti, giacche, abiti si animano con gli oggetti tipici della bottega del barbiere: una divertente contaminazione maschile su indumenti molto femminili. Un’espressione dissonante in una collezione con una forte connotazione a partire dalle tradizioni delle popolazioni indiane.
Pur in tante incursioni su culture differenti, Stella rimane fedele al suo stile e al suo modo di costruire gli abiti, anche se ha esasperato qualche elemento. Le gonne dalla linea corolla sono gonfie; la vita è sempre sottolineata, e non mancano le camice a righe o bianche. Stella ha uno charme affascinante, particolare, che le permette gli accostamenti più azzardati -come l’uso delle scarpe da tennis anche esse coloratissime portate con calzettoni e pompon colorati lungo tutta la collezione-, non facili da imitare fuori dalla passerella senza il rischio di scivolare verso il kitsch.
E non ci resta che ricordare il suo impegno nel progetto Ethical Fashion Initiative uno dei programmi principali dell’International Trade Centre, agenzia gestita da Nazioni Unite e World Trade Organization. Ethical Fashion Initiative permette agli artigiani che vivono in una situazione di povertà rurale o urbana di connettersi alla catena della moda globale. E’ tra le popolazioni del Burkina Fasso che Stella Jean ha scelto in prima persona stoffe tessute a mano per le sue collezioni.