Addio al sogno se vince il “vedi e compra”
Se per le sue nuove borse autunno/inverno 2016 (Pionnière e Cahier) persino Prada ha adottato la strategia del “vedi e compra”, vuol dire che l’argomento merita proprio una riflessione.
In effetti la moda disponibile in boutique subito dopo la sfilata rappresenta una vera rivoluzione nel sistema del prêt-à-porter: un mutamento che, innescato sulle passerelle newyorkesi e volato sulle ali dei social network, si è rapidamente diffuso worldwide.
Finora le collezioni sono state presentate sei mesi prima del loro arrivo nelle vetrine dei negozi (mostrate prima a buyer, giornalisti e celebrity, poi al pubblico a debita distanza temporale), ma ora – complice la forza della multimedialità – “i clienti giovani non vogliono più aspettare. Vogliono vedere e indossare il giorno stesso, o al massimo l’indomani” ha dichiarato lo stilista statunitense Tommy Hilfiger, uno dei pionieri nello sposare la nuova filosofia del “see now, buy now”.
E come lui hanno subito fatto molti altri couturier d’oltreoceano: da Rebecca Minkoff a Diane von Furstenberg, da Tony Burch a Tom Ford, da Tommy Hilfiger a Michael Kors, mentre sul fronte europeo tra i primi a seguire l’esempio vi sono stati il brand britannico Burberry e il “nostro” Versus Versace. L’obiettivo di costoro è esplicito: annullare lo spread tra show e vendita convertendo le sfilate da strumento di marketing a evento puramente commerciale, per realizzare il più alto fatturato possibile nei flagship store. In pratica eliminare lo spettacolo (e il fattore “desiderio”) per passare immediatamente all’incasso!
“Penso che una revisione dei calendari della moda sia in qualche modo auspicabile” – ha commentato dal canto suo Giorgio Armani, puntualizzando poi: “Penso però che farsi prendere adesso da facili entusiasmi per il see now buy now sia prematuro: perché questa rivoluzione sia effettiva e permanente bisognerà intervenire a ogni altezza della filiera in modo da creare un meccanismo operante, non l’ennesima operazione di sola comunicazione”.
Dietro una decisione così dirompente da parte di varie maison (avallata addirittura dalla Camera della moda Usa – Cfda) si cela senz’altro un tentativo di reagire con forza alle politiche aggressive dei colossi fast fashion (Zara, Gap, H&M, ecc.), i quali hanno cicli produttivi a corto respiro che si traducono in proposte molto competitive.
Ma ora è il caso di chiedersi quali effetti avrà sul business questa riduzione netta delle tempistiche di funzionamento del prêt-à-porter. Se il trend “instantly shoppable” continuerà, che ne sarà delle tante aziende terziste italiane che lavorano per i giganti del lusso mondiali, già adesso costrette ad essere iper-flessibili ed a limare i margini reddituali? E che ne sarà dei brand “minori” che non possono reggere certi ritmi manifatturieri? E che ne sarà dei buyer, il cui ruolo sarà mortificato, per non dire annichilito?
Per molte realtà del made in Italy l’affermazione su larga scala del “vedi e compra” sarebbe una batosta. Ma qualcuno ha detto NO con convinzione a questa pratica. L’ha fatto nientemeno che un pezzo da novanta come il patron di Kering, François-Henri Pinault, che ha definito una “negazione del sogno” la scelta di offrire ai consumatori la possibilità di acquistare le collezioni subito dopo le sfilate. Ed ha aggiunto (con una sana aria di sfida): “Ci sono alcuni brand per cui le sfilate sono un vero e proprio evento. Burberry ha scelto cosa è meglio per sé, noi decideremo allo stesso modo secondo quella che è la nostra visione del lusso” (poi, per la cronaca, anche altri grandi nomi della couture d’oltralpe, come Dior, Chanel e Saint Laurent, hanno respinto un’eventuale modifica del calendario delle sfilate parigine).
Ebbene, forse se un po’ di creatività e di know-how italiani si salveranno, sarà anche merito di un francese (che ha ben meritato di sedere al tavolo del Presidente del Consiglio Renzi in occasione dell’apertura dell’ultima fashion week milanese).