Foulard in vetta
C’è chi lo amò da morire (la celebre ballerina Isadora Duncan, a causa di un lungo foulard impigliatosi nella ruota dell’auto, ne rimase strangolata) e chi ad esso ha comunque legato la propria immagine, facendone un emblema di stile, come Jacqueline Kennedy o Grace Kelly, senza dimenticare alcune donne di potere che in tempi più recenti ne hanno fatto un oggetto iconico della propria identità come Margaret Thatcher e Christine Lagarde. Ora la storia del foulard – “il tocco finale di una mise”, per usare le parole di Chrisian Dior – è raccontata in una bella mostra allestita a Courmayeur (AO) fino al 3 Settembre presso la Maserati Mountain Lounge all’interno del Museo Transfrontaliero.
L’esposizione “Foulard delle montagne” è curata dal Museo Nazionale della Montagna di Torino, che per l’occasione presenta una settantina di pezzi delle proprie collezioni (che contano oltre 180 esemplari a tema montano), dagli anni ’20 ad oggi, tra cui i modelli di storiche griffe quali Chanel, Hermès, Prada, Givenchy, Gucci, Céline, Krizia, Ralph Lauren, Escada, Gabrielli, Aallard e Bogner, ma anche firme contemporanee come Étoile de Marie, Casali 71, Lola Paltinger, Milleneufcentquatrevingtquatre, Charlotte Hudders.
Tra i pezzi più interessanti in mostra a Courmayeur vi sono i tanti foulard dedicati alle Olimpiadi Invernali, come quello realizzato da Stoffelo per i Giochi di Saint-Moritz del 1948 o da Cattaneo Cravatte per i più recenti Giochi di Torino 2006, passando per le Olimpiadi di Oslo del ’52. Da segnalare anche un articolo in seta del 1920 ispirato ai primordi dello sci alpino, che idealmente si collega al modello con montagne stilizzate disegnato nel 2015 da Slavka Kolesar per Etoile de Marie. E in questa cornice trova felicemente posto anche il nuovissimo foulard “Monte Bianco” di Maurizio Rivetti realizzato per Cattaneo Cravatte al fine di celebrare l’eccezionale location della rassegna: il pezzo, appositamente commissionato dal Museo della Montagna in edizione limitata, è acquistabile durante l’esposizione stessa.
Nato come accessorio pratico ad uso quotidiano, diffuso a tutte le latitudini ed epoche, il fazzoletto da testa o da collo nel secolo scorso è diventato un vero oggetto di culto e un simbolo di eleganza femminile, inseparabile dalle signore più raffinate e attente a definire un proprio stile. E ciò è avvenuto soprattutto grazie al cinema e alle dive di successo, da Gloria Swanson negli anni ’50, che lo portava come un turbante (in “Sunset Boulevard”), fino a Sarah Jessica Parker con i suoi carré dei giorni nostri (in “Sex and the City”).
L’evento “Foulard delle montagne”, curato da Aldo Audisio, Laura Gallo e Cristina Natta-Soleri che hanno anche stilato un ricco catalogo edito da Priuli & Verlucca (destinato a costituire il nono volume della collana Raccolte di Documentazione del Museo Nazionale della Montagna), non propone solo pezzi griffati, ma anche modelli semplici in tessuti meno nobili della seta come cotone e lana e persino materiali sintetici come acetato, rayon, poliestere. A Courmayeur dunque si può ripercorrere la storia completa di questo oggetto: la nascita e l’evoluzione di un accessorio in must-have, dedicando un focus speciale a singole storie, come quella di Caty Latham, storica illustratrice di Hermès o quella di un singolare foulard del 1931 su cui sono ricamate le firme di 92 alpinisti o ancora quella del ruolo di un simile accessorio nell’alta moda sartoriale.
La mostra di Courmayeur diventa così un mezzo per viaggiare nel tempo attraverso la narrazione affascinante dei costumi d’epoca, riscoprendo attraverso la moda le diverse maniere di vivere la montagna e il paesaggio. Tutto questo è reso possibile dal sostegno della Regione Piemonte, della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino, della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Trento, e si svolge in collaborazione con la Città di Torino e il Club Alpino Italiano.
“Un bambino mi chiese Che cosa è l’erba? recandone a me piene mani, / come rispondere al bimbo? Non meglio di lui so che sia. // Penso debba essere l’emblema della mia inclinazione, tessuto della verde stoffa della speranza. // O penso sia il fazzoletto del Signore, / un dono aulente, un ricordo, lasciato cadere apposta…” (Walt Whitman).