“Into the Woods”: mix di stili ed epoche per il musical Disney
La Disney sembra non accontentarsi mai.
Ci ha proposto e continuerà a proporci negli anni a venire numerosi adattamenti con attori in carne ed ossa dei suoi classici d’animazione: se nel 2014 è stata la volta di “Maleficent” di Robert Stromberg e quest’anno di “Cenerentola” di Kenneth Branagh, il prossimo anno toccherà ad “Alice Through the Looking Glass” di James Bobin – seguito di “Alice in Wonderland” di Tim Burton del 2010-, a “Il Libro della Giungla” di Jon Favreau ed al remake di “Pete’s Dragon” diretto da David Lowery. E’ arrivata al punto di adattare per il grande schermo fiabe di cui non ha mai realizzato una versione animata, come dimostra “Into the Woods”, uscito lo scorso anno e diretto da Rob Marshall, adattamento del musical con musiche di Stephen Sondheim e libretto di James Lapine.
Messo in scena per la prima volta nel 1986 ed arrivato a Broadway l’anno successivo, vincitore di ben tre Tony Awards, il musical originale è stato tra le prime rivisitazioni delle fiabe, in questo caso quelle dei fratelli Grimm. Le vicende ed i personaggi di fiabe come “Cenerentola”, “Cappuccetto Rosso”, “Jack ed il fagiolo magico” e “Raperonzolo” si intrecciano con la storia originale del fornaio e di sua moglie che non riescono ad avere figli a causa di una maledizione scagliata da una strega, che può essere spezzata solo preparando una pozione i cui ingredienti troveranno nella foresta. Il lieto fine come siamo abituati a conoscerlo arriva alla fine del primo atto; mentre il secondo narra di come i protagonisti non siano poi così soddisfatti: la vita da principessa annoia Cenerentola, quella da ricco non soddisfa Jack, ed anche il fornaio e sua moglie, nonostante abbiano avuto il loro bambino, vorrebbero avere di più. Quando la moglie del gigante ucciso da Jack scende dal cielo e comincia a seminare morte e distruzione nel regno, i personaggi principali si ritrovano nuovamente tutti nella foresta dove, esattamente come nel primo atto, affronteranno i propri dubbi e desideri, subendo una serie di perdite, finchè non riusciranno ad ucciderla ed allora otterranno un altro lieto fine.
La versione disneyana è stata ridotta nel numero delle canzoni e resa più adatta ai bambini, smorzando la violenza e le vaghe suggestioni sessuali, e alterando alcune delle sottotrame. Tuttavia la pellicola ha avuto un notevole successo di pubblico ed ha ottenuto tre nomination agli Oscar, tra cui quella per i costumi di Colleen Atwood, già vincitrice di tre statuette per “Alice in Wonderland” (2010, Tim Burton), “Memorie di una geisha” (2005, Rob Marshall) e “Chicago” (2002, Rob Marshall). La costumista ha deciso di affidarsi ad una personale visione, considerando ogni fiaba un mondo a sé stante, ciascuna con costumi ispirati ad un differente periodo storico, arricchendoli con un tocco moderno e rendendoli esemplificativi del contrasto interno ad ogni fiaba tra la cornice infantile, leziosa ed i temi adulti oscuri e contorti.
Tuttavia questo mix innovativo ed unico, per quanto di grande effetto, fa percepire alcuni di questi mondi come fuori posto e distaccati dagli altri. Un esempio è l’ambientazione anni Trenta di Cappuccetto Rosso (Lilla Crawford): ispirandosi alle illustrazioni della fiaba risalenti a quel periodo, nell’ideazione dell’iconica mantella, la costumista statunitense ha avuto problemi nel trovare la giusta tonalità di rosso finché non si è imbattuta in un avanzo di scamosciato di questo colore. Nonostante il materiale non la convincesse lo ha usato pensando che guardando il film il pubblico non si sarebbe accorto di quale tessuto fosse stato impiegato.
L’epoca storica di ispirazione non può non far balzare agli occhi una vaga somiglianza con la Dorothy de “Il mago di Oz” (1939, Victor Fleming), interpretata da Judy Garland, soprattutto nella scelta dei colori e nello styling: i suoi alti stivaletti stringati sono rossi come la mantella, mentre il vestito lungo fin sotto il ginocchio, con la sottogonna bianca che spunta dall’orlo, e dalle corte maniche a sbuffo, è blu acciaio, così come i fiocchi che fermano le sue due trecce.
