L’Arabesque e la chimerica Chichi ci fanno ancora sognare
Un viaggio a partire da sé, dalle proprie esperienze, dai propri ricordi.
Le emozioni personali che si fanno dono, abito, arte, bellezza.
La capacità di guardarsi dentro per poi esternare quel che si è sedimentato in anni di lavoro, passione, ricerca, amore.
Tutto questo ci ha offerto Chichi Meroni, poliedrica ed eclettica personalità “a capo” del suo milanese Cult Store “L’Arabesque”, per presentare la collezione P/E 2017.
Una vera e propria live performance che, come in un teatro, ha dato vita e movimento ai corpi e alle “vestimenta”.
“Il vestito è il corpo del corpo e dà un’idea delle disposizioni dell’anima”, diceva Erasmo da Rotterdam nel 1550.
Bello prenderne consapevolezza attraverso testimonianze concrete…..
“RITRATTI”, all’interno dello spazio di Largo Augusto trasformato in palcoscenico. Veri e simulati, in una reciproca e magnetica contaminazione.
Sette giovani donne del Corpo di ballo del Teatro La Scala per rendere reali sette ritratti (il 7 è un numero ricorrente nella vita di Chichi!), a firma di grandi artisti, posti come sfondo dello “spettacolo” dove pubblico e ballerine -mescolati insieme- hanno creato un tutt’uno simile a un abbraccio.
Danza, pittura, musica, design, carne viva, tessuti, fruscii, ricami; tocchi discreti, occhi curiosi, sfide estetiche, movimenti leggeri, racconti danzati; colori pacati e ricorrenti, linee fluide e fluttuanti, accenti originali e quasi inspiegabili.
Memorie rese palpabili, tangibili, sperimentabili…..attraverso sette “Tableaux vivants” rappresentanti un arco di tempo lungo più di un secolo e un ventaglio di Paesi diversi -Spagna, Francia, Austria, Giappone-.
Un percorso immaginario a iniziare dall’impressionista Pierre Auguste Renoir -con l’opera “Fernand Halphen enfant”- e dal suo contemporaneo (siamo nel 1880) Kojima Torajiro -con l’opera “Korean Daughters”-: la Marianna e il Sol levante affiancati in un connubio delicatamente posto.
Procedendo, ecco Gustav Klimt, astro indiscusso della Secessione Viennese, con il suo ammaliante “The dancer” e Sonia Delauney, vulcanica interprete del movimento chiamato cubismo orfico, con il suo esplosivo “Flamenco Singer”, datato 1916: due “campioni” del colore -uno più dolce, l’altra più intensa- destinati a dar luce alla luce.
E poi l’imperdibile Costa Azzurra dei dorati anni ’50, il suo cielo specchiato nel Mediterraneo, il suo clima così morbido, la sua atmosfera così autenticamente dégagée. Come non farvi tappa? Come non sottolinearne l’intramontabile incanto con il fecondo Pablo Picasso e il suo “La ragazza con la coda di cavallo” ritraente la musa del pittore, Sylvette David, in una sosta a Vallauris? E come non ritornarvi una quindicina di anni più tardi con un altro “grande”, l’enfant prodige Martial Raysse -iniziò prestissimo a poetare e a dipingere!- e il suo incisivo “Painting in the French Style II”? Una sorta di sovrapposizione onirica disposta a rincorrersi e a scambiarsi le parti senza intaccarne la magia.
Per terminare, come nel più classico “dulcis in fundo”, di nuovo l’Oriente, di nuovo il suadente e amato Giappone -esattamente nello stesso giorno in cui L’Arabesque ci ha introdotto nel suo “sogno”, nel vicino Palazzo Reale si è aperta la raffinatissima e poetica mostra “Hokusai, Hiroshige e Utamaro”, le cui immagini fanno desiderare di “migrare” verso quei luoghi a misura d’anima….-.
Sì, la nostra colta ed elegante padrona di casa ha chiuso il cerchio e le danze con un’abbagliante artista dell’Avantgarde giapponese, Yayoi Kusama, le cui opere a volte provocatorie (nota la sua collaborazione con Marc Jacobs nella realizzazione di pezzi eccentrici per il marchio Louis Vuitton!) sono esposte nei più importanti musei del mondo; “I want to sing my heart out in praise of life”, recita il titolo dell’ultimo ritratto, quasi a rivelare “l’essenza ispiratrice che lega la collezione”….
“Indosso il sogno e la natura”, dice da tempo la nostra designer.
Forse per questo, diciamo noi, riesce a trasformare ogni capo da lei creato in sentimento, in impulso, in gioia “portabile”, in grazia “vestibile”.
I rossi crepuscolari rimbalzano sui neri più profondi e saltellano sui grigi plumbei: il sole, la notte, il cielo non hanno che da farsi avanti per prestare le loro nuances ai tessuti sofisticati, ai baluginanti ricami, alle fantasie che rimandano sempre agli “aspetti” più evidenti del creato -i fiori, gli uccelli, il mare-.
A conclusione, tra i fruscianti spolverini, i preziosi obi, le vaporose e seriche gonne volteggianti….. ci è parso di sentire le pareti -intrise dello spirito del luogo!- sussurrare parole “balsamiche”:
“L’arte e la natura entrano nell’anima; gli occhi ne colgono ciò che il cuore di ognuno di noi non può dimenticare.
Il ricordo e l’emozione creano a poco a poco e danno vita ad ogni sogno.
Il fruscio della seta, il colore dal nero al rosa, i ricami evocano il mondo del Sole Nascente.
Il Mare è una permanenza.”
Nulla di meglio per farci capire la tempra di Chichi….