Stile per gentleman contemporanei nel cuore di Milano
È bello leggere la descrizione che fa di sé l’Arabesque, “antro” di preziose ricercatezze da noi amato e più volte descritto con ammirazione:
“Un cult store nel centro pulsante di Milano, in Largo Augusto, uno spazio che accoglie e racconta una nuova retorica della meraviglia attraverso un raffinato intreccio di elementi di rara bellezza…….”
È bello, dicevamo, perché è giusto. E perché è vero.
Corrispondente in toto al concetto greco del Kalós-Kagathòs, semprevivo e sempre convincente.
Qui la moda assume una connotazione diversa. Si espande, si estende, si allarga. Si lascia alle spalle la banalità, la reiterazione, la noia.
Ogni pezzo -dagli oggetti di design anni ’50/’60, agli abiti puro vintage, a quelli contemporanei mutuati da essi, ai gioielli/bijoux che rubano gli occhi, ai libri “introvabili”, alle essenze inebrianti, ai cibi dai sapori inenarrabili- si schiude alla scoperta e alla curiosità di chi ne voglia trovare la passione sottesa e la cura dedicata nel cercare l’eccellenza in ogni cosa da parte di colei che ha “messo in piedi” tutto ciò, Chichi Meroni.
E mentre sulle passerelle milanesi “impazza” la frenesia per le presentazioni dello stile che farà “impazzire” i signori uomini nel prossimo inverno 2016/17, ci piace visitare questo luogo “di meditazione” dove “occhi assetati di cose belle possono finalmente (ri)posarsi e indugiare sulle molteplici creazioni esposte….”.
Una parte dell’ampio spazio è infatti completamente dedicata all’abbigliamento e agli accessori maschili ed è una vera e propria “scatola” che -simile alle antiche scatole laccate tipiche dell’Oriente- si apre per mostrare le proprie sorprese ai sofisticati gentlemen del ventunesimo secolo.
In un “testo sacro” dell’eleganza maschile scritto da Bernhard Roetzel -intitolato appunto “Il gentleman”– si dice che la moda per l’uomo davvero elegante è una “permanent fashion”, qualcosa che non ha nulla a che fare con il tempo che passa e che tutto ingoia, qualcosa che resiste alle tendenze, qualcosa che denota classicità anche quando si adorna di un guizzo eccentrico, qualcosa che non stanca perché parte dall’amore per la qualità e possiede la bellezza del tratto artigianale.
Proprio a questo sapore immutabile ma dal retrogusto ogni volta nuovo e sorprendente sembra obbedire quel che l’Arabesque offre e invita a conoscere e a sperimentare.
Una linea disegnata dalla padrona di casa che denota, a cominciare dal più piccolo dettaglio, l’impronta e il gusto sicuro di chi la sa lunga in fatto di stile.
Un filo conduttore di precisione e di consapevole armonia che dà anima alle camicie dal taglio sartoriale, che attraversa il tessuto pregiato dei pantaloni dalla piega impeccabile, che accarezza i morbidi e impalpabili pullover di cachemire dall’aria vagamente rétro, che si diverte a sottolineare in modo quasi scanzonato l’aspetto un po’ dégagé di certi cardigan “vissuti”.
Ed è proprio nella maglieria che si evidenzia quello spirito, quel “duende” -per dirla come solo Albertazzi sapeva farlo- che, intriso della passione spiccata per il vintage, da sempre emerge in tutto ciò che apprezziamo di questo luogo unico. La foggia un filo bombata dei maglioni a V, i punti e le lavorazioni che rimandano a quelli visti in vecchie fotografie di interni con personaggi posti accanto al camino con pipa e plaid in bella vista, la pacatezza dei colori accostati in modo garbato ma originale……rievocano figure iconiche e maestre indiscusse di stile come Cary Grant, il Duca di Windsor, Marcello Mastroianni. Yves Saint Laurent………..
La classicità, il fascino, la naturalezza, l’essenzialità.
Ingredienti destinati a perdurare in qualsiasi ricetta che dir si voglia e a soddisfare anche i palati più sopraffini.
Un’attenzione capillare infine per tutti quei “giocattoli” fondamentali che fanno da corollario al guardaroba dell’uomo contemporaneo -e di sempre-.
Le cravatte -puro oggetto del desiderio maschile-, i gemelli dalle fogge più svariate -vero “divertissement” in cui osare senza problemi-, le scarpe -su cui si potrebbe aprire un orizzonte senza fine (la calzatura sbagliata può rovinare irreparabilmente anche l’abbigliamento più studiato!)-, i profumi -la cui scia apre le narici e l’immaginazione-.
Un luogo dunque, l’Arabesque, in cui si può “far pratica di buone maniere” iniziando da ciò che “semplicemente” si vede.
E viene in mente un vecchio ma ancor freschissimo libro scritto nel 1947 (e riedito nel 1983) da un elegantissimo -seppur molto controverso- Giovanni Ansaldo dal titolo, apparentemente opinabile, “Il vero Signore”.
Imprescindibilmente slegato dal denaro e dalle ricchezze, il “vero Signore” viene descritto come colui che, distaccato dalle mode senza snobismo, possiede quella rara capacità di vivere la moda e i modi -dello stare al mondo- con leggerezza e con limpido approccio senza dimenticare mai intelligentemente l’importanza e la serietà di quel che tutto ciò comporta.
La dignità, il decoro, la cortesia -anche a partire da ciò che si indossa, nel rispetto dei tempi e dei luoghi-: consigli da tenere in serbo, da custodire, da tramandare.
Da trasformare, anche, ma di cui mantenere le basi e le tracce nodali.
“……le buone maniere son rimaste pressoché le stesse; ma non si creda che ciò renda, nella nostra società, l’aspirazione -a seguirle e a esercitarle- “fuori moda”………”