Laura Biagiotti e la magia delle dicotomie.
“Per la creazione dei miei capi mi ispiro ad una donna che cerchi nell’abito un comportamento che l’appaghi, fatto di valore intrinseco, comfort e lunga durata….. L’abito è espressione comportamentale del nostro modo di essere, di esprimerci al meglio o anche, al contrario, come il nostro modo di non–essere per nasconderci o proteggerci o camuffarci. Il dualismo del sé è sempre al femminile.” Racconta Laura Biagiotti.
Si è tenuto nel Piccolo Teatro Studio, dalla pianta circolare e dalle bordure dipinte di rosso uno dei più attesi appuntamenti della MMD febbraio 2017, il defilé della regina del cachemire, Laura Biagiotti, così come acutamente definita dal New York Times. Un silenzio attento, accompagnato da sguardi rapiti e attoniti, dalla musica di sottofondo e dal tintinnio dei flash dei fotografi, ha saturato la sala di suspense e, un passo dopo l’altro, una mise dopo l’altra, ecco giungere con rapida fluidità capi straordinariamente femminili magistralmente architettati: innesti di arte e moda, metafore e pensieri, creature dell’intelletto e della magnificenza umana.
L’ispirazione nasce dall’incontro tra il massimo esponente del neoclassicismo, Antonio Canova con la sua purezza di forme e il tocco netto, armonico e deciso del suo scalpello e il rappresentante dell’Arte Informale Alberto Burri, con le sue tecniche pionieristiche corroborate dall’ utilizzo di materiali inediti: sacchi di juta tranciati, catrame, plastiche fuse. La perfezione del Canova e la scomposizione del Burri, con le sue ferite, le lacerazioni e le rotture. Dualismo che innesca il contrasto, schieramento di poli opposti, collisione e poi fusione; complessità, agevolmente rintracciabile dell’animo femminile.
La proposta si compone di un’alternanza di capi dal carattere proprio e caratteristico, a rappresentare una moltitudine di donne, ognuna diversa, ognuna con la sua propria personalità, con la sua propria intimità, ciascuna col suo proprio segreto nel cuore.
Una proposta definita da contrasti: volumi verso linee fluide, vita segnata o lasciata libera, colli importanti o semplici girocollo, maniche a sbuffo o maniche dritte e lineari, pantaloni morbidi o strutturati, gorgiere e spalle nude, paillettes e juta, materia grezza e pizzo.
E poi collage di velluti, patchworks, sublimi intrecci di cachemire, e sofisticazioni nei volumi che tracciano l’identità di una collezione pensata per una donna rigorosa e seducente al contempo.
Tinte tenui dai toni pietrosi dipingono impalpabili sete, toni terrosi si stagliano sui patchwork di velluto e un rosso deciso sovrasta abiti e tricot dai volumi importanti.
Il bianco, tinta nobile e pura, equilibrio e neutralità, tanto amata dalla stilista, è combinata con i nocciola e “colora” gonne, gorgiere e pantaloni di cachemire impreziositi da sprazzi di fili, emergenti qui e là dalle pareti del tessuto.
Le luci si alzano, cala il sipario sulle mise, la stilista, accompagnata dalla figlia Lavinia, porta con se un gran mazzo di rose bianche, e le porge, con grazia, alla delicata dama bianca della danza classica, stella tra le stelle, Carla Fracci.