Andrea Chénier. La Scala veste gli abiti della Rivoluzione Francese.
Come ogni anno a Milano per Sant’Ambrogio, l’attenzione, gli sguardi, le critiche, i commenti, sono tutti per lei, ‘La Prima’!
Una prima straordinaria quest’anno per La Scala che ha messo in scena la Rivoluzione Francese nelle note bellissime e coinvolgenti di Umberto Giordano. In un silenzio quasi mistico preceduto dal caratteristico brusio del teatro prima del primo atto, si apre il sipario. Le note crepitanti dell’Andrea Chénier irrompono e amplificano la loro forza tra la platea e i loggioni e di colpo ci si trova catapultati negli agi di palazzo e nei tumulti della Rèvolution. Tra i “peccati” della ricca corte dissoluta e le indigenze misere e miserabili del popolo ha inizio la stagione scaligera della Scala con una prima cha mancava dal 1985 ed è un inizio scoppiettante come il riecheggiare delle baionette che sembrano scandire i 4 atti dell’opera.
Il Direttore Riccardo Chailly ha avuto ragione. Riproporre dopo tanto tempo il capolavoro di Giordano che fu battezzato alla Scala nel 1896 e che aveva inizialmente suscitato perplessità, ha ricevuto il plauso di pubblico e critica. Una tematica forte, intensa, vigorosa e audace. Una poetica tra amore e guerra, tra dissolutezze e povertà, tra indifferenza e verità.
Mario Martone, specialista di affreschi storici sia in scena che sullo schermo riconosce ad Umberto Giordano la facilità di parlare al cuore con una regia intensa e storica; di uno storico tradizionale e contemporaneo allo stesso tempo. Un impianto girevole perfetto, tipo quello delle scatole magiche dei carillon, ha dato continuità agli atti in una suggestiva ed efficace immediatezza conferendo un effetto molto cinematografico e coinvolgente come appena uscito dalle vigorose tele di Jaques Louis David e Eugène Delacroix.
I costumi studiati da Ursula Patzak hanno entusiasmato tutti. Ricchi ed accurati quelli di corte con stoffe raffinate e pregiate passamanerie; severi, consunti e dissoluti quelli del popolo. Mirabili le caratteristiche tournures per sostenere il panneggio delle gonne femminili come pure gli aderentissimi caraco à la pierrot con le tradizionali baschine posteriori. Rilevanti ed autentici i panni popolari a righe in bianco, rosso e blu; i nastri tricolore e le coccarde simbolo della nuova Francia. Un gioco sagace e ben riuscito che ha visto contrapporsi l’eleganza borghese alla frugalità popolare. La robe à la française, ricca di ruches, pizzi e balze, di livree luccicanti e bottoni dorati è stata degnamente mischiata alle carmagnole, alle camice usurate, alle marsine, ai grembiuli e ai corsetti logori.
Davvero bella la ricostruzione filologica degli abiti della Patzak dove hanno primeggiato le giubbe patriottiche e reazionarie in stile Lafayette e dove le modulazioni sono state acute e aspre come quelle della Rivoluzione, incatenate tra le arie poetiche e languide delle straordinarie voci di Anna Netrebko (Maddalena) e Yusif Eyvazov (Andrea Chénier). Coppia in scena e nella vita, per la prima volta insieme alla Scala, sono riusciti a rischiarare con i loro timbri le cupe ombre del Terrore francese e della ghigliottina che li ha attesi, indifferente ed impassibile, alla fine dell’ultimo atto.
Menzione speciale agli scenografici “quadri” che con molta intensità hanno trascinato verso le sofferenze dei mendicanti e degli ultimi. Una veemenza che Margherita Palli ha egregiamente enfatizzato nell’allestimento scenico con principeschi specchi dorati a riflettere la vita lugubre ed affamata del Terzo Stato.
Andrea Chénier titolo cardine del repertorio verista, nato alla Scala, fa riscoprire il grande patrimonio artistico italiano con una sensibilità drammatica ed emozionante. Tra sanculotti e merletti, parrucche incipriate e berretti frigi i tumulti delle note di Giordano si propagano fino al patibolo che pone fine alle diseguaglianze in nome della “libertè égalitè, fraternitè”.
Un lavoro straordinario che rende merito anche e, soprattutto, all’impegno e alla grande maestria del dietro le quinte: dalle sarte alle parrucchiere, dai truccatori ai macchinisti, dagli attrezzisti agli elettricisti; tutti che sospingono con il loro operato verso la magia e l’incanto del palcoscenico.
Undici minuti di applausi!