Caffeina per ridestare l’Italia
Mentre la crisi italiana sembra aggravarsi di giorno in giorno, c’è chi decide di scendere in campo con uno squillo di trombe per dare la sveglia e, se è vero che lo fa da imprenditore e non da politico, il suo è comunque un sasso lanciato con civica passione nella morta gora della gestione della cosa pubblica, dell’economia e della società italiana tutta.
L’imprenditore in questione è Andrea Illy, riconosciuto “re del caffè” e Presidente di Fondazione Altagamma, ente che riunisce oltre cento marchi d’eccellenza del made in Italy, ambasciatori dello stile di vita italiano nel mondo. Il suo è dunque un messaggio rivolto al Governo in carica da parte dell’alta industria culturale e creativa italiana che vale ben 5 punti percentuali di PIL e dà lavoro a mezzo milione di persone, promuovendo l’immagine del Paese a livello internazionale.
Scuola, rilancio dei distretti, finanza, incentivazione degli investimenti, sono alcune delle istanze strategiche che Illy rivolge alle istituzioni, senza tuttavia tirarsi indietro nell’accettare la sfida competitiva che la globalizzazione impone alle imprese italiane: una sfida che molte hanno dimostrato di saper vincere, e ciò vale soprattutto per le realtà più innovative, etiche e attente alla qualità come sono quelle aderenti a Fondazione Altagamma. Tuttavia è necessario che sia tutto il Sistema Paese ad evolversi, a cambiare strutturalmente e culturalmente per riacquistare quel primato morale, civile ed economico che ha detenuto in altre epoche della sua lunga storia.
Nessuna noiosa geremiade da parte di Andrea Illy, nessuna trita rivendicazione, anche se egli non rinuncia a criticare misure dell’esecutivo mirate unicamente e irresponsabilmente a staccare dividendi elettorali e non volte al bene del Paese. Come imprenditore egli è cosciente del ruolo della borghesia produttiva a cui appartiene e lucidamente fa presente che lo stato di vigore dell’economia deriva dalla salute del sistema politico e istituzionale del Paese e quindi bisogna intervenire su questo innanzitutto.
E’ bene che attori sociali autorevoli come gli imprenditori, anziché occuparsi dei propri interessi corporativi, ricomincino a guardare lontano per il bene comune, indicando la strada da imboccare, dopo essere stati marginalizzati per anni dal meccanismo di disintermediazione messo in atto dai partiti all’indomani Tangentopoli per riconquistare il potere perduto.
Appassionatamente Carlo Bonomi di Assolombarda, più timidamente Vincenzo Boccia di Confindustria, entusiasticamente Andrea Illy con il suo libro da poco uscito – “Italia felix” (Edizioni Piemme) – sono esempi di capitani d’industria e di cittadini consapevoli che – a fonte di una deriva populistica, di un anacronistico nazionalismo, di un deleterio qualunquismo – alzano la voce non per distruggere, ma per costruire qualcosa di nuovo, che ridia speranza, coraggio, fervore ad un Paese deluso e frustrato da classi dirigenti che lo hanno indebitato e instradato verso un inesorabile declino.
Ma l’Italia ha tutti i presupposti per essere – ed essere sempre più – felix, se riesce a cogliere appieno le opportunità che la sua storia, la sua cultura, la sua bellezza, la sua creatività, il suo saper fare continuano ad offrire generosamente.
Il libro di Illy nasce sostanzialmente da una domanda provocatoria: “Che cosa manca all’Italia per essere il Paese più felice del mondo?”. L’imprenditore triestino esamina con acribia scientifica – da chimico quale è – i fenomeni in atto nel mondo del lavoro, dell’economia, della politica, e – in un’intervista a cuore aperto al giornalista Francesco Antonioli – addita le direzioni da seguire per invertire la rotta prima che sia troppo tardi, senza mai perdere un sano “ottimismo della ragione”, che giustifica così: “L’Italia ha un vantaggio competitivo endogeno legato al concetto del bello, del buono, del ben fatto. Un’attitudine che deriva sia dalla vena creativa, alimentata dall’incommensurabile patrimonio di bellezze del nostro Stivale, sia dalla cultura manifatturiera di mestieri tramandati da generazioni. Queste sono tutt’oggi le nostre armi di rilancio”.
Non a caso il sottotitolo del volume è “Uscire dalla crisi e tornare a sorridere”. Lo stesso Illy spiega infatti: “Ci sono mille ragioni per lamentarsi, ma ce ne sono altrettante per ringraziare del Paese dove siamo nati. Siamo culla del ben vivere e della creatività, un patrimonio che tutti nel mondo ci invidiano, e che può essere esportato. Noi Italiani abbiamo l’orgoglio e gli anticorpi per un riscatto”.
Ma questo rilancio non può prescindere da azioni del Governo tese a favorire la crescita strutturale ed organica delle imprese di eccellenza che trainano il made in Italy, a colmare il gap tra domanda e offerta di lavoro ovvero a correggere la falla della crisi vocazionale dei giovani indirizzandoli verso professioni tecnico-scientifiche (di cui c’è drammatica carenza), quindi a creare nuovi istituti tecnici che insegnino skill utili alle aziende, a rivitalizzare le imprese – soprattutto quelle degli ecosistemi distrettuali, resilienti ma messi a dura prova negli ultimi anni – sostenendone la competitività attraverso l’evoluzione finanziaria, digitale, manageriale, e riducendo il carico fiscale per chi investe in innovazione e promozione del made in Italy.
Per Andrea Illy servono in definitiva iniziative nuove, idee fresche che sappiano valorizzare la bellezza materiale e intangibile del nostro Paese, il quale merita anche di essere illustrato in una sorta di vetrina online che attragga gli stranieri e faccia conoscere a tutti – a cominciare dagli stessi Italiani – quanto straordinario sia questo Paese e debba sentirsi felice chiunque in esso viva.
Non ci resta che sperare che questo balsamico aroma di caffè pervada l’aria fino a Roma ed oltre… Del resto il poeta Alexander Pope affermava che il caffè “rende il politico saggio”. Ne attendiamo gli effetti con fiducia!