Aspettando Milano Moda Donna
73 defilé per 69 collezioni complessive, 90 presentazioni per 88 marchi (più 16 giovani designer al Fahion Hub Market), 5 maison che sfilano per la prima volta (Atsushi Nakashima, Diesel Black Gold, Lucio Vanotti, Piccione.Piccione, più l’ospite di Giorgio Armani: il brand Ujoh del designer giapponese Mitsuru Nishizaki), una ventina di aziende che per la prima volta si presentano, 13 eventi tra inaugurazioni, opening, ecc. In totale ben 182 collezioni. Sono questi alcuni dei “freddi” numeri che preludono alla “calda” inaugurazione di Milano Moda Donna, in programma dal 24 al 29 Febbraio.
Rimandiamo le cronache fashion ai prossimi giorni per focalizzarci qui sullo stato della nostra moda intesa come business, anche per cercare di capire quali sono le previsioni settoriali a breve termine.
Il 2015 è stato alquanto instabile nell’andamento del fatturato e si è chiuso con un bilancio in linea con le attese formulate dalla Camera Nazionale della Moda Italiana (ricavi previsti di 62 miliardi di euro, ossia +1,4% sul 2014: dato relativo a circa 60mila imprese). Sul fronte delle esportazioni, a fronte del raffreddamento dei mercati francese, tedesco, russo, sono cresciute le vendite all’esterno dell’area non-Euro, a partire da USA e Regno Unito, mentre l’export verso Cina, Hong Kong e Corea si è mantenuto prossimo alla crescita a due cifre. Il mercato interno si è rivelato ancora debole, malgrado qualche segnale di fiducia tradottosi in una ripresa delle vendite al dettaglio, che ha fatto rimbalzare i fatturati delle imprese nel periodo pre-natalizio.
Venendo alle nude cifre, le analisi dei Fet (Fashion economic trends) messe a punto dalla Camera della moda su dati Istat, indicano per il primo semestre 2016 una crescita dei settori tessile-abbigliamento-pelle-pelletteria-calzature del 2,5% e un pari aumento dell’export, superiore al +1,1% del 2015, quando le esportazioni erano arrivate a 47,408 miliardi, corrispondenti a circa il 75% del fatturato complessivo. Va detto comunque che le suddette previsioni, risultano forse un po’ ottimistiche se si considerano le turbolenze geo-politiche di questi tempi combinate con la crisi finanziaria che fa temere una nuova recessione.
Il riavvio dei consumi di moda è stato favorito da una sensibile crescita dell’e-commerce, dove la moda si è confermata ovunque il settore che registra i tassi più alti. Incrociando le statistiche ufficiali con le rilevazioni di vari enti, emerge un quadro che vede nell’insieme dei 4 principali mercati Europei – Germania, Regno Unito, Francia e Italia – le vendite via web di prodotti di moda toccare nel 2015 il valore di 26,6 miliardi di euro. La quota sul totale delle vendite fashion è stata superiore al 10% in Germania, Regno Unito e Francia e solo del 5% in Italia. Secondo uno studio di PostNord, il numero consumatori che acquistano moda online nei 4 Paesi ha raggiunto gli 80 milioni, 89 milioni se si considera anche la Spagna.
L’ultimo documento di previsione stilato dalla Commissione Europea delinea uno scenario in cui la ripresa nell’area euro proseguirà, sebbene a un ritmo prudente anche nel 2016 (al netto delle difficili condizioni dell’economia globale), in particolare grazie alla politica monetaria espansiva della BCE e al livello del cambio dell’euro (ma fino a quando dureranno questi due fattori provvidenziali?). La zona euro è stimata in crescita nel 2016 dell’1,8% (+1,7% i consumi), mentre il pronostico assegna un +2% per l’UE a 28 membri. Sempre secondo i dati di Bruxelles, la crescita si consoliderà negli USA (PIL +2,8%, consumi +2,9%) e per il Giappone ci si aspetta una dinamica ancora debole (+1,1%). Bene la Cina, per quanto si paventino grossi rischi dal rallentamento del Dragone: il tasso di crescita dell’economia nel 2015 si è stabilizzato al 7%, in virtù di un buon andamento dei consumi interni che ha compensato la frenata degli investimenti e la crisi dell’export.
Tutto sommato, la salute del sistema moda italiano è buona, cosicché il Presidente della Camera dalla Moda Carlo Capasa può dichiarare con fiducia: “La filiera italiana della moda vale oltre 62 miliardi, che poi sono 80 prima di consolidare il valore complessivo della produzione tessile: è questo patrimonio, unico al mondo e che moltissimi Paesi ci invidiano, che dobbiamo preservare. Il format delle sfilate può essere innovato e il digitale sarà sempre più importante, i calendari possono essere ridiscussi, ma senza mai dimenticare che le fashion week di Milano sono la punta di un iceberg creativo e produttivo e che per gli Italiani la moda non sarà mai solo marketing e merchandising”.
La cosa di cui siamo certi è che dal 24 al 29 Febbraio Milano sarà di nuovo la capitale mondiale del pret-à-porter, presentando 40 collezioni in più rispetto a quelle del Febbraio 2015, il numero più alto dal 2009. Vivrà 6 giornate piene, con una chiusura definita “straordinaria” dallo stesso Capasa, che ha spiegato: “Lunedì 29, ultimo giorno, i protagonisti saranno DSquared2 e Giorgio Armani, simbolo dello stile italiano nel mondo, e giovani designer ancora poco conosciuti ma che rappresentano un ponte con il futuro e che proprio Armani continua a sostenere. Non solo: presenteremo anche un documento legato alla sostenibilità, soprattutto ambientale, che è l’altro modo, accanto alla creatività inesauribile della nostra filiera, per proiettarci nel futuro. Le nuove generazioni, in Italia e nel mondo, chiedono un forte impegno su questo fronte e le aziende sono pronte”. Il protocollo, elaborato con Sistema Moda Italia, Federchimica, Unic, Tessile e Salute, oltre ad altre associazioni, sarà anche una dimostrazione che il fashion tricolore sia finalmente imparando a fare sistema, superando i particolarismi per rafforzarsi e promuoversi come filiera.