Mentre questo costume può sembrare maggiormente in linea con l’ambientazione del film, quello del lupo, per quanto estremamente ricercato ed originale e squisitamente adatto ad un attore come Johnny Depp, interprete del personaggio, non lo è affatto. Si tratta di una zoot suit, completo maschile composto da una lunga giacca con ampie spalle imbottite e da larghi pantaloni a vita alta lunghi fino alla caviglia, portata nel suo caso con una camicia blu acciaio, una cravatta ampia e corta, un fazzoletto rosso nel taschino per richiamare la mantella di Cappuccetto Rosso, sottili guanti grigio chiaro con artigli neri, un cappello a tesa larga grigio scuro ed ai piedi scarpe nere che terminano con artigli da lupo sulle ghette bianche. Il pattern che caratterizza il tessuto del completo è stato ideato dalla stessa Atwood a partire da fotografie di pellicce ed invece di impiegare vera pelliccia per il collo ed i polsini ha pensato di far realizzare da un ricamatore della pelliccia di filo come quella che andava di moda negli anni Venti.
Fortunatamente, questo è l’unico mondo in netto contrasto con gli altri. Cruciale per la riuscita del film sono stati invece i due costumi della strega (Meryl Streep, candidata all’Oscar per questo ruolo), uno per quando è vecchia ed orribile e l’altro per quando ringiovanisce grazie alla pozione. Per il primo, lacero e consunto come lei stessa, sono state cucite strisce molto sottili di pelle nera su dello chiffon dello stesso colore per il rovescio ed in modo contorto, per dare la sensazione di un nodoso tronco d’albero, e gli orli sono stati pesantemente sfilacciati. La foresta è stata il punto di partenza per la costumista -tutti i personaggi vi entrano, vi si perdono ed alla fine in essa ritrovano se stessi-: la strega concretamente proviene da essa. Lavorando a stretto contatto con gli addetti del reparto tessile ha ottenuto di incorporare le texture degli alberi, le luci e le ombre del bosco nei pattern e sulle superfici dei tessuti e dei materiali; il risultato è stata una superficie contorta che contribuisce ad accentuare ulteriormente la deformità fisica e morale del personaggio, ma che esalta anche la capacità di muoversi della Streep che ha evitato alla Atwood tanti rompicapo, pochi accorgimenti sono stati sufficienti per permetterle una completa libertà di movimento dell’interprete.
I tocchi di blu nel vestito e nei capelli sono giustificati col fatto che in una delle sue prime apparizioni la strega compare alla luce della Luna Blu. Una volta ridiventata giovane, questo colore prende il sopravvento sul nero del costume e nei capelli, prima tendenti al grigio, sciolti, sporchi, scarmigliati e con dei ramoscelli intrecciati, ora puliti, lucenti e raccolti in una voluminosa acconciatura che li fa ricadere in ciocche ondulate. Mantenendo la stessa texture ma scegliendo un tessuto maggiormente pregiato e leggero, la costumista ha creato un vestito che riflette il concetto di eleganza che questo personaggio ha maturato: vorrebbe che Rapunzel (Mackenzie Mauzy), che ha rapito quando era neonata e che ha cresciuto come una figlia, fosse orgogliosa di lei, perciò cerca di agghindarsi nel modo che ritiene il più elegante possibile. La Atwood la vede però come appartenente ad una dimensione completamente diversa da quella della figlia adottata (mentre questa è più “cittadina”, legata al regno, la strega appartiene alla “periferia”, proviene dalla foresta), e così ha interpretato il suo concetto di eleganza sul filo del vistoso esagerando alcuni elementi: le lunghe maniche già gonfie sulle spalle, acquistano ancora più volume; lo scollo, prima accollato, diventa leggermente a V; il lungo manto a strascico si fa più leggero; la vita diventa segnata e stretta; perfino il trucco degli occhi e lo smalto delle unghie sono accentuati giusto poco più di quanto sarebbe necessario e presentano la stessa tonalità di blu dei capelli e del vestito.
La sfida più difficoltosa è stata tuttavia il vestito di Cenerentola (Anna Kendrick), per il quale ha deciso di ispirarsi al XVIII secolo in quanto le sembrava il più congeniale a questa fiaba. Essendo però una Cenerentola riluttante a diventare una principessa, un voluminoso abito da ballo come nel classico d’animazione disneyano del 1950 non sarebbe stata una scelta funzionale. Pertanto la costumista statunitense ha deciso di legare profondamente Cenerentola alla madre, viva sotto forma di albero dopo la sua prematura morte, attraverso la creazione di un abito più modesto. È andata alla ricerca di un tessuto estremamente leggero per dare l’idea di un’ala di farfalla, qualcosa che si vede per un attimo ma l’attimo successivo è scomparso alla vista. Piccole foglie dorate si staccano dolcemente dall’albero e avvolgono Cenerentola fino a dare forma al vestito color oro scuro punteggiato di marrone. Con ciò la costumista ha voluto riprendere la fiaba originale dei fratelli Grimm, dove si parla di scarpette d’oro, non di cristallo, che nel lungometraggio appaiono nella stessa tonalità dell’abito, con una texture che ricorda le foglie dell’albero. Sono stati così realizzati il rigido corpetto con scollo tondo e senza maniche ed i multipli strati della gonna, a cui è stato abbinato uno chiffon verde chiaro sia sotto (lo si vede spuntare dal corpetto), sia sopra, sui fianchi e sul retro della gonna per aggiungervi ulteriore volume.
