Su il cappello!
Mi piego, ma non mi spezzo. Potrebbe essere questo il motto che caratterizza l’azienda Borsalino, storica manifattura di cappelli con sede nell’Alessandrino. Coinvolta in pesanti vicende giudiziarie a seguito della dichiarazione di fallimento nel Dicembre 2017, sembra infatti non arrendersi al suo destino, decisa a resistere tenacemente, anche attraverso la campagna #saveBorsalino, l’hashtag lanciato dal quotidiano La Stampa insieme ai dipendenti della fabbrica stessa.
Ora ad Alessandria, nella cornice di Palazzo Cuttica, è in corso fino al 6 Maggio una mostra di 160 disegni realizzati da celebri illustratori, italiani e stranieri, che hanno aderito all’iniziativa finalizzata al salvataggio dell’azienda emblema del made in Italy d’eccellenza, fiera di 160 anni di storia, il cui marchio attualmente è di proprietà dell’imprenditore italo-svizzero Philippe Camperio.
La “mobilitazione artistica”, che è stata aperta da Mario Bortolato, il famoso ‘Bort’ de “La Settimana Enigmistica”, autore di tre tavole ad hoc, vanta tra l’altro i contributi grafici del veneziano Lucio Schiavon, che su input del collega Riccardo Guasco ha deciso di aderire alla rassegna inserendo quattro copricapi nel suo disegno. Pia Taccone e Andrea Musso hanno pensato invece di raffigurare Umberto Eco con Borsalino in testa, mentre il torinese Luigi Leuce ha voluto partecipare all’evento con uno dei suoi classici personaggi traboccanti di allegria. La mostra annovera poi i disegni di un’altra piemontese doc, Chiara Morra (che ha accompagnato la sua adesione con le parole: “Borsalino è un cappello divenuto icona e più volte illuminato dai fari del cinema, oggi tocca a noi puntare una luce sull’azienda”), di Elisa Schiavina da Pavia, Matteo Franco e Paul Mellidi da Roma, il quale ha proposto un elegante bianco e nero con un richiamo al “Piccolo Principe” di Saint-Exupéry. Invece il milanese Francesco Poroli ha presentato una coppia super-chic con cappello in testa, e il vicentino Ale Giorgini un modello “ermetico” nella sua essenzialità, mentre Beppe Beppetti (il vignettista di “Edicola Fiore”) ha esposto un mondo che fa il galante con la luna togliendosi il cappello; d’altro canto l’illustratrice padovana Elisabetta Benfatto ha abbozzato una donna sovrappensiero (“Perché sotto ci stanno delle belle teste: #saveBorsalino”) e la pugliese Paola Lomuscio si è espressa con una matita appoggiata in testa a un uomo elegante.
Tutto è nato dall’intraprendenza del succitato Riccardo Guasco, disegnatore alessandrino noto in tutto il mondo, che ha fondato e organizza, insieme ad amici artisti, il festival per illustratori “Inchiostro” ed ora si è impegnato strenuamente nel progetto #saveBorsalino, per il quale ha realizzato un’opera con la dedica “Su il cappello”, invitando i colleghi a fare altrettanto. La risposta è stata un’onda di creatività e di solidarietà, con lo sbocciare di disegni vari a matita, inchiostro o mouse del pc, utilizzando colori (in alcuni casi, il Tricolore), sfumature di nero, macchie di giallo, tracce di bianco. Una galleria di emozioni sulla carta, perché con le emozioni sono state concepite trepidando per quello che è un autentico marchio italiano a rischio di essere perduto per sempre.
Fondata nel 1857 dal talentuoso cappellaio Giuseppe Borsalino, l’azienda alessandrina è diventata celebre in tutto il mondo come sinonimo di eleganza e raffinatezza, con citazioni anche in grandi film: da Humphrey Bogart e Ingrid Bergman ad Alain Delon, il Borsalino è stato da sempre uno dei simboli del made in Italy: in “Casablanca”, solo per citare un esempio ormai “mitico”, la celeberrima scena dell’addio tra i due protagonisti Bogart e Bergman vede entrambi con un Borsalino in testa. “Borsalino” invece è un film del 1970, diretto da Jacques Deray, tratto dal romanzo “Bandits à Marseille” di Eugène Saccomano e ispirato alle figure di Paul Carbone e François Spirito, due membri di spicco della malavita marsigliese degli anni Trenta sempre con indosso lo storico cappello (interpretati da due irresistibili Alain Delon e Jean-Paul Belmondo).
Ad Alessandria esiste anche un gioiello di Museo del Cappello in cui è racchiuso un pezzo importante della storia dell’azienda, i cui protagonisti sono classici copricapi in pelo di coniglio, che si declinano in tube, lobbie, cilindri, bombe, feltri flosci o duri, panama e nicchi a tre punte per i preti. La manodopera della fabbrica è sempre stata in prevalenza femminile e le “borsaline” erano l’emblema, oltre che della manifattura, anche dell’emancipazione della donna.
“ Clint Eastwood mi piace perché è un attore che ha solo due espressioni: una con il cappello e una senza cappello.” affermava il regista Sergio Leone.