“I vestiti dei sogni”:La scuola dei costumisti italiani per il cinema
C’è ancora qualche settimana per ammirare la mostra su “I vestiti dei sogni”- La scuola dei costumisti italiani per il cinema, in corso al Museo di Roma Palazzo Braschi Piazza Navona, 2.
Uno spiraglio aperto su un secolo di eccellenza italiana nel campo del costume di scena dal 1915, epoca del cinema muto, con lo scialle indossato da Francesca Bertini nel ruolo di Assunta Spina, al 2015, con il manto blu cobalto indossato da Sabrina Ferilli ne “La Grande bellezza”.
Tra storie e storia, tra velluti , broccati, damaschi e galloni, tra sete, trine, nastri e merletti, tra sfumature di colori e tinte nette, dal virginale bianco del l’abito indossato Da Michelle Pfeiffer nel ruolo della contessa Ellen Olenska in “L’età dell’innocenza”, al rosso scarlatto degli abiti cardinalizi: un viaggio nei giochi di luci ideati da Luca Bigazzi, acclamato direttore della fotografia del cinema contemporaneo e dall’ingegnoso tecnico sperimentale Mario Nanni. A loro il merito di aver ricreato il medesimo effetto visivo che gli abiti rimandano dalle pellicole originali.
La figura del costumista acquista un riconoscimento professionale intorno agli anni venti, prima di questa epoca le attrici provvedevano esse stesse al loro corredo di scena ( Lyda Borelli ad esempio, in Rapsodia Satanica scelse un Delphos di Mariano Fortuny, l’abito ispirato alle tuniche greche ).
Secondo l’ autorevole opinione del grande Carlo Sensani “in generale il costume deve esprimere un’ interpretazione psicologica della figura e illustrativa dell’atmosfera, essere quindi rapido, succoso, facilmente afferrabile”.
Un percorso quello della mostra che va da Carramba a Vittorio Nino Novarese ( vincitore del premio Oscar per Cleopatra di Joseph Mankiewicz), da Sensani a Piero Tosi, (vincitore lo scorso anno dell’ Oscar alla carriera) eccelso costumista de “Il Gattopardo”.
A Piero Tosi è stata dedicata un’ intera sala, atta a riprodurre nel visitatore le emozioni suscitate dal film; in prima linea l’abito indossato da una giovanissima Claudia Cardinale nel ruolo di Angelica Sedara, un trionfo di trine e merletti di un candore evanescente, sormontati da un busto di appena 53 centimetri di circonferenza, contro i 68 di lei. Per realizzare i costumi del film, l’artista si ispirò agli abiti utilizzati dalla nobiltà Siciliana dell’epoca, studiò vecchi album di famiglia e impresse nella mente fogge e tessuti, onde riprodurre un effetto quanto più possibile aderente alla realtà. Sempre a Tosi, appartiene il sontuoso abito viola indossato da Romy Schneider nel ruolo dell’imperatrice Elisabetta d’Austria in “Ludwing”, di Luchino Visconti.
Il più barocco dei costumisti è Danilo Donati, suoi i costumi del film “Romeo e Giulietta” di Franco Zeffirelli, che nel 1968, gli sono valsi l’Oscar.
Nella mostra viene celebrato anche il cinquantenario della bottega Tirelli, sartoria nata nel 1964 sotto il magistero di Umberto Tirelli, con appena due macchine, cinque sarte, una modista , una segretaria e un autista-magazzinere. La sartoria produrrà dalla fondazione abiti per le più importanti pièces teatrali e operistiche italiane e coopererà con grandi maestrie, uno fra tutti Piero Tosi. Vi svolgeranno l’apprendistato costumisti italiani del calibro di Maurizio Millenotti, autore dei costumi per il film “La leggenda del pianista sull’oceano” che racconta: “ho consultato molto materiale fotografico sulle crociere dell’epoca per poter rivivere l’atmosfera di quegli anni, a bordo arrivavano sia uomini di alto rango, sia emigranti. E’ stata una ricostruzione difficile, perché a bordo c’era un po’ di tutto: la prima classe vestita da sera e da giorno, e poi i macchinisti, e non poteva mancare il personale di bordo…”.
Dalla scuola Tirelli proviene anche Gabriella Pascucci, suoi i sontuosi abiti indossati da Michelle Pfeiffer in “L’eta dell’innocenza” e suo, l’abito lungo in seta color avorio con corpetto ricamato, indossato da una commovente Elizabeth McGoven, nel ruolo di Deborah Gelly in “C’era una volta in America”.
Dice di se stessa..: “ entro in sartoria la mattina alle nove e esco alle otto di sera. Faccio un vestito come un architetto fa un palazzo, piano piano, a piccoli gradi. E’ un lavoro estremamente creativo” e poi sostiene: “non c’è fantasia, senza documentazione”.
E’ Milena Canonero (quattro premi oscar e ben nove candidature al suo attivo per i migliori costumi) una delle maggiori protagoniste de “I vestiti dei sogni” con gli abiti indossati da Kirsten Duste nel film “Marie Antoinette” di Sophia Coppola, un trionfo di crinoline dai caramellosi toni pastello per un tripudio di stravagante opulenta e maestosa femminilità.
L a mostra si conclude con una sezione riservata alle eccellenze che realizzano accessori per il cinema e il teatro: parrucche, carrozze, cappelli, scarpe ed altro ancora. Pieroni è il più grande laboratorio Italiano per la produzione di cappelli e corazze.
Pompei, dal 1932 fornisce calzature per il cinema internazionale, suo l’esemplare in mostra realizzato per il film di Bernardo Bertolucci, “ babuccia rossa con plateau e draghi ornamentali in ottone”.