La stessa linea è stata seguita per il bianco abito da sposa, anche questo con un corpetto rigido dallo scollo tondo, da cui spunta dello chiffon, con un inserto sul centro con dei lacci intrecciati color blu chiaro; maniche a tre quarti che terminano con cascate di delicatissimo pizzo, lo stesso tessuto delle balze della vaporosa ma contenuta gonna. Con i capelli sempre acconciati in un’alta e morbida coda di cavallo ed una piccola coroncina bianca come tocco finale a sostituire quella oro scuro del ballo, scambiando però la sottile ma preziosa collana sempre oro scuro con dei discreti ma pregiati orecchini pendenti anch’essi bianchi.
Il suo disagio come principessa porterà Cenerentola a tornare nei suoi vecchi panni sporchi e logori con cui faceva le pulizie in casa della matrigna e delle sorellastre ed in cui si sente maggiormente a suo agio: la struttura è la stessa degli abiti principeschi, rigido corpetto color rame, senza maniche e dallo scollo tondo da cui spunta la blusa avorio, maniche a tre quarti che terminano con una balza, realizzata con quelli che sembrano i consunti avanzi di una tovaglia, ed una semplice gonna svasata grigia lunga fino al polpaccio.
I costumi della matrigna (Christine Baranski) e delle sorellastre Florinda (Tammy Blanchard) e Lucinda (Lucy Punch), pur rifacendosi allo stesso periodo storico, si avvicinano di più a quelli di una farsa teatrale. Desiderando che fossero eccessivi e vistosi, la Atwood ha dovuto però impegnarsi non farli troppo orrendi e sexy. In effetti le prime bozze differiscono notevolmente dal risultato finale, decisamente più raffinato rispetto alla sua idea iniziale, grazie ai tessuti in diverse tonalità di rosa carne ed ai vari pizzi neri che adornano gli scolli tondi, i colletti alti, le innumerevoli piccole balze e gli orli. I loro abiti sono dello stesso modello di quelli di Cenerentola, ma si differenziano per la notevole quantità di leziosità (balze, colli alti, cascate di pizzo) che li rende di gusto molto vicino al ridicolo. Certo essendo le antagoniste di Cenerentola devono apparire ridicole agli occhi del pubblico e suscitare antipatia, perciò la costumista ha esagerato con i fiocchi neri e rosa carne che adornano le acconciature: una serie di tocchi leziosi che contrastano nettamente con la loro malvagità ed il loro egoismo.
Nonostante per Raperonzolo ed il suo principe (Billy Magnussen) la costumista abbia scelto come ispirazione principale il Rinascimento, nei costumi finali sono presenti diversi altri influssi. Ispirandosi alla sua condizione di prigionia (la strega la tiene rinchiusa in una torre, finché il principe non scala i suoi lunghissimi capelli biondo dorato), la Atwood ha deciso di realizzare per lei una sorta di delicato ed etereo bondage: ha voluto rappresentare fisicamente la catena che la avvinghia alla madre e che deve spezzare per poter fuggire assieme al “cattivo ragazzo” che l’ha ammaliata. Ha avvolto il busto e le braccia della principessa in un complesso intreccio di nastri di raso rosa scuro, gli stessi che fermano i suoi lunghissimi capelli in una treccia: inizialmente la sua idea prevedeva addirittura di legare le braccia al corpo, ma ha dovuto cambiare idea perché l’attrice non avrebbe potuto muovere le braccia. Per rendere ancora più efficacemente l’idea della brava ragazza che si perde, per l’abito ha scelto il colore più dolce che si sia, il rosa, in una tonalità pallida e sbiadita; gli strati di crepe e taffetà di seta che formano la gonna sono stati coperti con un altro strato di organza sempre di seta tinta in un verde pallido, per attenuare la dolcezza dell’insieme e conferirgli una leggera dose di “oscurità” collegandolo quindi al tema della foresta, cercando di dare l’idea della luce filtrata dagli alberi. Uno scollo a barchetta di fine seta bianca arricciata e corte maniche a sbuffo dello stesso tessuto sono gli ultimi elementi di un costume che differisce notevolmente da quello della madre acquisita dal punto di vista sartoriale, ma che hanno un collegamento nell’originale elaborazione delle superfici dei tessuti. Inoltre, la scelta del colore e l’intero styling potrebbero sembrare un chiaro richiamo alla versione animata di questa principessa, protagonista del film Disney “Rapunzel – L’intreccio della torre” (2010, Nathan Greno e Byron Howard).
