Esportare il “bello ben fatto”
Trainate dall’ampliamento della classe benestante nei nuovi mercati (dalla Russia alla Cina), sono destinate a crescere in misura rilevanti le vendite di prodotti “belli e ben fatti” (BBF), ovvero quei beni di consumo di fascia medio-alta caratterizzati da eccellente design, cura nella lavorazione, qualità dei materiali (nei settori alimentare, arredamento, abbigliamento e tessile casa, calzature, occhialeria e oreficeria-gioielleria). In pratica si stima che l’export passerà dagli 11 miliardi del 2014 ai 16 miliardi del 2020, lievitando del 45% in sei anni (dati forniti dalla sesta edizione della ricerca “Esportare la dolce vita”, realizzata da .
Più esattamente, nel 2020 le Nazioni emergenti importeranno da tutto il mondo più di 230 mld di euro di BBF, ed oltre un terzo della domanda aggiuntiva verrà proprio da Russia, Emirati Arabi e Cina, mentre l’Asia in generale sarà l’area più dinamica in termini di crescita.
Le potenzialità per la moda italiana sono dunque enormi, dal momento che tra meno di un lustro nel mondo ci saranno 224 milioni di nuovi ricchi in più, la metà dei quali risiederà nei principali centri urbani di Cina, India, Indonesia e Brasile. Comunque la classe affluent si sta ampliando sensibilmente anche in Paesi più vicini a noi come la Turchia e, malgrado il rallentamento dovuto alle sanzioni economiche, la Russia, che resta uno dei maggiori acquirenti di BBF italiani con una spiccata sensibilità per le tematiche culturali, storiche e artistiche che evocano il Bel Paese. Ma a trascinare l’export, offrendo il contributo più elevato alla domanda di beni italiani, saranno soprattutto i ricchi Paesi del Golfo Persico (nonostante il crollo del prezzo del petrolio).
Per le nostre imprese, al fine di entrare nei nuovi mercati, sono fondamentali l’attenta valutazione delle potenzialità dei consumi, il vaglio delle barriere commerciali esistenti e il supporto dei veicoli di promozione commerciale.
Guardando ai singoli settori, l’abbigliamento italiano BBF sarà quello che “tirerà” di più: nel 2020 le importazioni sono previste in crescita fino a 3,7 miliardi (dai 2,7 del 2014), con il 29% della domanda proveniente dalla Russia e il 20% dalla Cina. Sullo stesso valore di 3,7 miliardi (1,4 miliardi in più rispetto al 2014), si dovrebbe assestare l’oreficeria-gioielleria: gli Emirati sono il Paese che più contribuirà all’aumento. Al secondo posto l’arredamento: 3,3 miliardi nel 2020, contro i 2,1 miliardi del 2014, con Emirati e Cina a fare la parte del leone. L’import di alimentare BBF italiano salirà a 2,5 miliardi, 554 milioni in più rispetto al 2014, con Cina, Polonia e Russia in prima fila. Le importazioni di calzature arriveranno a 2 miliardi (+684 milioni rispetto al 2014), quelle di occhiali a 858 milioni (dai 534 del 2014).
L’indagine di Centro Studi Confindustria e Prometeia avverte però che grandi opportunità non significano automaticamente facilità di accesso. Nella classifica dei 30 Paesi presi in considerazione gli Emirati svettano, seguiti in molti casi dalla Malesia e dai mercati europei. Russia e Cina, invece, non entrano nella top ten per accessibilità; Brasile, Argentina, Vietnam e Indonesia occupano addirittura la parte bassa della classifica.
Per agevolare i contatti le strade sono essenzialmente due: il turismo e l’offerta audiovisiva (ovvero quella serie di film, fiction, video musicali che lusingano i potenziali consumatori, trasformando bellezza e qualità in uno status symbol da possedere).