Lo stesso principe è un mix di romanticismo e di tenue aggressività, resa dandogli una vaga aria da biker dei giorni nostri: sopra la camicia bianca dai profili neri porta un farsetto rinascimentale a maniche lunghe e dalla linea dritta, con colletto alzato e spalline pronunciate, però realizzato in pelle nera, così come i pantaloni attillati ed i guanti, e ricoperto di borchie: un legame diretto col costume di Raperonzolo di ispirazione bondage.
Anche suo fratello, il principe di Cenerentola (Chris Pine), sfoggia lo stesso completo, ma in colori e materiali differenti, per riprendere il costume della sua principessa: dai pantaloni aderenti blu notte alla camicia blu acciaio fino al farsetto blu chiaro, ciascuno dei suoi indumenti presenta profili e bottoni in color verde muschio, un richiamo alla foresta e in sintonia col vestito da ballo di Cenerentola realizzato con le foglie dell’albero della madre.
Tra gli altri mondi esplorati dalla Atwood si annovera l’epoca vittoriana, attraverso la vicenda di Jack (Daniel Huttlestone) che, con il suo maglione a maniche lunghe ed a strisce irregolari in grigio e verde cinabro, i pantaloni lunghi verde palude che stracciati diventano verde cinabro con sfilacci color ambra, la sciarpa di lana verde cacciatore e la coppola dello stesso colore, non starebbe fuori posto nella Londra di Charles Dickens. Così come sua madre (Tracey Ullman) con il suo abito marrone lungo fino al polpaccio, con tasconi, scollo tondo e spalline larghe, portato con sotto una leggera camicia bianca, sporca e con le maniche arrotolate ed un foulard beige, lavanda blu e melanzana annodato attorno al collo. Anche il suo abbigliamento una volta diventata ricca potrebbe essere quello di una donna inglese di campagna, per quanto maggiormente grottesco, dal vistoso copricapo di piume di fagiano alla stola di volpe attorno al collo, dalla redingote in tweed arancione e marrone foderata in arancione alla gonna mogano lunga fino al polpaccio con balza sul fondo.
Infine, era necessario che la costumista dedicasse dello spazio anche alle illustrazioni classiche e senza tempo delle fiabe che hanno fornito lo spunto per l’unico mondo originale del film, quello del fornaio (James Corden) e di sua moglie (Emily Blunt). La loro funzione di collegamento tra tutte le storie è ben esemplificata dal costume di lei, completamente all’insegna del patchwork, dalla giacca con scollo tondo da cui spunta la camicia bianca, maniche lunghe svasate sul fondo ed allacciatura con bottoni molto piccoli sul davanti, formata da strisce alternate di porpora e di grigio asparago, fino alla gonna svasata lunga fino al polpaccio ed a più strati, costituita da tanti pezzi di diversi tessuti multicolore in varie tonalità di arancione, rosso, verde, blu e marrone, molto simile ad un costume folkloristico della tradizione europea. Per il fornaio, invece, la costumista ha ideato una giacca color rame, portata sopra la camicia bianca e con un fazzoletto blu notte legato attorno al collo, e dei pantaloni verde palude attraversati da sottili strisce verticali marroni.
Curiosamente, durante la promozione del film le attrici protagoniste hanno scelto più di una volta abiti d’alta moda in linea con l’atmosfera del film. Alla premiere mondiale Emily Blunt ha sfoggiato un abito di tulle nero in point d’esprit di Dolce&Gabbana, della collezione primavera/estate 2015, interamente decorato con pregiati ricami rossi e verdi raffiguranti garofani, composto da una gonna a ruota lunga fino alla caviglia e da un corpetto trasparente aderente, accollato ed a maniche lunghe, con reggiseno di pizzo nello stesso colore in vista. Nonostante lo portasse con disinvoltura, avrebbe fatto mostra di una maggiore raffinatezza se anche il corpetto fosse stato doppiato come la gonna.
Anna Kendrick si è dimostrata in grado di compiere scelte di maggiore eleganza, però dai tocchi inaspettati. Ad una speciale proiezione del film tenutasi a Londra, lo sguardo era attirato da due volpi circondate da fiori e foglie, come se fossero uscite direttamente da un libro di fiabe illustrato, ricamate sul davanti del suo abito color mirto che seguiva morbidamente le forme del corpo, anch’esso di Dolce&Gabbana ma appartenente alla collezione autunno/inverno 2014-15, lungo fin sotto il ginocchio, accollato ed a maniche lunghe. Invece, alla successiva conferenza stampa l’attrice americana era la cintura rossa a dare un tocco alternativo all’abito-vestaglia di velluto bordeaux lungo fino al ginocchio, con maniche lunghe e scollo a V, firmato Oscar de la Renta, della collezione autunno/inverno 2014-15.